L’ex presidente della Camera: «Un’alleanza con differenze profonde non è credibile». «Con il Pd cerchiamo una sintesi per costruire una seria alternativa alla destra»
Roberto Fico, in Basilicata per fare un’alleanza piccola avete sacrificato la possibilità di vincere?
In realtà la Basilicata è l’esempio della volontà del Movimento di rimanere al tavolo fino alla fine, e seriamente. Perché crediamo che l’alleanza in quel territorio sia importante. In tanti passaggi delle ultime vicende lucane sarebbe potuta saltare anche l’alleanza con il Pd. Ma tutti, noi e loro, siamo voluti rimanere fino in fondo al tavolo, tant’è che oggi candidiamo Piero Marrese, presidente della provincia di Matera, che è del Pd.
Ma il M5s a quel tavolo ha messo una condizione: no ad Azione.
Dobbiamo dirci le cose come stanno: Calenda si prenda la responsabilità e le conseguenze delle sue azioni. È normale che mentre siamo seduti a un tavolo a Potenza devi leggere le interviste di Calenda contro di noi, con tanto di offese personali? Non sono queste le condizioni per fare un’alleanza. Azione ora si è alleata alla destra: avevamo avevamo visto giusto.
Mettete il veto su Calenda?
Non mettiamo veti. Possiamo confrontarci anche duramente, ma se l’obiettivo è distruggere il M5s, definirci populisti, sostenere che tutto il nostro programma non va bene, che il Superbonus è sbagliato, che siamo putiniani, che i nostri candidati non vanno bene – tranne poi riconoscere, quando si vince come in Sardegna, che sono buoni candidati – Azione non è un problema per noi, è nelle cose che dice Calenda che c’è un problema.
Schlein dice il Pd continuerà a dialogare con Conte, ma anche con Calenda.
È lecito. È la leader del Pd, è giusto che vada avanti per la strada che crede. Noi continuiamo a discutere con le forze di un campo progressista, come a Napoli, in Sardegna, Abruzzo, Basilicata. Se qualcuno si tira fuori dal confronto sui contenuti, non è colpa nostra. Azione in Basilicata vuole più trivelle e più inceneritori.
Quindi con Azione c’è un’incolmabile distanza programmatica?
Può succedere che si trovino accordi, sintesi. Ma non a partire da differenze così enormi. Se no non siamo credibili. Che senso ha vincere se poi uno vuole usare le trivelle e l’altro ha un’idea di transizione ecologica opposta? È serio invece mettere prima le cose in chiaro davanti ai cittadini che votano.
Insomma non è un veto nazionale quello che mettete su Calenda?
Se Calenda vuole distruggere il Movimento, è chiaro che è lui che si autoesclude. Di cosa stiamo parlando? Il nostro obiettivo è costruire, e lo stiamo facendo.
Renzi e Calenda vanno a destra?
Non è detto, andranno dove credono di avere convenienza in un dato momento.
Per Calenda l’asse gialloverde è ancora vivo.
Una menzogna. Non è così da nessun punto di vista.
Che pensa delle elezioni di Putin?
Intanto che non sono elezioni democratiche.
Fra Trump e Biden Conte ha qualche incertezza. Lei?
Non condivido la visione politica e le idee di Trump. Ma l’America è una delle più grandi democrazie del mondo. E ne rispetteremo comunque la volontà popolare. Conte ha fatto un ragionamento più complesso.
Voi fate gli accordi con Schlein solo se a comandare è Conte?
Una brutta illazione. Non è vero. Andiamo alla base delle cose: per un’alleanza si parte da partiti che si riconoscono nella Repubblica e nella Costituzione antifascista. Poi nei valori declinati nei programmi: transizione ecologica, sostegno al reddito, logica di pace portata avanti a livello europeo, sostegno alle famiglie più deboli, sanità pubblica, la lotta contro l’autonomia differenziata. Se siamo d’accordo fin qui, in un comune o in una regione si trovano gli interpreti migliori del programma.
Ma non sulle armi all’Ucraina.
Ci possono essere temi che dividono. Ma guardi che il Pd e M5s si sono presentati separati alle politiche. Perché negli ultimi mesi del governo Draghi ci sono state difficoltà programmatiche molto profonde.
Avete fatto cadere Draghi.
Questa è una semplificazione. C’è stato un concorso di cause. Comunque oggi ciascuno è arrivato in parlamento con i propri numeri. Ora abbiamo ripreso il dialogo interrotto, e iniziato con il Conte II. Ripartiamo da lì. Con Schlein le cose vanno meglio di prima. Pd e M5s non saranno mai la stessa cosa, ma non è che ogni volta che non siamo d’accordo si apre una crisi e si torna nemici. Sull’autonomia differenziata andiamo d’accordissimo, su altri temi cerchiamo una sintesi. A solo un anno e mezzo dalle politiche, abbiamo già fatto moltissimo.
Armi all’Ucraina, che sintesi c’è fra il sì e il no?
La situazione è tanto complessa, quanto drammatica. Quello che sottolineiamo è che serve uno sforzo diplomatico maggiore che finora, purtroppo, è mancato. Abbiamo sentito il papa parlare della bandiera bianca da alzare da un lato, e il presidente francese parlare dell’invio di truppe in Ucraina dall’altro. Dire semplicemente armi sì o armi no banalizza il dibattito pubblico su una situazione complessa e delicata. La risposta è trovare la strada che metta tutti attorno a un tavolo: magari potesse farlo l’Europa con una politica estera comune. Anche nella Nato. Che supporti l’Ucraina ma che vada nella direzione di chiudere questa guerra. Anche perché più va avanti più Putin si rafforza.
Come si sceglie il leader fra Pd e M5s?
Non c’è ancora il premierato. Ogni forza politica ha il suo leader e il suo percorso.
Il referendum compatterà un fronte del No vincente, come nel 2016?
Io penso che l’Italia non è favorevole al premierato. Dobbiamo da subito iniziare una campagna, e spiegare l’impatto istituzionale negativo che può provocare, tanto più in combinato con l’autonomia differenziata.
La maggioranza è divisa su Putin.
Salvini non si rende conto che il popolo ha sempre ragione, certo, ma il voto deve essere libero per poterlo affermare. Anche in Egitto il popolo vota. Ma parliamo di due popoli che non sono affatto liberi, dove il dissenso viene represso.
Meloni però resta solida.
La gestione del potere li cementifica, nonostante i forti litigi. La sua popolarità è ancora forte, ma in costante calo.
Se Calenda e Renzi vanno a destra, il campo largo l’ha fatto Meloni?
A me queste definizioni non sono mai piaciute. Di qua c’è un fronte politico, dentro il quale si può costruire un’alternativa alla destra. Un’alternativa seria. Ed è quello che stiamo cercando di fare.
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