«Questo non è solo un sit-in contro la risoluzione Sasso è un sit-in contro l’operazione culturale di regime che si abbatte sul nostro paese dai musei ai teatri, dal cinema alla tv. Dopo il Ddl sicurezza, nuovo strumento per sedare ogni forma di protesta, ora tocca alla scuola», Pietro Turano, vicepresidente di Arcigay Lazio e Responsabile Scuole, parla al megafono con voce ferma e disegna lo scenario di un paese in bilico.

Sono 48 le piazze in tutta Italia convocate in soli tre giorni da Arcigay nazionale dal nome "Scuola libera tutt3", coinvolte più di 250 sigle: associazioni lgbt, degli studenti, sindacati, insegnanti. Davanti al ministero dell'Istruzione in viale Trastevere a Roma la protesta contro il governo Meloni è un piccolo Pride di bandiere e musica, di ragazze e ragazzi con la faccia dipinta, di madri e padri coi figli sulle spalle e di anziani, una folla vera, c'è anche il sole quando si prevedeva pioggia. Una coppia di ragazzi si bacia mentre tre agenti in borghese, riconoscibili come se fossero stati in divisa, presidiano.

Cavallo di Troia

La risoluzione Sasso (Lega) che vieta l’educazione sessuale e affettiva nelle scuole, tacciandola di essere espressione di una fantomatica e inesistente “’ideologia gender” è un cavallo di Troia, spiega Turano a Domani: «Sappiamo che non esiste l’ideologia gender. È una categoria polemica creata dal Vaticano negli anni 90 e da movimenti reazionari per mostrificare le persone lgbt e soprattutto gli interventi antidiscriminatori nelle scuole. Quello che viene da chiedersi: cosa prende realmente di mira questa risoluzione? Il contrasto alla violenza di genere, i corsi di bullismo omotransfobico. Chi come noi lavora da tanti anni nelle scuole sa che la nostra battaglia è sempre stata per poter intervenire nelle scuole dove c’è un’esigenza vera. Da una ricerca di Arcigay Lazio il 14% delle persone nelle scuole superiori si dichiara con un’identità non etero cis, in uno spettro queer, ma meno dell’uno percento si è dichiarato a scuola. C’è paura e insicurezza e adesso questa situazione non potrà che peggiorare».

La guerra «al gender» e alla «grande sostituzione dei popoli europei da parte di popoli non europei» e la difesa della «famiglia naturale» e delle «radici cristiane dell’Europa» costituiscono ormai i cardini retorici e ideologici del nuovo manifesto politico della destra europea, da Vox in Spagna all’Afd in Germania, passando per la Lega o Fratelli d’Italia nel nostro paese.

L’attacco alla scuola

La comunità arcobaleno cerca di fare argine a questa disinformazione, non ha ancora esaurito i 50 pride che attraversano l’Italia, gli ultimi nel mese di ottobre, eppure continua la battaglia in forme diverse, fa riunire sindacati, tesse alleanze. «La scuola di Valditara è roba da medioevo», dice Bianca Piergentili, 21 anni, coordinatrice della Rete degli Studenti Medi Lazio. Ha chiaro il disegno generale e lo rifiuta: «Oggi assistiamo a un governo e a un ministero dell’istruzione che da quando è anche del merito fa di tutto per bloccare il percorso formativo degli studenti e delle studentesse all’interno delle scuole. Non è pensabile che nel momento in cui esiste un problema reale rispetto all’educazione affettiva il governo non risponda. Anzi, proponga progetti come “educare alle relazioni” con suore, associazioni anti-abortiste. Questa non è un’affermazione a 360 gradi della persona ma una manovra bigotta che invece di ascoltare la necessità delle studentesse e degli studenti blocca la scuola».

Più duro Milo Serraglia, attivista trans e formatore: «È necessario rispondere con le piazze. Oggi Fratelli d'Italia riesce ad andare oltre il fascismo pensando a leggi che prevedono il carcere per gli uomini omosessuali. Infatti dopo aver rastrellato le mamme arcobaleno cancellando gli atti di nascita, si appresta ad approvare il disegno di legge per rendere la gestazione per altri reato universale, ma non solo», aggiunge. «Il governo Meloni va anche contro le persone trans e contro le loro famiglie. La risoluzione dell’onorevole Sasso è la prova. A noi non rimangono che le piazze, fin quando ci sarà possibile perché il Ddl sicurezza riguarda sicuramente anche noi e le nostre forme di lotta, le piazze e i Pride: quanto ci vorrà perché le dichiarino contrarie all’ordine pubblico come hanno sempre desiderato?».

