La presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati ha molti più nemici che amici, sia per un carattere spigoloso che per la sua gestione dell’aula, ma alcuni elementi concreti che legittimano la sua ambizione a competere per il Quirinale. 2
Intanto, è la seconda carica dello Stato, titolata per Costituzione a sentirsi un gradino sotto il presidente della Repubblica in carica e sopra tutti gli altri. Poi è stata eletta nel 2018 da una maggioranza gialloverde fondata su Lega e Cinque stelle che oggi potrebbe essere il nucleo di uno schieramento più largo, visto che entrambi i partiti sono inclusi in alleanza larghe di centrodestra e centrosinistra.
Inoltre, Casellati viene da Forza Italia e il ritiro di Silvio Berlusconi dalla competizione quirinalizia potrebbe legittimare i rimasugli del partito a rivendicare un proprio esponente almeno come candidato di bandiera nelle prima tre votazione.
Infine, Casellati è donna e per forze tacciate di slanci reazionari come Lega e Fratelli d’Italia sarebbe un elemento di immagine utile aver favorito l’elezione del capo dello stato donna. Se passasse al Colle, poi, libererebbe la poltrona della presidenza del Senato che sarebbe assai utile nei negoziati tra partiti per tenere insieme la maggioranza di governo una volta scelto il presidente della Repubblica.
Gli elementi favorevoli alla sua elezione, però, si fermano qui. Casellati si è fatta la fama di donna di potere ruvida e poco interessata alla benevolenza di collaboratori e colleghi, il suo passato da membro del Csm la espone alla frequente necessità di rivendicare la correttezza del suo comportamento in una stagione segnata da scandali e inchieste per le nomine giudiziarie spartite tra le correnti. La sua appartenenza a un mondo berlusconiano classico la confina tra i reduci di una stagione ormai conclusa e che nessuno, soprattutto nel centrodestra, ha voglia di prolungare per altri sette anni di mandato quirinalizio.
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