- Non è ancora certo se i grandi elettori positivi o in quarantena potranno partecipare all’elezione del prossimo presidente della Repubblica.
- Il presidente della Camera, che ha l’ultima parola sulla decisione, è contrario. Matteo Salvini e tutto il centrodestra spingono invece per permettere a tutti di partecipare. Se venissero a mancare voti certi, per tutti i candidati la strada sarebbe più difficile.
- Se la capigruppo dovesse dare il via libera, il Collegio dei questori determinerà le modalità pratiche per organizzare il voto.
Non è ancora certo se i grandi elettori positivi o in quarantena potranno partecipare all’elezione del prossimo presidente della Repubblica.
A una settimana dall’inizio delle votazioni il presidente della Camera, Roberto Fico, resta sulla posizione che ha espresso domenica, quella di non permettere a positivi e persone in quarantena di partecipare alla consultazione. «L’istruttoria continua, ma in questo momento i positivi a norma di legge non possono votare», ha detto Fico. Dall’altra parte, il centrodestra, Matteo Salvini in testa, spinge per permettere a tutti di esprimere la loro preferenza: «Spero che i presidenti delle camere facciano di tutto perché tutti possano votare», ha detto il leader della Lega.
Il quorum più lontano
Il principale problema per il centrodestra è che se parlamentari e delegati in quarantena o positivi non potessero esprimere il loro voto il quorum risulterebbe ancora più lontano: il numero di preferenze necessarie resta infatti lo stesso a prescindere dai presenti il giorno della votazione, perché si calcola sugli aventi diritto, mentre chi non c’è viene segnato assente.
Una situazione che rende la strada più difficile per ogni candidato, ma in particolar modo per chiunque decida di schierare il centrodestra, che spera di chiudere la partita alla quarta chiama, quando i voti necessari per eleggere il presidente della Repubblica scendono dalla maggioranza dei due terzi a quella assoluta, 505 grande elettori. Perdere voti sicuri vuol dire doverli trovare altrove in una platea ancora più ristretta, una prospettiva che si rivelerebbe complicata anche per il centrosinistra, che a quel punto dovrebbe puntare su un candidato più condiviso possibile.
Fino a questo momento non c’è stata ancora un’indicazione politica vincolante su questo tema che contrappone centrodestra e centrosinistra: Leu, Pd e M5s hanno continuato a insistere per non permettere ai positivi di votare. Italia viva appare più disponibile, a patto che sia tutelata la sicurezza di tutti.
Le possibilità
Le alternative praticabili non sono molte e a pochi giorni dall’inizio delle votazioni serve una decisione per iniziare a mettere in piedi l’organizzazione di un eventuale seggio sicuro per i positivi, che sia in un locale separato a Montecitorio oppure mobile.
Condividono la tesi del centrodestra diversi costituzionalisti, come il presidente emerito della Corte costituzionale Antonio Baldassarre, che ha definito parlando con l’AdnKronos «possibilissimo» il voto per i positivi con modalità apposite. È della stessa opinione Giovanni Guzzetta, professore di diritto pubblico all’università Tor Vergata: «Nulla impedisce che l’ufficio di presidenza decida di prevedere delle modalità di voto anche per coloro che risultassero positivi», salvo che venga approvato contestualmente anche un decreto legge del governo ad hoc permetta loro di spostarsi dall’abitazione al parlamento.
Sulla stessa lunghezza d’onda il costituzionalista Francesco Clementi: «Anche un parlamentare No-vax ha diritto di arrivare a votare: il suo diritto di voto non può essergli sottratto, non vanno aggiunti ulteriori requisiti per poterlo esercitare», ha detto all’Ansa. Quindi «i positivi e i quarantenati devono essere fatti partiti e una volta giunti a Roma va costruito un luogo fisico per farli votare». Il rinvio, evocato nei giorni scorsi come opzione percorribile, sembra sempre più lontano: un’eventuale supplenza della presidente del Senato Maria Elisabetta Casellati non appare giustificabile con soli 29 positivi alla Camera e 7 o 8 a palazzo Madama. Numeri non dissimili dagli assenti che ci sono stati in altre elezioni del capo dello stato. Inoltre, il rinvio implicherebbe un’impossibilità di procedere al voto potenzialmente finché tutti i 1.009 grandi elettori non siano guariti e usciti dalla quarantena.
Soluzione drastica
C’è chi evoca poi una soluzione drastica, che lasci in mano al grande elettore positivo o in quarantena la decisione di recarsi in parlamento, pur nella consapevolezza del rischio di incorrere nella sanzione legata al reato di epidemia colposa.
Resta poi in sospeso anche la questione dei grandi elettori isolani, i quali hanno presentato un ricorso per ottenere una deroga che permetta loro di usufruire di voli e traghetti per raggiungere Roma, su cui domani si esprimerà la Consulta.
Dopo la decisione politica della capigruppo, la palla passerà al collegio dei questori: addetti alla gestione pratica delle votazioni, in base alle indicazioni emerse eventualmente prenderanno i provvedimenti necessari a organizzare il voto per positivi e grandi elettori in quarantena. Sarà nel caso necessaria anche un’interlocuzione col ministero della Salute per organizzare un protocollo di sicurezza ad hoc.
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