Palazzo Madama ha approvato con 109 voti a favore, 77 contrari e un astenuto il ddl Casellati che introduce l’elezione diretta del premier. Ora palla a Montecitorio per la seconda delle quattro letture previste. Le opposizioni a piazza Santi Apostoli a Roma per manifestare contro le riforme – premierato e autonomia – e contro le aggressioni di qualche giorno fa in parlamento. Meloni: «Un primo passo in avanti per rafforzare la democrazia e dare stabilità alle nostre istituzioni»
Con 109 voti a favore, 77 contrari e un astenuto il Senato ha dato il suo primo via libera al premierato. Ora il ddl Casellati passa all’esame della Camera dei deputati. Ma non basterà l’eventuale approvazione di Montecitorio, perché per le riforme costituzionali sono necessarie due diverse deliberazioni a un intervallo non minore di tre mesi. Dopo almeno novanta giorni, quindi, tutto rinizierà da capo, con un secondo giro in entrambi i rami del parlamento. «Un primo passo in avanti per rafforzare la democrazia, dare stabilità alle nostre istituzioni, mettere fine ai giochi di palazzo e restituire ai cittadini il diritto di scegliere da chi essere governati», il commento di Meloni.
Alcuni senatori della maggioranza e dell'opposizione hanno sventolato la costituzione al termine del voto. Diversi senatori della maggioranza hanno anche mostrato delle bandiere tricolore. Nel frattempo, mentre palazzo Madama approvava in prima lettura la riforma che introduce nel nostro ordinamento l’elezione diretta del presidente del Consiglio, oltre 180 costituzionalisti si sono schierati a fianco di Liliana Segre aderendo all’appello promosso da Articolo 21 contro il premierato.
Le posizioni dei partiti
Le sensibilità dei partiti erano chiare da tempo, ribadite nei diversi voti in commissione e in aula. E le dichiarazioni di voto prima del voto vero e proprio al Senato non hanno fatto altro che confermarle.
Il primo a prendere la parola è stato il senatore a vita ed ex premier Mario Monti: «Annuncio il mio voto contrario al questo ddl costituzionale, per motivi che prescindono totalmente dalla questione dei senatori a vita. Sono contrario perché questa riforma non conseguirà i risultati che lodevolmente si propone. Non è una riforma fatta nell’interesse dei cittadini ma nell’interesse della categoria dei politici».
Per Giuseppe De Cristofaro di Alleanza Verdi e Sinistra la riforma è «dannosa e pericolosa» perché «accentra il potere nella mani di una sola persona in modo squilibrato, riduce la funzione del presidente della Repubblica, stravolge la Costituzione e indebolisce il ruolo del parlamento».
Stessa posizione ribadita dal capogruppo del Partito democratico Francesco Boccia: «In 20 mesi 65 dl con quasi 50 voti di fiducia tra Camera e Senato. Non vi basta questo strapotere?». Anche Carlo Calenda ha annunciato il proprio no alla riforma: «Contrari per metodo e conseguenze». E anche Italia viva, nonostante non ritenga il premierato «né un’eresia, né un atto di sovvertimento democratico», ha votato contro perché quella votata in Senato «non è la madre di tutte le riforme ma un rattoppo illusorio che pretende di chiudere una transizione repubblicana», come ha dichiarato in aula Enrico Borghi.
Il centrodestra si è presentato compatto. «L'Italia ha un problema di stabilità, che ha una durata media di vita di un anno - esattamente 414 giorni - che qualcuno vuole ignorare e che è costata 265 miliardi negli ultimi 10 anni. Noi ci siamo assunti la responsabilità di risolvere questo problema». Così il senatore di Fratelli d'Italia, Marco Lisei
«Vogliamo rispettare l’impegno con i nostri elettori: la scelta è tra questa democrazia affidata ai cittadini e l’intrigo che è quello che è servito a qualcuno per arrivare al governo. Non ci arrenderemo al veto delle minoranze», ha dichiarato il capogruppo di Forza Italia, Maurizio Gasparri.
Il capogruppo leghista Massimiliano Romeo ha rimandato al mittente l’accusa delle opposizioni di scambio politico con l’autonomia: «Non si chiama scambio ma accordo politico tra forze di maggioranza, che hanno il diritto di farlo».
Le opposizioni in piazza
C’è anche il no al premierato tra le ragioni che hanno spinto le opposizioni a scendere in piazza Santi Apostoli, a Roma, per manifestare contro il governo. Autonomia, premierato, ma anche l’aggressione di qualche giorno fa alla Camera dei deputati ai danni dell’esponente del Movimento 5 stelle Donno. Hanno aderito Partito democratico, M5s, Alleanza Verdi e Sinistra e Più Europa. Assenti Calenda e Renzi. Fra i cartelli esposti «Dittatori d'Italia, altro che fratelli» e «Aggressione in parlamento». In contemporanea al ritrovo delle opposizioni, i senatori di Fratelli d’Italia hanno organizzato un flash mob alle 18:30 di fronte all’ingresso del Senato di piazza san Luigi dei francesi.
Intanto l’esame del ddl Calderoli sull’Autonomia differenziata è sospeso tra le 18 e le 19:30, in concomitanza con la manifestazione, per poi riprendere in seduta notturna fino alle 24.
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