Siamo proprio sicuri che quello che sta accadendo sia uno scontro tra politica e magistratura? Una prosecuzione del conflitto che è iniziato da Mani pulite e ha caratterizzato tutta la stagione berlusconiana? O c’è un salto molto inquietante? Proviamo a ragionare partendo da tre fatti degli ultimi mesi.

Il primo, l’arresto ai domiciliari del presidente della regione Liguria Giovanni Toti. C’è stata una reazione furibonda costruita su una convinzione: Toti non poteva essere arrestato, non ha commesso alcun reato e dunque è innocente. E a seguire una quantità davvero debordante di articoli contro la procura e il giudice che hanno tenuto prigioniero un innocente.

Al fondo di tutti i commenti della destra di governo, parlamentare e giornalistica emerge un’idea balzana: sono loro e non sono i giudici a definire i presunti reati. E adesso che ha patteggiato la pena nessuno di loro ha chiesto scusa al pm e al giudice, o ha riflettuto sul fatto che Toti era un martire di cartapesta, perché un martire che si rispetti si immola, non patteggia.

Il secondo, un’imprenditrice scippata segue lo scippatore, lo investe con la sua auto, passa sul corpo più volte e dopo, quando l’uomo è a terra, scende dall’auto, prende la borsa, risale in auto, va a casa e lo lascia a terra senza telefonare a un’autoambulanza o cercare soccorso.

Di fronte alla sola idea che si potesse ipotizzare un omicidio volontario, ecco che si grida: non è un omicidio volontario. Alcuni parlamentari hanno pensato che il titolo del reato va attribuito a loro e non ai magistrati.

Il terzo è relativo alla richiesta della procura della Repubblica di Palermo di condannare a sei anni di reclusione Matteo Salvini che è imputato di sequestro di persona. Pochi ricordano che Salvini è a processo perché il Senato ha autorizzato la magistratura a procedere, altrimenti i magistrati avrebbero avuto le mani legate. Oltre al lugubre video dello stesso Salvini, sono in tanti, compresa la presidente del Consiglio, a dire che è innocente. Hanno già scritto la sentenza senza aver seguito una sola udienza del processo.

Non è scontro tra politica e magistratura. No. La destra vuole sostituire i magistrati con loro parlamentari. A che servono i magistrati se loro sono così bravi a indicare i reati e la pena, anzi l’assoluzione? In tutti e tre i casi esaminati, i giudici devono solo eseguire ordini.

La destra non ha mai voluto il magistrato autonomo e indipendente. Non è nella sua cultura. Quando Diego Tajani, un antenato del ministro Tajani (che differenza tra i due!), procuratore generale del re di Palermo, spiccò un mandato di cattura contro il questore Albanese con l’infamante accusa d’essere il mandante di due omicidi, il ministro di Grazia e giustizia gli intimò: «Sospenda mandato di cattura fino a nuova disposizione». Albanese non andò neanche a processo perché fu prosciolto in istruttoria.

Durante il Fascismo la magistratura era al servizio del regime. E la magistratura s’inchinava al potere politico. Il discorso tenuto per l’inaugurazione dell’anno giudiziario 1927 da Giovanni Appiani, procuratore generale della Corte di cassazione del Regno, è eloquente: «L’opera energica e sagace delle autorità condotta su ordini emanati direttamente dal Capo del Governo» ha ridotto la criminalità in tutta Italia.

E un altro alto magistrato, Piola Caselli, nel 1937 giunse ad affermare che «il movimento generale della delinquenza conferma la costante curva discendente della criminalità specie per le forme più gravi, che risale ai primi anni del Regime e forma merito insigne, incontestabile, della civiltà fascista». Cosa sarebbe disposta a fare Giorgia Meloni per avere magistrati così?

Solo con la Repubblica e l’approvazione della Costituzione la magistratura fu autonoma e indipendente. Ma la destra filiazione del Movimento sociale italiano che votò contro la Costituzione e quella di derivazione berlusconiana e leghista non hanno introiettato una cultura costituzionale. Minacciano la separazione delle carriere perché vogliono portare il pm alle dipendenze del ministro, esattamente come nell’Ottocento e durante il Fascismo. È la tradizione. La loro tradizione.

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