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I leader si incontrano a Villa Grande, ma rinviano ogni decisione sul Quirinale ai primi di gennaio. Dopo le parole di Draghi che sembra essere in campo, il centrodestra è davanti a un bivio: sostenere Berlusconi anche a costo di far cadere il governo o cercare altre vie.
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A tavola si è partiti elencando le certezze: Berlusconi non ha intenzione di fare passi indietro; il parlamento ribolle e quasi nessuno dei parlamentari che nel segreto dell’urna eleggeranno il prossimo presidente ha voglia concludere anzitempo la legislatura.
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Il più silenzioso è stato il solitamente loquace Salvini, che ieri ha ribadito di voler mantenere Draghi a palazzo Chigi e proprio prima di pranzo lo ha incontrato. In discesa nei sondaggi e anche sui media, non ha fretta di andare alle urne ma molta di ritornare al centro della scena.
A dimostrazione che il centrodestra non è solo unito ma è anche largo in vista dell’elezione al Quirinale, Silvio Berlusconi ha aggiunto tre posti a tavola: vicino al leader della Lega, Matteo Salvini e alla segretaria di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, c’erano infatti anche i volti dei storici “cespugli” di quell’area. Dal capo di Coraggio Italia, Giovanni Toti ai centristi Lorenzo Cesa dell’Udc e Maurizio Lupi di Noi con l’Italia.
Tutto è all’insegna della tradizione berlusconiana. Il Cavaliere apre la sua villa – non più villa Grazioli, ora villa Grande sull’Appia antica – e ospita il vertice che poi è anche il pranzo degli auguri di Natale.
Non a caso, la prima notizia in agenzia è il menù, a cui Berlusconi è molto attento: ravioli con salvia e pomodorini, tagliata di manzo, flan di cavolfiore e carciofi, babà per dessert. Il piatto forte, però, è la strategia con cui arrivare al voto per il prossimo presidente della Repubblica.
E il chiarimento è necessario, all’indomani delle parole alla conferenza stampa del premier Mario Draghi, che alle orecchie di sono suonate come un passo avanti dell’ex banchiere europeo verso il Colle.
Quindi ora bisogna ragionare sulle prossime mosse: il centrodestra avrebbe i numeri per poter provare a nominare il primo presidente di centrodestra della seconda repubblica, il rischio – se si gioca male - è di far implodere l’alleanza e anche il governo.
Come da etichetta, alla fine del pranzo viene diramato un asciutto comunicato congiunto in cui si ribadisce che il centrodestra «affronterà unito tutti i prossimi appuntamenti istituzionali ed elettorali», forte dell’«intesa e sintonia di una coalizione che oggi governa la maggioranza delle regioni italiane e che aspira a tornare al governo del Paese».
Tutto come da copione, tranne il dettaglio che ai primi di gennaio è già stato fissato un altro vertice. A confermarlo arriva la voce del padrone di casa: a chi lo incalza sulla sua corsa al Colle risponde sibillino che «Abbiamo rimandato ogni decisione a dopo Natale, all'inizio dell'anno».
La strategia
A tavola, però, si è partiti elencando le certezze: Berlusconi non ha intenzione di fare passi indietro rispetto al Colle, men che meno ora che Draghi sembra essere uscito allo scoperto. Il parlamento ribolle e quasi nessuno dei parlamentari che nel segreto dell’urna eleggeranno il prossimo presidente ha voglia concludere anzitempo la legislatura.
Due elementi, questi, non facilmente armonizzabili: se il centrodestra votasse Berlusconi e Draghi – sostenuto da centrosinistra e forse Movimento 5 Stelle – non venisse eletto al Quirinale nelle prime votazioni, lo interpreterebbe come una sfiducia e si dimetterebbe comunque, aprendo la crisi.
Se invece ci si piegasse invece al volere di Draghi, permettendo anche la nascita di un nuovo esecutivo di continuità, rischia di spaccarsi l’alleanza conservatrice.
L’obiettivo di questo vertice, allora, è stato quello dei piccoli passi: cementare l’alleanza tenendo saldamente dentro Meloni, corteggiata da Draghi e riconosciuta come interlocutrice privilegiata sia da Enrico Letta che da Luigi Di Maio. D’ora in poi, però, Berlusconi ha fatto capire che è imperativo muoversi in modo coordinato e compatto per non commettere errori.
Il più silenzioso è stato il solitamente loquace Salvini, che ieri ha ribadito di voler mantenere Draghi a palazzo Chigi e proprio prima di pranzo lo ha incontrato, ufficialmente per parlare di caro energia, Pnrr e covid. In discesa nei sondaggi e anche sui media, non ha fretta di andare alle urne ma molta di ritornare al centro della scena. Per questo guarda con più interesse al prossimo esecutivo – eletto tra un anno o in continuità con Draghi – che al prossimo capo dello stato.
Però dire di no alle ambizioni del Cavaliere non è facile e per rivendicare la leadership del centrodestra bisogna essere i registi dell’operazione Colle. Per questo tutti preferiscono accontentarti: a gennaio si riparte da un ottimo pranzo e un’alleanza rinsaldata, almeno sulla carta. Aspettando i passi falsi altrui.
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