Allontanato lo spauracchio del taglio del canone, non desiderato né da FI né dai meloniani, in Rai si guarda già alla prossima tornata di nomine: se il M5s non voterà Agnes presidente, difficilmente avrà il Tg3, mentre sul resto, Tgr in testa, si consumerà uno scontro all’ultima direzione tra FdI e Lega
«Sono stati bravi stavolta, la Lega si è messa nei guai da sola». Il commento è di un dirigente meloniano di viale Mazzini, dove in tarda mattinata hanno tirato un sospiro di sollievo dopo che l’emendamento del partito di Matteo Salvini che riproponeva il taglio del canone Rai è stato affossato in commissione Bilancio al Senato, dov’è in discussione il dl fiscale agganciato alla manovra. In realtà i Fratelli d’Italia – quelli «bravi» – hanno votato insieme alla Lega a favore dell’emendamento, certi però che sarebbe stato respinto dal voto congiunto di opposizioni e Forza Italia. Perché il taglio dei fondi non lo volevano neanche loro.
Insomma, la tattica politica alla fine ha tutelato i conti a cui sovrintende l’ad Giampaolo Rossi e ha permesso a Forza Italia di portare a casa un successo in un momento buio per gli azzurri. Ieri mattina è fallita per la quinta volta la convocazione della commissione Vigilanza, disertata dai commissari di maggioranza: la ragione è sempre la stessa, la volontà di evitare a Simona Agnes, consigliera attribuita all’area di FI, di mancare la maggioranza dei due terzi necessaria alla sua conferma come presidente.
La conferma del canone è una boccata d’aria. La ragione sta negli interessi della famiglia Berlusconi: siccome infatti la Rai ottiene soldi pubblici, le viene imposto un tetto massimo per la raccolta pubblicitaria, che agevola Mediaset sul mercato della raccolta. Qualora venissero tagliati i fondi raccolti dai cittadini, viale Mazzini andrebbe sovvenzionata in altro modo per colmare il buco. Nel 2023, la soluzione trovata era stata quella di attingere alla fiscalità generale per rimpinguare i conti. Una via che limita l’indipendenza del servizio pubblico ma che ha evitato al governo l’altra alternativa: alzare il tetto pubblicitario. Un’eventualità a cui i Berlusconi non vogliono neanche pensare, preoccupati che una Rai più aggressiva sul mercato possa mettere in difficoltà il Biscione.
Destinazione nomine
Lo stallo su Agnes non ha migliorato le cose. Alla consigliera mancano ancora due voti che continuano a restare irreperibili: nonostante il voto favorevole del consigliere d’amministrazione d’area pentastellata alla conferma di Gian Marco Chiocci non sembra essersi riaperto il canale tra via di Campo Marzio e palazzo Chigi. Chi sperava in una svolta dopo l’assemblea costituente è rimasto deluso, vista la decisione dei vertici di far ripetere il voto dopo l’impugnazione di Grillo.
Ma intanto, la pazienza dei dirigenti sta finendo: sono già scadute le direzioni di Rainews e Tgr, a fine anno sarà la volta di Raisport e il 4 gennaio dell’interim di Pierluca Terzulli al Tg3, che ha raccolto il testimone da Mario Orfeo. Tutte nomine che planeranno sul tavolo del cda del 19 dicembre sotto la presidenza provvisoria di Antonio Marano, consigliere anziano in quota Lega che sostiene di aver tolto di mezzo le incompatibilità che comportava il suo incarico alle media partnership in Milano-Cortina 2026 e che ha scosso l’ultima riunione tirando in ballo una delibera che limita le attività parallele di direttori e vicedirettori, oltre a cancellare la loro possibilità di condurre: il testo ha già provocato una lunga serie di malumori tra gli interessati. La discussione è stata rinviata a fine dicembre, quando sarà uno dei tanti nodi da far venire al pettine.
Gli screzi interni tra Lega e FdI si rincorrono: hanno iniziato i parlamentari leghisti chiedendo la lista degli autori delle direzioni dei colonnelli meloniani Paolo Corsini e Angelo Mellone, ma in zona FdI oltre a replicare che se sono curiosi, deputati e senatori possono prendere carta e penna e seguire i titoli di coda dei programmi, segnalano che la stessa delibera prevede anche una parte che riguarda le consulenze – da evitare – per i dipendenti pensionati. Un passaggio che potrebbe riguardare in particolare Francesco Pionati, ora al timone del Gr ma prossimo alla pensione (per il suo posto evocano Angela Mariella o Simona Grossi, sempre area Carroccio) e spesso chiamato in causa per la presidenza di Rai Pubblicità.
Il capitolo più complicato è quello che riguarda il Tg3. In mancanza di mosse da parte del M5s, sembra essere possibile una conferma definitiva di Terzulli, anche se il Pd disporrebbe pure di altre possibilità, ma si rifiuta, coerente con la sua scelta di fare l’Aventino, a sedersi al tavolo. Il resto è un derby di maggioranza. La Lega vuole conservare radio e Tgr e accampa pretese per William Di Liberatore sul Day time di Mellone, che potrebbe traslocare al prime time (o alla Cultura, che però pure piacerebbe al Carroccio) al posto di Marcello Ciannamea, dato sulla via di ritorno ai palinsesti.
Peccato che le redazioni regionali fanno gola anche a FdI – dove sono sempre convinti che la Lega sia sovrarappresentata – che potrebbe guardare anche a Raisport con Marco Lollobrigida, ma significherebbe mettere in discussione Paolo Petrecca. Il direttore uscente di Rainews sembra sulla via della riconferma, anche se per quella posizione vengono segnalati anche l’interesse dei Cinque stelle – tra i nomi più quotati sempre Senio Bonini e Bruno Luverà – e di Francesco Giorgino, che non ha preso bene la mossa di Marano e, raccontano, sarebbe in fase di riavvicinamento con Forza Italia. Ma il tetris è lungi dall’assestarsi.
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