Non solo in Veneto, anche più a sud, in Campania, si sta consumando una feroce faida interna al centrodestra. L’onda lunga del voto in Umbria e in Emilia-Romagna è destinata ad aumentare le spaccature.

E se in Veneto il problema di Fratelli d’Italia è la Lega, ancora oggi Matteo Salvini ha rilanciato su un nuovo mandato di Luca Zaia («è la nostra priorità», ha detto il vicepremier), in Campania c’è Forza Italia, ringalluzzita dalle europee di giugno e dalle varie tornate delle regionali, che vuole passare all’incasso.

«Siamo la seconda forza del centrodestra», ha rivendicato il segretario di FI, Antonio Tajani, lasciando intendere che ritiene ormai compiuta l’operazione-sorpasso sui leghisti. Tradotto: vuole contare di più. «Non è giusto che alle future regionali non ci sia nemmeno un nostro candidato alla presidenza», è uno dei ragionamenti che circola tra i deputati azzurri. Del resto, se la Lega vuole un candidato, in Veneto, perché Forza Italia dovrebbe stare in silenzio?

Derby campano

L’unico territorio appetibile è perciò la Campania, già teatro di uno scontro che va avanti da quasi un anno, tra due notabili della destra, seppure da postazioni diverse: l’eurodeputato di Forza Italia, Fulvio Martusciello, plenipotenziario del partito nella regione, moderato per definizione, e il viceministro degli Esteri, Edmondo Cirielli, in quota FdI, uomo di fiducia di Meloni, con una storia tutta legata alla fiamma. Nel partito di Tajani sottolineano la capacità di FI di mietere consensi tra i moderati.

Soprattutto mettono in risalto come i berlusconiani siano sempre risultati vincenti: Vito Bardi in Basilicata, Alberto Cirio in Piemonte e, prima, Roberto Occhiuto in Calabria e Renato Schifani in Sicilia.

«Siamo una garanzia», è il messaggio che Tajani è intenzionato a trasmettere a Meloni in vista della sfida campana. Solo che Fratelli d’Italia non è in vena di concessioni. Non vuole farlo in Veneto, figurarsi altrove. Se cede su un fronte rischiano di moltiplicarsi le richieste degli alleati.

Meloni, poi, non vuole dare spazio ad altri partiti nelle regioni ritenute contendibili, come la Campania, visto che Toscana e Puglia vengono date per perse. Insomma, nei conciliaboli dei meloniani, la Campania potrebbe essere “ceduta” a Forza Italia solo se si avvertisse un clima di sconfitta pressoché certa. Nell’attesa di definire il percorso, ogni giorno – o quasi – uno tra Martusciello e Cirielli si intesta la candidatura alle prossime elezioni.

Non più di due settimane fa, Martusciello gongolava: «Sono favorito nei sondaggi per la vittoria in Campania? Mi fa piacere e sono pronto a vincere». Quindi ha chiesto di fare presto a indicare il nome, magari chiudendo la partita entro dicembre.

La tesi veicolata da FI è quella di una sfida elettorale che deve giocarsi sul voto moderato, sugli elettori indecisi. Cirielli ha una storia troppo di destra, secondo gli uomini più vicini a Martusciello. E sarebbe la polizza vita per la vittoria del centrosinistra. La voglia di correre alle regionali ha, però, prodotto un effetto collaterale dentro la stessa Forza Italia. La deputata azzurra, Annarita Patriarca, ha dato le dimissioni, meno di dieci giorni fa, da segretaria provinciale a Napoli, insieme ad altri dirigenti locali.

Il motivo? Eccessiva personalizzazione. Insomma, l’accusa è che fa tutto Martusciello senza consultarsi né informare la dirigenza territoriale. «Ci siamo scontrati con alcune posizioni preconcette e fughe in avanti non condivise, tanto da minare la credibilità stessa del partito e dei suoi quadri dirigenti», ha detto Patriarca. Musica per le orecchie di Cirielli, che pochi giorni fa a Montecitorio si è intrattenuto con i cronisti e ha spiegato di essere «a disposizione» nel caso in cui fosse scelto dal partito.

La versione ufficiale è che voglia restare alla Farnesina, da viceministro, ma non è un mistero che stia lavorando sul territorio per ottenere la candidatura su cui c’è già la benedizione di Meloni. È riuscito a portare con sé anche Stefano Caldoro, ex presidente della regione Campania, che con il suo movimento era stato sempre più affine ai moderati di Forza Italia.

Da tempo ha però cambiato posizione: «Cirielli è il candidato giusto». Un fedelissimo di Cirielli, il senatore napoletano Sergio Rastrelli, ha ribadito: «Fratelli d’Italia ha già fatto la propria scelta. Il viceministro Cirielli garantisce la migliore sintesi tra esperienza di governo e visione politica».

C’è chi parla di un terzo nome, un federatore. Secondo Dagospia la «pazza idea» di Meloni sarebbe quella di puntare sul ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, che però sarebbe un tecnico, ma comunque più in quota Lega. L’unico profilo che sembrava poter svelenire il clima nella destra e mettere tutti d’accordo era quello di Gennaro Sangiuliano. Non è più proponibile dopo le dimissioni da ministro.

Tensione sinistra

A sinistra, il clima non è migliore. Certo, Elly Schlein ha portato a casa l’incarico di presidente dell’Anci per il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi (M5s), con il dem Stefano Lo Russo (Torino) nel ruolo di vice. Non è una soluzione che rende felice il suo “avversario” in Campania, il presidente in carica Vincenzo De Luca, con cui sembra lontano un compromesso sul prossimo voto.

De Luca è intenzionato a tirare dritto sul terzo mandato e potrebbe trovare, paradossalmente, una sponda in Salvini che vuole modificare la legge sul piano nazionale per favorire Zaia.

La segreteria del Pd, attraverso il suo braccio destro Igor Taruffi, ha ribadito che dopo due mandati è il momento di cambiare. Con il risultato che la Campania è diventata terreno di scontro come non si vede altrove.

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