Il Pd non vuole entrare nella partita per scegliere il nuovo direttore. Intanto la prima votazione per confermare la presidente andrà a vuoto
Ad attendere la maggioranza e la sua presidente Rai designata Simona Agnes c’è quasi sicuramente una fumata nera. Oggi di riunisce l’ufficio di presidenza della commissione Vigilanza per decidere quando mettere in agenda la prima votazione per confermare la consigliera di area azzurra sulla poltrona che fu di Marinella Soldi. Probabile che si voti presto: anche perché l’esito è pressoché scontato. Sembra infatti praticamente impossibile che Agnes ottenga i 28 voti necessari per raggiungere la maggioranza dei due terzi necessaria per confermarla.
In più, le opposizioni potrebbero agire unite stavolta e uscire compatte dall’aula durante la votazione: lo hanno già dichiarato esplicitamente Pd e M5s, ma a questo punto sembra improbabile che Avs e Iv agiscano diversamente. Poco male, almeno per parte della maggioranza. Che il consigliere anziano Antonio Marano (eletto in area Lega) possa mantenere l’interim non dispiace infatti a Carroccio e Fratelli d’Italia. Che si vada dunque per le lunghe non sarà un problema, almeno per un periodo: perpetuare l’interim sine die però non è un’opzione, perché significherebbe tentare di aggirare i poteri della commissione Vigilanza.
La partita di Agnes
A continuare a lavorare per Agnes resta soprattutto Maurizio Gasparri, diventato ormai primo difensore in parlamento della causa per cui si spende Gianni Letta, presente anche alla celebrazione dei cent’anni del servizio pubblico sabato scorso al palazzo dei Congressi assieme alla sua protetta. Raccontano che sia invece meno coinvolto Antonio Tajani. Ma tutti sono consapevoli che nei prossimi giorni si discuterà soltanto di lana caprina: la partita vera si giocherà dopo le regionali. La seconda votazione per la presidenza sarà infatti fissata non prima di fine novembre. Lo prescrive la prassi – fa giurisprudenza il caso Foa, che nel 2018 fu eletto in maniera contestata dalle opposizioni alla seconda votazione fissata a quasi due mesi dalla prima – lo chiede la politica. La destra specula infatti sulle condizioni in cui verserà per allora quello che fu il campo largo.
Insomma, il quadro sarà del tutto diverso. Chissà che non possa portare a una convergenza su Agnes. Anche se tra le opposizioni già volano le accuse incrociate: c’è chi tira in ballo addirittura una sostituzione del consigliere in quota azzurra, azzardando un inaspettato ingresso in scena di Giovanni Minoli. Che magari potrebbe attrarre più consensi di quanti non raccolga Agnes, per esempio tra i renziani, sempre primi sospettati di una collaborazione con il centrodestra in zona Cinque Stelle.
Anche se qualcuno segnala che Minoli proprio ieri sera presentava il libro di Dario Franceschini alla presenza di Elly Schlein e Goffredo Bettini. Certo, per arrivare a questo scenario che a destra bollano come totalmente irrealistico sarebbe necessario convincere Agnes al passo indietro per designare Minoli: uno sviluppo piuttosto improbabile. Viceversa, nonostante il Movimento abbia ribadito a più riprese di non voler partecipare al primo voto sulla presidenza, c’è chi ci legge il desiderio di alzare il prezzo di un’eventuale convergenza su un nome «autorevole» su cui aveva mostrato la sua disponibilità perfino il presidente Giuseppe Conte.
La questione dei nomi
Anche perché, combinazione, a fine novembre dovranno essere pronti i nomi da inserire nel pacchetto di nuove direzioni a cui negli ultimi giorni si è aggiunto in maniera inaspettata il Tg3. Lo stallo per il momento non è risolvibile.
La maggioranza, pur essendo ben consapevole che la direzione che ha lasciato Mario Orfeo è fuori dalla sua portata, non è infatti disposta a mollarla senza la certezza dei due voti che mancano per chiudere il cerchio della governance. Sempre che tra due mesi Mariastella Gelmini, che nel frattempo ha ufficializzato il passaggio al gruppo misto, non venga sostituita da qualcuno che rappresenti Azione e non fornisca un voto certo al candidato del centrodestra. Da dove arrivino, ai colonnelli della destra a viale Mazzini interessa il giusto.
Certo, che quella sia una casella che fa venire l’acquolina in bocca a molti è indiscutibile. A novembre andranno designati anche i sostituti di Paolo Petrecca e Jacopo Volpi, con molta probabilità da spartire tra Forza Italia e Fratelli, sempre che la Lega non voglia entrare a sua volta nel domino delle spartizioni. E anche se le valutazioni fatte da qui a fine novembre lasciano il tempo che trovano, i nomi considerati graditi al Movimento 5 stelle sembrano ancora più forti di quelli che si possono avvicinare ai dem. Sarebbero avanti soprattutto il vicedirettore della direzione offerta informativa Bruno Luverà, alle spalle un lungo passato da sindacalista e da notista politico del Tg1, e Senio Bonini, numero due di Gian Marco Chiocci al notiziario della rete ammiraglia, con in curriculum anche un periodo al Tg2 di Orfeo e a Rai News e Tg1 con Monica Maggioni.
Sembra ormai chiaro che il Pd non entrerà in partita, almeno non direttamente. I desiderata dei dem ormai contano solo fino a un certo punto sui destini del tg che fino a oggi è stato la bandiera e il porto sicuro degli spettatori di centrosinistra, attualmente in mano all’interim di Pierluca Terzulli, anche lui di orientamento progressista. Dunque al Nazareno sanno bene che palazzo Chigi non si rivolgerà a Schlein per trovare una sponda, almeno non subito.
La scelta netta dell'Aventino, che ha portato il Pd a non essere più rappresentato in cda, ha come conseguenza che chiunque la spunterà – per ora sembra favorito Bonini, ma a novembre chissà – non avrà una benedizione esplicita da parte del Nazareno. Eppure, che possa esserci una convergenza di priorità care anche alla segretaria, dalle disuguaglianze ai diritti, è innegabile. È persino nelle cose.
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