Il regolamento fa riferimento alle «piattaforme per la condivisione dei video» che dovranno adottare «procedure di autoregolamentazione» e «ogni utile iniziativa», senza dettagliare. L’autorità delle comunicazioni poi si occuperà come sempre della verifica del tempo di parola dedicato alle diverse posizioni politiche dai programmi tv alle testate giornalistiche
Anche i social devono collaborare alla “par condicio”, cioè garantire che tutte le parti politiche abbiano libero accesso ai mezzi di informazione per esprimere il loro punto di vista. Le elezioni del 25 settembre si avvicinano, e il consiglio dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom) ha approvato, nella riunione del 3 agosto 2022 il regolamento sulla par condicio da applicare nella campagna elettorale per le elezioni politiche. Nel testo viene fatto riferimento alle piattaforme che pubblicano video, che includono anche i social network: a loro viene chiesto di collaborare all’equa informazione e soprattutto al contrasto delle fake news durante la campagna elettorale. Finora però non è chiaro quali siano i frutti di questa collaborazione, visto che continuano a circolare foto ironiche di “buon silenzio elettorale” e addirittura foto delle schede nell’urna.
La vigilanza
Come sempre, nell'esercizio delle competenze assegnatele dalla legge - si legge in una nota -, l'Autorità vigila sul rispetto delle disposizioni in materia attraverso la consueta e continua attività di monitoraggio dell'emittenza televisiva e radiofonica, più rigorosa nel periodo di campagna elettorale. L'Autorità esercita i suoi poteri di vigilanza, di controllo e sanzionatori anche sull'osservanza delle disposizioni emanate dalla Commissione parlamentare di vigilanza.
La verifica riguarderà il tempo di parola dedicato alle diverse posizioni politiche nei notiziari e nei programmi di approfondimento informativo diffusi da ciascuna testata, tenuto conto del format, della periodicità di ciascun programma nonché della collocazione delle trasmissioni nelle diverse fasce orarie del palinsesto. In sede di valutazione si terrà conto anche del tempo di notizia fruito da ciascun soggetto politico.
I social
Nello specifico il regolamento - prosegue la nota - prevede, inoltre, che le piattaforme per la condivisione dei video e i social network siano tenuti ad assumere «ogni utile iniziativa» volta ad assicurare il rispetto dei principi di tutela del pluralismo, della libertà di espressione, dell'imparzialità, indipendenza e obiettività dell'informazione nonché ad adottare misure di contrasto ai fenomeni di disinformazione anche in conformità agli impegni assunti dalle piattaforme nell'ambito del Code of Practice on Disinformation.
Nel testo si chiede alle piattaforme social di darsi da fare ma l’Autorità non specifica come. Nell’ambito del Tavolo tecnico per la garanzia del pluralismo e della correttezza dell’informazione sulle piattaforme digitali e sui social network «è assunta ogni utile iniziativa al fine di promuovere l’adozione condivisa e coordinata di misure di contrasto ai fenomeni di disinformazione e lesione del pluralismo informativo online».
Per arrivarci l’autorità chiede «procedure di autoregolamentazione» e «l’adozione da parte dei fornitori di piattaforme di condivisione di video di misure volte a contrastare la diffusione in rete, e in particolare sui social media, di contenuti in violazione dei principi a tutela del pluralismo dell’informazione e della correttezza e trasparenza delle notizie e dei messaggi».
I precedenti
Il Tavolo è operativo dal 2018, e ne fanno parte Google, Facebook e Wikipedia. Dall’elenco pubblico non risultano Twitter e TikTok, la piattaforma dei video dove ormai sono sbarcati molti politici, tra cui Matteo Salvini e Giuseppe Conte. Per quanto riguarda gli accordi, quello a cui si fa riferimento è quello per le elezioni del 2020 e in quel caso le linee guida erano state sottoscritte anche da Twitter.
Il documento arrivava all’accordo per cui i riferimenti ai messaggi pubblicitari di natura elettorale i cui inserzionisti siano soggetti politici fosse necessario informare gli utenti delle piattaforme digitali circa la natura di «messaggio elettorale» e l’identità del soggetto politico committente.
Inoltre, l’Autorità chiedeva che, nei limiti di quanto tecnicamente possibile, fossero chiaramente individuabili dall’utente i criteri di profilazione utilizzati dalla piattaforma e altri fattori che determinano la visualizzazione delle inserzioni stesse e i tipi di dati personali e non personali che influiscono sulle inserzioni ricevute o visualizzate.
L’Agcom segnalava infine anche per i social l’importanza del silenzio elettorale. Cioè nel giorno del voto e in quello precedente è vietato fare propaganda. Nonostante le tre piattaforme, Google, Facebook e Twitter, abbiano firmato, per ogni tornata elettorale sono visibili nelle pagine dei politici inviti a votare fino al giorno prima e l’immancabile foto al seggio.
In teoria l’attenzione ai social è stata ribadita in occasione delle elezioni amministrative del 2021, anche se non viene indicato esplicitamente il riferimento alle linee guida del 2020. I segretari e presidenti dei partiti, da Enrico Letta a Giuseppe Conte, non hanno disdegnato la photo opportunity al seggio. Per non dimenticare il video di Giorgia Meloni su Instagram per rispondere alle inchieste di Fanpage postato proprio il giorno delle elezioni. Per buona misura c’è chi arriva a postare il proprio voto nell’urna, come accaduto lo stesso anno a Domenico Masciari, candidato con Antonio Bassolino, che pubblicò sulle storie di Facebook una foto con la x sulla lista. Una pratica dubbia dal punto di vista della par condicio e illegale in ogni caso, visto che il voto è segreto così come previsto dall’articolo 48 della Costituzione.
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