Nel Parlamento italiano c’è una lunga tradizione di tecniche per aggirare la norma costituzionale che impone di mantenere segrete le preferenze dei grandi elettori, ma ci sono anche escamotage si possono mettere in pratica per evitare che accada
La Costituzione italiana stabilisce all'articolo 83 che l’elezione del presidente della Repubblica avviene con voto segreto, così da garantire a ciascun elettore la possibilità di esprimersi in libertà, senza dover temere le conseguenze di votare in maniera differente rispetto alle indicazioni del suo partito.
A una settimana esatta dall’inizio delle votazioni per sceglie il successore di Sergio Mattarella, si parla sempre più spesso delle tecniche per “aggirare” questa regola, quello che in gergo si chiama “segnare le schede”.
I partiti, infatti, hanno tutto l’interesse a sapere come votano i propri elettori. Questo giro, è Silvio Berlusconi il più preoccupato di tutti e quello che, raccontano i giornali, è più impegnato a escogitare metodi per tenere i suoi alleati sotto controllo. Ma allo stesso tempo si parla anche delle contromisure che la presidenza della Camera potrebbe escogitare per bloccare questi tentativi.
Come segnare le schede
La consuetudine prevede che l'elezione del presidente della Repubblica avvenga con voto “a chiamata”. Il presidente della Camera fa l’appello, i deputati, senatori o delegati regionali chiamati si recano in un “catafalco”, una struttura chiusa da tendine posizionata sotto lo scranno del presidente della Camera (la storica struttura questa volta sarà sostituita da una nuova cabina con dispositivi di areazione anti Covid).
Qui, al riparo da sguardi indiscreti, scrivono su un foglio il nome del loro candidato e all’uscita lo depositano in un’apposita urna, chiamata in gergo “insalatiera”. Al momento dello scrutinio, il presidente della Camera pesca uno a uno i biglietti e legge ad alta voce i vari nomi indicati.
Il metodo più semplice per “segnare le schede” sfrutta proprio quest’ultimo passaggio, la lettura dei nomi indicati nel biglietto. Dando indicazioni sulla formula con cui scrivere il nome, i capi partito possono aggirare il sistema del voto segreto.
Immaginiamo una coalizione che si accorda per votare il candidato Mario Rossi. I due partiti che la compongono, però, non si fidano l’uno dell’altro e temono che nel segreto dell’urna qualcuno possa cercare di sabotare il candidato.
Per sapere se qualcuno tradisce, quindi, si posso dare indicazioni come ad esempio: il partito A scriverà “Mario Rossi” il partito B “Rossi Mario”. Quando le votazioni saranno lette ad alta voce diventa quindi possibile, contando le formulazioni diverse del nome, verificare se quanti elettori di un partito hanno votato il candidato in questione e chi invece tradito.
Durante le prime votazioni, quelle in genere considerate interlocutorie, in cui partiti e schieramenti sono più che altro impegnati a contare le forze su cui possono contare si può applicare un’altra tecnica: dare ai propri elettori l’indicazione di votare un candidato simbolico. Ad esempio, un gruppo di elettori potrebbe decidere di votare Mario Rossi anche se non c’è alcun Mario Rossi con possibilità di essere eletto. Così facendo però può dimostrare di disporre di un certo numero di voti e su questa base trattare con gli altri schieramenti.
Berlusconi Silvio o Silvio Berlusconi
Questo giro, sembra che il più interessato a questi trucchi sia Silvio Berlusconi. Il leader di Forza Italia sta seriamente pensando di candidarsi ufficialmente e gli altri due leader del centrodestra, Matteo Salvini e Giorgia Meloni, spergiurano che il suo è l’unico nome che il centrodestra intende presentare.
Ma persino i più stretti collaboratori di Berlusconi, come il critico d’arte Vittorio Sgarbi, uno degli “esploratori” incaricati di assicurarsi i voti necessari all’elezione, temono defezioni tra gli alleati e nella stessa Forza Italia.
L’idea di Berlusconi e del suo staff sarebbe quindi quella di assegnare un modo differente di indicare il suo nome a ciascuno dei partiti della coalizione. Ad esempio: Silvio Berlusconi alla Lega, Berlusconi Silvio a Fratelli d’Italia, presidente Berlusconi a Forza Italia e così via.
In questo modo, al momento dello spoglio, sarebbe possibile individuare quale partito sta facendo mancare i voti e tentare quindi delle contromisure. Naturalmente questa tecnica non assicura la disciplina degli elettori, ma è la cosa che ci si avvicina di più.
Le contromisure
Così come si parla delle tecniche per aggirare il voto segreto, nei corridoi del parlamento si parla anche degli escamotage che il presidente della Camera Roberto Fico e i suoi funzionari potrebbero adottare per bloccarli.
Secondo quanto scritto oggi da Repubblica, lo staff del presidente della Camera avrebbe presentato tre precedenti che contengono ognuno una soluzione diversa. Il primo è non fare niente. Limitarsi a leggere per intero quanto scritto sulla scheda durante lo scrutinio e lasciare quindi libertà ai partiti di utilizzare tutti i trucchi che desiderano. Si tratta della soluzione adottata dalla presidente Laura Boldrini nel 2015, quando è stato eletto Sergio Mattarella.
Altrimenti, per bloccare ogni giochino, è possibile limitarsi a leggere il solo cognome del candidato, come aveva fatto l’allora presidente della Camera Luciano Violante quando nel 1999 venne eletto Carlo Azeglio Ciampi.
Infine, c’è una soluzione “mediana”, utilizzata ad esempio in occasione dell’elezione del presidente della Camera nel 2018 (un’altra carica che viene scelta con voto segreto). All’epoca, il vicepresidente Roberto Giachetti che presiedeva la seduta aveva deciso di leggere soltanto il nome e cognome presente sulla scheda, senza includere altri appellativi. Questa tecnica elimina alcuni trucchi (ad esempio indicare “presidente Berlusconi”), ma ne consente altri: come l’inversione di nome e cognome, la scrittura del solo cognome o l’inclusione anche del nome. Fico dovrebbe comunicare la sua decisione il 24 gennaio, prima dell’inizio delle votazioni.
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