- Sicilia doppia. Sabato prossimo, ad Agrigento, sarà consegnato a Roberto Lagalla un riconoscimento in nome di Paolo Borsellino. Proprio lui, che in campagna elettorale ha accettato, senza battere ciglio, il sostegno elettorale di due condannati eccellenti per reati di mafia.
- In attesa di conoscere le motivazioni, è lecito chiedersi perché hanno scelto proprio Lagalla? Per gli endorsement del senatore Marcello Dell’Utri e dell’ex governatore Toto Cuffaro? Per non avere rifiutato quegli appoggi?
- La cerimonia sarà nello scenario della Valle dei Templi, organizzata dall’Accademia di studi mediterranei dove qualche anno fa lo stesso Lagalla era nel comitato scientifico e poi presidente.
Ognuno può pensarla come vuole e distribuire medaglie e gagliardetti a chi gli pare. A chi gli sta più simpatico, all’amico del cuore, a chi un giorno potrebbe ricambiare gentilmente la cortesia. Ma credo che ci sia un confine alla decenza, un limite a tutto anche in questa Sicilia che è uscita stordita e rassegnata dal trentennale delle stragi.
Ecco, penso proprio che quella linea sia stata abbondantemente superata ad Agrigento dove, fra qualche giorno, il sindaco di Palermo Roberto Lagalla riceverà un premio in nome di Paolo Borsellino. Sì, proprio lui, l’ex magnifico rettore catapultato sulla poltrona più alta della capitale siciliana con il sostegno del senatore Marcello Dell’Utri e dell’ex governatore Totò Cuffaro, il primo condannato per concorso esterno e l’altro per favoreggiamento alla mafia.
Con Cuffaro e con Borsellino
Incoronato dal voto, legittimato dalla sua sua fascia tricolore e l’altra settimana in prima fila davanti al presidente della Repubblica nell’aula bunker intitolata ai due giudici assassinati, adesso l’hanno gratificato con un riconoscimento alla memoria del procuratore saltato in aria il 19 luglio del 1992. In Sicilia tutto è ormai possibile. Essere amico di Dell’Utri e Cuffaro e in qualche modo tenere vivo il ricordo di Borsellino.
Chi l’avrebbe mai immaginato fino a qualche mese fa? Chi avrebbe osato pronosticare un premio, diciamo ”antimafia”, a un personaggio politico appoggiato da personaggi politici condannati per mafia? È la Sicilia in versione double face che ha inaugurato la stagione del cavaliere Calogero Antonio Montante detto Antonello, uno che era nel cuore di un boss di Cosa nostra ma che non faceva altro che parlare di legalità. In questo caso non c’è alcun legame diretto con i boss, solo tanta simpatia nei suoi confronti proveniente da quei due, il senatore e l’ex governatore passati dal carcere di Rebibbia.
Il sindaco Lagalla sarà destinatario del premio Empedocle dedicato a Borsellino sabato 26 novembre nello splendido scenario della Valle dei Templi – nella sala Zeus del museo archeologico regionale – per scelta dell’Accademia di studi mediterranei di Agrigento, ”Istituto di Alta Cultura”, un’associazione «che opera secondo princìpi di legalità, onestà, integrità, correttezza e buona fede» e che ha come obiettivo «anche quello di favorire e collegare sinergicamente le risorse della scuola, dell’innovazione culturale e sociale alla necessità di conoscenza per accrescerne la qualità complessiva».
Il premio è alla sua ventottesima edizione, con Lagalla riceveranno un premio anche il cardinale Luis Antonio Gokim Tegle che è stato vescovo a Manila, l’ambasciatore del regno del Marocco presso la Santa Sede Rajae Naji e il giornalista e scrittore Marco Roncalli, pronipote di Giovanni XXIII.
L’esempio e le virtù
In attesa di conoscere le motivazioni ufficiali di tale riconoscimento, è lecito chiedersi quali siano i valori e le virtù del sindaco Lagalla per ricevere questa ricompensa? Forse quella di avere accettato, e senza battere ciglio, gli appoggi di Marcello Dell’Utri e di Totò Cuffaro alla vigilia della campagna elettorale?
O forse per avere partecipato – se si esclude le celebrazioni del 23 maggio, anniversario dell’uccisione del giudice Giovanni Falcone – a tutte (proprio tutte) le commemorazioni delle tantissime vittime delle estati palermitane?
Dopo ogni ricorrenza è seguito puntualmente il comunicato del suo ufficio stampa, con dichiarazioni del sindaco sull’«esempio» dato una volta dalla giovane Rita Atria e un’altra dall’agente di polizia Calogero Zucchetto. E quale è l’«esempio» che ci ha dato Roberto Lagalla alla viglia del voto di Palermo, quello di non rifiutare pubblicamente gli endorsement di Dell’utri e di Cuffaro? Quello di non prendere le distanze da loro ma, al contrario, di gridare al “gioco al massacro”?
Torniamo al premio di Agrigento. La notizia l’ho rintracciata su alcuni testate online agrigentine e in un breve dispaccio della Sir, l’agenzia di informazione religiosa. Sul sito dell’Accademia ho trovato invece l’elenco dei rappresentanti del comitato scientifico, un concentrato di notabilato locale con sorpresa: nel 2017 c’era anche Roberto Lagalla.
Di più, in occasione del ventiquattresimo premio Empedocle il sindaco di Palermo ha tenuto un bel discorso che si è concluso con queste parole: «È antico e personale il rapporto che mi lega all’Accademia, della quale per un breve e intenso periodo sono stato presidente». In Sicilia, con i morti di mafia, ormai se la cantano e se la suonano da soli.
© Riproduzione riservata