Di sicuro c’è solo il voto. O almeno la consapevolezza che, da lunedì mattina, i conti andranno fatti sui dati delle europee e sugli equilibri da rinegoziare. E se Giorgia Meloni da un lato ribadisce che la Rai «non è dei partiti ma dei cittadini», dall’altro prepara l’avvicendamento della sua governance nel Consiglio d’amministrazione del servizio pubblico. Sembra che la settimana buona per l’elezione dei quattro consiglieri in parlamento possa essere quella del 17-21 giugno oppure la seguente, ma la certezza arriverà solo con la calendarizzazione, la prossima settimana. Per il momento l’unico punto fermo sembra essere la staffetta tra Giampaolo Rossi e Roberto Sergio (rispettivamente futuro ad e dg).

La suggestione di strappare il direttore del Tg1 Gian Marco Chiocci a Saxa Rubra per fargli fare il direttore generale – filtra dall’azienda – sarebbe per ora poco plausibile. Non fosse altro per l’impraticabilità di una coabitazione tra Chiocci, legato a Meloni da uno stretto rapporto personale, e Rossi, da sempre punto di riferimento dei Fratelli in Rai. Meglio puntare per quell’incarico su un nome meno difficile da mandar giù per Rossi come Sergio, che nell’anno passato ha sì puntato i piedi, ma che non difetta della capacità di sapere quando è meglio tacere per quieto vivere.

L’altra partita

Il risultato elettorale, però, rischia di portare con sé altre insidie. Soprattutto sulla presidenza, che va confermata dai due terzi della commissione di Vigilanza. Finora, la candidata più quotata sembrava Simona Agnes, consigliera uscente di area Forza Italia. Ma la Lega, che ormai veste i panni di mina vagante della coalizione, potrebbe dare forfait al momento del voto segreto. Attualmente alla maggioranza mancano quattro voti – incidentalmente quelli che portano minoranze linguistiche, Azione e Iv – per portare a casa l’elezione. Ma senza i sei componenti leghisti il discorso si complicherebbe. E il centrodestra dovrebbe decidere se aprire una trattativa con il partito di Matteo Salvini o con Pd o M5s.

Difficile farlo prima delle urne. Ma meloniani e azzurri potrebbero compiere un passo per cautelarsi e anticipare il possibile sgambetto leghista dopo le europee. Con il M5s, in particolare, la collaborazione in cda si è rivelata fruttuosa negli ultimi mesi. Meno lineare un’eventuale trattativa con i dem – che entrambe le parti smentiscono – visto che attualmente non c’è ancora nemmeno un’indicazione sul consigliere d’area. C’è chi parla di Aventino, chi vede all’orizzonte svolte inaspettate. Per l’estate si preannuncia invece un riconteggio delle quote di ciascun partito a viale Mazzini e soprattutto nei palinsesti, dove i tempi ai programmi “in quota” vengono assegnati col bilancino (altro che par condicio).

Mentre sembrano saldi gli incarichi dei direttori dei tre telegiornali generalisti e quello del direttore Day time, Angelo Mellone, c’è meno certezza intorno ad altre caselle. Gli Approfondimenti di Paolo Corsini continuano a essere oggetto di scontro dopo quasi ogni puntata di Report. FdI, per non fare causa al direttore d’area, ieri ha querelato in sede civile il giornalista della redazione di Sigfrido Ranucci, Giorgio Mottola. Marcello Ciannamea del Prime time dovrebbe rimanere in carica dopo che il progetto della superdirezione Intrattenimento, che avrebbe dovuto integrare Day e Prime time, sembra per il momento congelato. Non si escludono movimenti alla comunicazione, dove in particolare Angela Mariella scalpita per spostarsi altrove, forte della stima del responsabile editoria della Lega, Alessandro Morelli. Balla anche la Tgr, dove si gioca la partita del direttore Alessandro Casarin, candidato al cda del Carroccio.

Se non dovesse spuntarla contro Antonio Marano, la pensione di Casarin arriverebbe soltanto in autunno: a quel punto, la direzione su cui la Lega avanza pretese “ereditarie” potrebbe rientrare nella trattativa interna al centrodestra. Ma c’è un elemento che fa alzare sopraccigli in queste ore: tra le proposte che circolano c’è quella di reintegrare Stefano Coletta – simbolo della Rai 3 “TeleKabul”, mente degli ultimi Sanremo e non proprio un modello televisivo “di destra” – come coordinatore dei generi, oppure direttore prime time (in uno scenario in cui a Ciannamea si potrebbe proporre il ruolo di dg). Una figura che nell’assetto attuale non è prevista ma che potrebbe rappresentare nei piani della governance il momento intermedio tra l’organizzazione di adesso e un eventuale ritorno alle direzioni di rete, che a valle degli ultimi anni sembrano essersi rivelate strumenti più efficaci per coordinare la produzione.

Per la destra Rai è cerchiata in rosso anche un’altra data di fine giugno, quella del 25, quando si terrà il primo congresso di Unirai, la neonata associazione con aspirazioni sindacali. C’è da scegliere il nuovo direttivo e vedere se si ricandiderà il segretario uscente, Francesco Palese. Nel dubbio al Tg2 l’iscritta Alessandra Forte ha appena preso incarico come caporedattrice della cronaca. Insieme all’Economia, era stata l’unica redazione ad aderire in blocco allo sciopero indetto da Usigrai lo scorso 6 maggio: la posizione era vacante da gennaio e il direttore Antonio Preziosi aveva promesso un job posting che non c’è mai stato. Tutto risolto, grazie a Unirai.

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