Il sindaco di Roma ha portato al termine un cambio in giunta che ha creato tensioni per la scarsa condivisione. Ma l’obiettivo principale resta il completamento delle opere entro il 24 dicembre data d’inizio dell’Anno Santo
I cantieri sono ancora aperti, il traffico è impazzito e l’apertura della Porta Santa è prevista solo tra un mese e mezzo circa, la sera del 24 dicembre. Ma l’ottimismo non manca al sindaco di Roma, un po’ perché non c’è alternativa e un po’ perché l'avanzamento dei lavori è incoraggiante.
Una certezza è comunque scolpita nella pietra della politica romana: l’anno del Giubileo vale altri cinque anni al Campidoglio. O al contrario l’addio alla poltrona da primo cittadino.
Roberto Gualtieri ha già detto di volersi ricandidare. E vuole farlo con la migliore carta possibile: il successo dell’Anno Santo che i cittadini romani vedono avvicinarsi con preoccupazione. Una scommessa complicata per il primo cittadino.
Certo, ci sono altri dossier, per esempi il capitolo rifiuti su cui l’amministrazione Gualtieri si appunta la stelletta al petto di aver ripulito la città e di volerlo fare ancora di più negli anni a venire. Ma i “secchioni” della spazzatura svuotati sono nulla rispetto alla sfida titanica in arrivo, la capitale per un anno sarà osservata speciale, causa Giubileo.
Nuovo passo
L’ex ministro dell’Economia ha imbracciato la chitarra, che ama suonare in pubblico, per alleggerire la sua immagine, dismettendo i panni dell’algido intellettuale di sinistra, tutto libri e dossier economici. Il cambio di passo non ha mancato di alimentare, di contro, le ironie social. «Ma questo nuovo approccio sta funzionando, c’è stato un cambio di passo. Oggi non è solo un sindaco razionale, ma appassionato del suo lavoro», è lo spin comunicativo veicolato dall’inner circle di Gualtieri. Che d’altra parte viene criticato tra gli alleati – anche all’interno del Pd di Roma – non per la passione chitarristica, ma per un certo «cesarismo», tanto per restare nell’ambito romano.
«Serve più condivisione», è il messaggio recapitato al Campidoglio dai vertici dem della Capitale che hanno investito del caso direttamente la segretaria Elly Schlein quando c’è stato un mini rimpasto a ottobre. Dal Gualtieri silenzioso e mediatore all’uomo solo al comando il salto è un triplo carpiato con avvitamento. Ma c’è chi lo sussurra in più di qualche corridoio. Il sindaco di Roma cerca di volare alto, per aggirare le polemiche, e diffondere il mood ultra positivo sull’anno giubilare, sfidando la preoccupazione dei cittadini sulla capacità di Roma a reggere l’urto dell’assalto di 35 milioni di pellegrini in arrivo nei prossimi dodici mesi.
Lo sguardo è rivolto soprattutto ai trasporti, bus e metro, che nella quotidianità non hanno precisione propriamente svizzera. Di sicuro i nuovi treni della metropolitana e i nuovi bus hanno richiesto una procedura lunga. Non potranno essere a disposizione per il Giubileo. La flotta di altri mille sarà pronta per il 2025. Gualtieri ha annusato l’aria e ha tirato fuori dal cilindro un piano B: «Più smartworking per tutti a Roma nel 2025». Il dialogo è avviato con i vari interlocutori, ora serve il bollino ufficiale del governo dopo un confronto con il ministro della Pubblica amministrazione, Paolo Zangrillo.
Seppure in maniera indiretta il Movimento 5 stelle (in consiglio comunale è all’opposizione) gli ha fatto un favore con la proposta del capogruppo alla Camera, Francesco Silvestri, di una legge che «incentivi» lo smartworking sia nel pubblico che nel privato. «I romani moriranno nel traffico, perché ci sono ancora i cantieri del Giubileo, quelli del Pnrr e non voglio che arrivino a odiare il Giubileo», ha detto il parlamentare del M5s. Un paradosso: la critica dei pentastellati alla capacità di gestire l’Anno Santo diventa l’assist per il progetto di Gualtieri di decongestionare il traffico.
Termine lavori
E se per i trasporti occorre arrangiarsi con quello che c’è, le prossime settimane sono cruciali per la chiusura dei cantieri: è attesa una volata. C’è un documento che circola negli uffici comunali di Roma ed è quello della lista degli interventi da ultimare entro dicembre. Il mantra trasmesso è: «Valorizzare i lavori che termineranno prima del cronoprogramma previsto dal dpcm scritto con il governo». Ricordando, al contempo, che è in corso la maxi-operazione di 14 miliardi di euro con cui sono state messe insieme tutte le risorse destinate alla città, dal Pnrr in giù, per rifare il look a Roma. Il Giubileo, nella visione del sindaco, è il primo step di qualcosa di più ampio. Un’ambizione smisurata, secondo la versione dei detrattori.
