Imbarazzo sulle nomine del cda che continuano ad andare per le lunghe. Bortone, «stimata collega», spostata in Radio. Sergio si toglie qualche sassolino dalle scarpe, Rossi si batte per la difesa del «messaggio italiano» a cui i leghisti vogliono tagliare il canone
Doveva essere la prima uscita pubblica di Giampaolo Rossi, il “Bussola”, da nuovo amministratore delegato. Invece, l’unico che chiama Roberto Sergio già direttore generale (chissà cosa farà, alla fine), è il capo dell’ufficio stampa Fabrizio Casinelli con un infelice lapsus.
Il resto della presentazione dei palinsesti invernali di viale Mazzini, a Napoli, è un tentativo di limitare i danni. Salvare il salvabile. Anzitutto cercando di tenere il più possibile i direttori di testata e di genere lontani dai giornalisti. Nel foyer dell’auditorium Scarlatti, però, qualcuno si ferma a chiacchierare.
Tutti danno interviste alle innumerevoli testate Rai che coprono l’evento. Angelo Mellone del Day time in vestito chiaro, e Paolo Corsini, l’uomo che siede sulla poltrona più scomoda di viale Mazzini, quella della direzione approfondimenti, mentre Adriano De Maio e Alessandro di Majo, la coppia pentastellata composta dal direttore Cinema e serie e dal consigliere d’amministrazione d’area, confabulano sui prossimi passi in attesa che la politica faccia il suo corso.
Il Sergio-show
Per il resto è un Sergio-show. È ancora lui a mettere la sua faccia abbronzatissima sui palinsesti di quella che dovrebbe essere TeleMeloni. In prima fila accanto all’aministratore delegato e al direttore generale Rossi, di Majo, unico consigliere presente, è stretto dal presidente della regione, Vincenzo De Luca, e dal sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi. A seguire tutti i direttori di genere, anche qualcuno di testata: Iacopo Volpi di Raisport, appena prorogato fino a fine anno, Francesco Pionati di Radiorai e l’immancabile Paolo Petrecca.
Assente la presidente in pectore Simona Agnes, quella uscente Marinella Soldi manda un messaggio non troppo caloroso in cui attribuisce esplicitamente a Sergio la paternità dei palinsesti. «Da cittadina e utente continuerò a seguirvi».
Sergio difende il suo territorio, quando si parla della «famiglia Rai» – damnatio memoriae per chi è uscito quest’anno, Amadeus, Flavio Insinna, Corrado Augias – se ne compiace.
«Un noto concorrente, con i pochi volti (il riferimento è a Discovery, ndr) che ha guadagnato, non riuscirebbe nemmeno a coprire il logo Rai». La Nove «non è un competitor». Grande orgoglio Rai anche per la collaborazione con i dipendenti.
I vertici citano le trattative sindacali andate in porto di recente, Sergio saluta esplicitamente la formazione di destra Unirai e ringrazia le altre sigle con cui ha negoziato accordi negli ultimi 14 mesi. Ne manca solo una, Usigrai, che neanche Rossi citerà quando interverrà più avanti.
Festival spostato
L’ad scioglie subito il nodo di Sanremo: il Festival scivola di una settimana rispetto a quella pianificata inizialmente. La Lega Calcio e le partite di Coppa Italia vincono sull’Ariston, Sergio parla di «controprogrammazione», ma deve cedere il passo.
La conferenza stampa va avanti e l’ad in uscita ha spesso qualcosa da aggiungere agli interventi dei suoi colleghi. Se la prende con i giornalisti che danno una narrazione che vuole «azzoppare» il servizio pubblico, con il report di «menzogne» uscito pochi giorni fa.
Sulla stessa lunghezza d’onda Rossi, che parla di «narrazione artificiale». Per il dg e ad in pectore bisogna «criticare la Rai quando è giusto ma tutelarla perché risorsa della nazione». Che i giornalisti «non abbiano scritto proprio la verità dei fatti» sulla vicenda di Che sarà è una verità inattaccabile anche per Corsini. Il direttore dell’Approfondimento a valle di un anno di Report, casi Bortone e “Nunzie” de Girolamo prova a chiuderla. «Non è il caso di fare autocritica» inizia a rispondere a una domanda, ma un Casinelli interventista lo blocca: «Fermiamoci qui». Insomma, non sono cattivi, è che li disegnano così.
Il caso Bortone
A proposito di Serena Bortone, la giornalista non compare nei palinsesti televisivi. Il Tg1, in un servizio dell’edizione di pranzo, le attribuisce un «programma di cultura», ma non è così. Dopo la chiusura di Oggi è un altro giorno, la storia si ripete uguale all’anno scorso: l’access di Rai3 stava crescendo, ma non è previsto un futuro.
Secondo Sergio, Bortone «non ha ritenuto idonee» due proposte, una su Rai 1 e una su Rai 3. Sicuramente sarà sulla Radio 2 di Simona Sala. Non ha voluto, invece, il programma da scrivere con il direttore del Day time, Angelo Mellone: quello sarebbe stato in access time, mentre l’alternativa sulla rete ammiraglia sarebbe stato lo spazio del sabato pomeriggio assegnato a Emma D’Aquino.
Il fatto che il Consiglio d’amministrazione continui a rimanere in carica ben oltre la sua scadenza è generale motivo d’imbarazzo. Rossi giura di non sentirsi «sulla graticola», ma per la ragione del ritardo Sergio rimanda all’azionista, in altre parole la politica, che avrebbe potuto procedere al rinnovo «fin dal 28 maggio».
La provocazione della Lega di tagliare il canone viene sfiorata lateralmente. Per il “Bussola”, «nessuno può avere interesse a indebolire Rai e Mediaset, significherebbe indebolire un’intera filiera industriale nazionale» e con lei il «racconto italiano». L’indicazione è chiara, resta da vedere se gli interlocutori politici d’area la coglieranno e metteranno un argine alle ambizioni del responsabile editoria della Lega Alessandro Morelli.
I programmi
Intanto, ci si godono i nuovi acquisti e i ritorni a casa. Corsini punta su Antonino Monteleone su Rai 2, rilancia anche Report di Sigfrido Ranucci, ma annuncia che della sua assenza all’evento dei palinsesti, motivato in un’intervista con un dissenso sulla linea editoriale, «parleremo al suo rientro». Il programma del cuore di Mellone è già Binario 2, che andrà a sostituire Fiorello: in conduzione Andrea Perroni e Carolina Di Domenico.
Tornano Maria Latella e Giovanni Minoli, Massimo Giletti va su Rai cultura. Ma soprattutto, sempre su Rai cultura, sbarca Mario Sechi – ex portavoce di Giorgia Meloni – con un programma «sull’immaginario, la manifattura e l’impresa italiana. Dal Bel Paese dei mestieri a quello dell’industria per raccontare tutte le volte che ce l’abbiamo fatta». Considerato quante volte ce l’ha fatta lui, è l’uomo giusto per la trasmissione giusta.
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