Parla con timore invece Francesco, 49 anni, professore di matematica in un liceo del Lazio, dice che preferisce non dare il cognome visto i provvedimenti che da mesi colpiscono dirigenti e insegnanti che dissentono dall’operato del ministero: «Ultimamente ho paura a esprimermi. Devo ammettere che la limitazione della libertà di trattare argomenti che sono già, da sempre, materia scolastica è un grave ostacolo per noi che attraversiamo le vite dei nostri studenti. I ragazzi e le ragazze vogliono che parlare sia regola non eccezione. Non capirlo vuol dire vivere davvero fuori da questo tempo».

Gli studenti si ribellano così alla scuola “made in Italy” che mette al bando le identità e gli orientamenti sessuali. La richiesta è quella di seminari con esperti che possano distribuire pillole di sapere di cui ciascuno farà quel crede. La conoscenza è un puzzle che ciascuno costruisce a modo suo, ma l’informazione è un diritto di tutti. «Nel mio liceo dopo un lavoro attento e di rete tra insegnanti e studenti abbiamo imparato a costruire un ambiente sano, siamo riusciti ad attivare la carriera alias (strumento burocratico che offre la possibilità per uno studente di registrarsi con un nome che corrisponde alla propria identità di genere anche se diverso da quello anagrafico, nda). Eppure da quando questo governo è al potere le nostre identità sono minacciate, siamo tutti più insicuri tra le mura scolastiche oltre che nelle strade, non rendere i cittadini consapevoli sulle nostre identità, non informare anzi fare disinformazione come fanno Valditara, Salvini, Vannacci porta solo terrore e violenza», spiega Sammi che ha 18 anni e frequenta il liceo Cavour di Roma.

«Come Famiglie Arcobaleno ci chiediamo se Sasso e il governo pensano con questa risoluzione di impedire agli studenti Lgbt+ di dichiararsi a scuola, di vietare a un insegnante gay di parlare del suo compagno o della sua unione civile (legge dello stato dal 2016) magari accusandoli di diffondere la “teoria gender” nelle scuole», ragiona Alessia Crocini, presidente di Famiglie Arcobaleno: «Si arriverà a impedire l’ingresso a scuola di bambini con due mamme o due papà che, raccontando della loro famiglia, potrebbero “indottrinare” i loro compagni di classe? Magari la Ministra Roccella e “il” presidente Meloni potrebbero spiegarcelo anche se la stessa Giorgia ha già dichiarato di non sapere cosa sia il temutissimo “gender”».

I due sit-in

Al fianco della comunità Lgbt anche l’opposizione in Parlamento. In rappresentanza di Sinistra Italiana la responsabile diritti, Marilena Grassadonia: «Vengo dalla piazza contro il ddl sicurezza che si lega a questo sit-in perché le azioni di questo governo corrono sul filo della repressione e dell’imposizione di un pensiero che vuole condizionare le menti dei nostri ragazzi e delle nostre ragazze. È in atto una politica securitaria che tende a comprimere gli spazi di libertà, dissenso e espressione». Per Rachele Scarpa, deputata del Partito democratico: «Le risoluzioni di Sasso e della destra sono l’emblema di una politica che cerca nemici per alimentare la loro ideologia». Scarpa vede un disegno nella risoluzione: «Mi chiedo come si possa vietare ulteriormente qualcosa che non esiste. L’educazione sessuale e sentimentale è infatti non contemplata nelle scuole. Credo e temo che il prossimo passo sarà per loro far entrare ufficialmente i pro-vita nelle scuole, istituzionalizzarli. Su questo bisogna restare vigili».

Alessandra Maiorino, vice presidente dei Senatori del Movimento Cinquestelle affonda: «Hanno instaurato un regime a tutti i livelli. Hanno iniziato con il decreto rave, oggi con il ddl sicurezza che impedisce il dissenso politico, le persone lgbt vengono cancellate, non si può più parlare di sessualità nelle scuole, tutto questo mentre si diffonde la sex roulette con le ragazzine che rimangono incinta a dodici anni, eppure dicono no all’educazione sentimentale e sessuale nelle scuole. La loro idelogia è più forte della realtà»

Niente paura

Gabriele Piazzoni, segretario generale di Arcigay sul finale della manifestazione risponde all'attacco del governo: «Non solo respingiamo l’attacco della destra ai percorsi educativi delle scuole ma rilanciamo un manifesto in sette punti per una scuola accogliente nei confronti dei bisogni e delle domande delle persone che l’attraversano. Per un'educazione che abbracci tutti i temi della relazione fino all’educazione affettiva, sessuale, riproduttiva e mestruale».
Qualcuno su un motorino sfreccia di fronte al presidio, rallenta e urla «Froci», dal sit-in si alza subito un coro di risposta: «Fascisti di merda». Lo scarno servizio d' ordine è tranquillo, si può tornare a casa. «Non ci facciamo spaventare», ripetono gli attivisti arcobaleno.

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