Con la designazione del generale Cinque al Dis piazzato l’ultimo tassello. La pax con uscite “forzate” sostituite da profili graditi non solo a Chigi
Ha lasciato sul campo vittime illustri, ma la guerra è finita. Nei servizi segreti si va verso la pacificazione grazie a una serie di nomine apprezzate trasversalmente.
L’ultimo tassello è arrivato in settimana con la designazione del generale dei carabinieri, Mario Cinque, a vicedirettore del Dis, al posto di Giuseppe Del Deo, diventato venerdì presidente esecutivo di Cerved, agenzia che opera nell’ambito creditizio. Il nome di Cinque circolava per il comando dell’Arma, ma in quell’occasione l’ha spuntata Salvatore Luongo, sponsorizzato dal ministro della Difesa, Guido Crosetto.
Il trait d’union degli attuali vertici dell’Aisi, del Dis e dell’Aise è il buon feeling con palazzo Chigi, in primis l’autorità delegata, il sottosegretario, Alfredo Mantovano, che ha chiuso un’operazione win-win: ha trovato la chiave per siglare la pax e ha messo le mani sul comparto, liberandosi dei profili ingombranti.
Eppure, sembrava che il sottosegretario avesse perso la bussola. Era stato travolto dal caso delle due persone sorprese vicine all’auto di Andrea Giambruno, l’ex compagno di Giorgia Meloni, con il sospetto che si trattasse due agenti dell’Aisi, i servizi interni, con la conseguente indagine interna agli 007. A pesare, poi, la storia dei controlli dell’Aisi sul capo di gabinetto di palazzo Chigi, Gaetano Caputi. Due storie, svelate da Domani, che hanno lasciato il segno a cui si è sommata la vicenda Paragon, con lo spyware finito nel telefonino del direttore di Fanpage, Francesco Cancellato.Mantovano, a dispetto della descrizione di uomo poco incline al confronto, si è mosso senza preconcetti su nomi e curriculum, individuando le falle nel sistema. E soprattutto mettendosi all’opera per raddrizzare la rotta. Anche al costo di ingaggiare lo scontro con figure di peso. Si è assunto un onere complicato: convincere la premier a rivedere il giudizio positivo sui vertici del Dis.
Il caso di scuola è quello di Elisabetta Belloni, a lungo eminenza grigia della premier, tanto da diventare la sherpa per il G7. Con l’ambizione di diventare ministra per gli Affari europei. Ma ha finito per farsi troppi nemici, compreso il vicepremier, Antonio Tajani.
L’eccessiva intraprendenza di Belloni non è stata gradita negli uffici dell’intelligence in cui il presenzialismo è tutt’altro che una virtù. Le dimissioni di gennaio non hanno sorpreso più di tanto. Belloni stava cercando da mesi l’exit strategy, trovata a Bruxelles al fianco di Ursula von der Leyen.
La diplomatica aveva cementato un solido rapporto con l’ex uomo forte dei servizi, Giuseppe Del Deo, tanto da averlo voluto suo vice al Dis dopo lo spostamento da numero due dell’Aisi. Del Deo era in realtà il candidato naturale per raccogliere l’eredità di Mario Parente. Ha gestito a lungo le intercettazioni preventive da capo del nef, il nucleo economico-finanziario. Era il punto di riferimento dell’intelligence, beneficiando della grande stima di Meloni, con cui aveva una canale sempre aperto, e del supporto del ministro della Difesa Crosetto, nonostante l’ostracismo di Matteo Salvini.
Le vicende dell’auto di Giambruno hanno appannato la stella di Del Deo. Meloni si è confrontata con Mantovano e ha rivalutato il giudizio sull’ex numero due dell’Aisi, che si è “giocato” la promozione al vertice dell’agenzia. La soluzione di ripiego è stata la vicedirezione al Dis che ha accontentato Belloni in quella fase.
È scoppiato poi il caso delle verifiche dei servizi segreti – fatte nel 2023 – su Caputi, che hanno ricondotto al nome di Del Deo. È stata la goccia decisiva. Da qui è partito il confronto, affidato agli uffici della presidenza, per trovare uno scivolo al super 007 fino all’epilogo del dpcm ad hoc per garantirgli condizioni favorevoli sia economiche (con la pensione anticipata) che di prospettiva lavorativa (con l’introduzione di nuove norme per le ex figure apicali dell’intelligence).
Nuovi vertici
Al Dipartimento delle informazioni per la sicurezza è stato completato il rinnovamento. Al timone dallo scorso gennaio c’è Vittorio Rizzi, poliziotto apprezzato a destra e a sinistra, che nel tempo ha saputo costruire un buon rapporto con Mantovano, grazie al ruolo svolto dal braccio destro del sottosegretario, Alessandro Monteduro. Il rovesciamento della governance del Dis è stato completato con il generale Cinque.
All’Aisi, invece, il riequilibrio è iniziato lo scorso anno con l’approdo alla direzione di Bruno Valensise, al posto di Parente (per cessazione dei termini del mandato), sempre per volere di Mantovano e con la benedizione del leader leghista Matteo Salvini. La pacificazione è anche politica, dunque, con Carlo De Donno (gradito alla Lega) confermato vice, mentre l’altro numero due è il generale della Guardia di finanza, Leandro Cuzzocrea, apprezzato in maniera trasversale. È stato vice capo di gabinetto al Mef con Roberto Gualtieri (governo Conte II) e Daniele Franco (governo Draghi). All’Aise, invece, la conferma di Giovanni Caravelli è stata consolidata dall’operazione per la liberazione di Cecilia Sala in Iran. Come vice è stato confermato Carlo Zontilli, mentre l’altro numero due è un generale caro al governo Meloni: l’uomo delle emergenze, Francesco Paolo Figliuolo.
L’ultimo dossier sul tavolo di Mantovano è quello dell’Agenzia nazionale per la cybersicurezza, che non appartiene al comparto dei servizi segreti ma riguarda la sicurezza. Al comando c’è il prefetto Bruno Frattasi, voluto proprio dal sottosegretario. La gestione dell’Acn ha però sollevato polemiche. Come scoperto da Domani, negli ultimi giorni è spuntato l’emendamento della maggioranza al decreto Pa, per rifare da zero la governance.
Il sottosegretario alla presidenza ha una carta vincente pure in questo caso: portare alla direzione il generale dei carabinieri Riccardo Galletta, altro nome che era circolato come possibile comandante dell’Arma. Lo spostamento alla cybersicurezza farebbe felice un po’ tutti, compreso il comparto della Difesa che spinge per mettere le mani sull’Acn. Mantovano permettendo.
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