I magistrati che hanno chiesto sei anni per Salvini hanno ricevuto insulti e minacce dopo gli attacchi del governo Il vicepremier: «Non patteggio, ho salvato vite»
Gli attacchi contro la magistratura da parte della destra e del segretario della Lega, Matteo Salvini, imputato nel processo Open Arms, hanno innescato la “bestia” dei social e non solo. Negli ultimi giorni si è scatenata una campagna d’odio contro i tre pm della procura di Palermo che hanno chiesto sei anni di carcere per il vicepremier, accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio. La situazione, però, rischia di mettere a repentaglio la loro sicurezza, tanto che ieri la procuratrice generale del capoluogo siciliano, Lia Sava, ha lanciato un allarme per i tre magistrati: Marzia Sabella, Gery Ferrara e Giorgia Righi.
Negli ultimi giorni hanno ricevuto migliaia di insulti sotto le foto pubblicate sui loro profili social e minacce, indirizzate anche attraverso lettere intimidatorie. I pm preferiscono non commentare la notizia, dalla procura si limitano a dire che, «come prevede la prassi», è stato lanciato l’allarme al Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica.
Intanto il processo continua. Oggi, nell’aula bunker del carcere di Pagliarelli, le parti civili avanzeranno le loro richieste. Ma il giorno da segnare nel calendario è quello del 18 ottobre, quando è prevista l’arringa della difesa di Salvini da parte di Giulia Buongiorno.
Dal Salone nautico di Genova il leader leghista è tornato a parlare del caso: «Non ho niente di cui pentirmi o su cui patteggiare perché non ritengo di essere un sequestratore o un delinquente, conto che verrò riconosciuto come un ministro che ha fatto il suo dovere».
E ha aggiunto: «Io ho salvato vite, ho applicato la legge, ho difeso i confini, ho ridotto il numero dei morti, dei dispersi, dei feriti, ho ridotto il numero anche dei problemi e dei costi per gli italiani, quindi difendere i confini non è un reato. Poi quella è la richiesta della pubblica accusa, ci sarà un giudice che deciderà».
La raccolta firme
Come se non bastasse, la Lega ha organizzato una grande campagna di mobilitazione che avverrà nei prossimi fine settimana per raccogliere firme in sostegno di Salvini e dell’autonomia differenziata. La propaganda leghista ha scelto lo slogan «Difendere i confini non è un reato» e l’hashtag #iostoconSalvini. Sono previsti gazebi in circa trecento città italiane, tra cui Roma.
Tra le sezioni regionali del Carroccio che si sono esposte di più c’è quella calabrese. Quello del caso Open Arms «è un processo politico, un attacco diretto non solo a Salvini, ma al diritto di difendere i confini nazionali, un principio condiviso da molti altri stati europei», ha detto il commissario della Lega Calabria, Rossano Sasso, lanciando la raccolta firme.
Le parole di Piantedosi
Rispondendo al question time al Senato a un’interrogazione del M5s, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha detto: «Non ho mai assolutamente detto che sia ingiusta l’attività della magistratura: prego di controllare bene il testo e il significato della mia dichiarazione. La magistratura, requirente e giudicante, fa anche in questo caso il proprio lavoro, secondo quanto gli è stato istituzionalmente consegnato».
Secondo il capo del Viminale, però, «è stato ingiusto, per quanto legittimo, consegnare alla giurisdizione penale l’attività istituzionale di un ministro, volta al contenimento dell’immigrazione irregolare, da parte di gruppi politici parlamentari che, in altri analoghi e precedenti casi, non solo si erano espressi in senso diametralmente opposto, ma avevano rivendicato il valore politico e la riconducibilità ad azione di governo delle medesime iniziative da parte dello stesso ministro».
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