Il dato più “forte” del documento - rilanciato dagli avversari - racconta che fino alla fine di ottobre sono state concluse appena 4 opere, tra cui il rifacimento dei Fori imperiali alla riqualificazione della stazione ferroviaria di Fiumicino aeroporto. Il resto? Atteso da qui alle prossime settimane. Nell’entourage di Gualtieri prevale comunque l’ottimismo: la raffica di chiusura cantieri da qui a fine dicembre dovrebbe stupire la popolazione.
L’elenco di cantieri in via di chiusura mette paura: il rifacimento del sottovia di piazzale Pia (una delle spese più onerose con 85 milioni di euro), la riqualificazione delle aree vicine al Vaticano, quindi di piazza del Risorgimento e della stazione San Pietro, la risistemazione delle Vele di Tor Vergata per gli appositi eventi, il rinnovo del Ponte dell’Industria (tra Ostiense e Trastevere).
Una tra le varie è la riqualificazione di piazza San Giovanni: dovrebbe essere ultimata entro la fine anno, in anticipo sulla tabella di marcia che prevedeva la chiusura nel secondo trimestre del 2025. E viene annotato un altro elemento dal Campidoglio: «La cittadinanza ha già digerito i disagi provocati dai cantieri, senza troppa insofferenza».
Operazione rimpasto
Proprio in vista dell’Anno Santo è stato ultimato un cantiere tutto politico: la blindatura della maggioranza, innescata per una decisione personale come le dimissioni di Miguel Gotor da assessore alla Cultura con un rimpasto compiuto dietro la regia della mente politica dell’amministrazione Gualtieri, Claudio Mancini, deputato del Pd e abile conoscitore di trame politiche. Più di un’eminenza grigia, è l’uomo che scioglie i nodi al sindaco di Roma.
I cambi in giunta non hanno mancato di alimentare tensioni interne al Pd romano per un’operazione troppo solitaria condotta da Gualtieri, accusato di non aver coinvolto adeguatamente il partito. Un avvertimento per il futuro, anche perché non sono esclusi nuovi cambi in giunta. Ma da potenziale problema, il passo indietro di Gotor è stato usato come strumento per rafforzare il profilo dell’amministrazione.
L’innesto di Massimiliano Smeriglio come assessore alla Cultura ha messo in giunta un profilo esperto, conoscitore della macchina amministrativa. Negli anni di Nicola Zingaretti alla regione Lazio era l’uomo-macchina, quello chiamato a risolvere i problemi. Il blitz ha innescato degli spostamenti.
Andrea Catarci, precedente rappresentante della sinistra in giunta, è andato a capo dell’ufficio «Giubileo delle persone» e il suo posto da assessore al personale Giulio Bugarini, fedelissimo del sindaco di cui è stato capo segreteria. Il domino ha riportato Albino Ruberti proprio al ruolo di capo segreteria: il dirigente ha superato lo scandalo del 2022 delle minacce a Francesco De Angelis. Al Campidoglio hanno tirato tutti un sospiro di sollievo.
Al netto di quel fatto, è considerato una figura fondamentale nei gangli amministrativi e burocratici di Roma Capitale. E qui c’è stato il problema di «eccessiva gualtierizzazione della giunta», mugugnano. Filiberto Zaratti, deputato di Alleanza verdi-sinistra e uomo forte di Europa Verde nel Lazio, ha chiaramente detto che Smeriglio non è da considerare uno dei loro: «Non fa parte della nostra dirigenza».
Sia come sia dal Campidoglio hanno portato a casa il bottino, decisivo per compiere l’altra grande operazione di consolidamento della giunta Gualtieri: il superamento – almeno della formulazione iniziale – della Ztl Fascia Verde, il rafforzamento dei divieti di circolazione dei veicoli più inquinanti. Il movimento di protesta ha fatto leva sulla discriminazione delle periferie: l’installazione delle telecamere in oltre 50 punti della città – come previsto inizialmente – avrebbe fatto scattare una raffica di multe per chi ha si sposta con automobili, proprio perché non piò acquistarne di nuove. I ceti più deboli.
Il sindaco di Roma ha sfumato la posizione. E sfruttando i dati dell’inquinamento in miglioramento, ha rinviato il provvedimento. Che, al netto delle dichiarazioni pubbliche, difficilmente vedrà la luce prima della fine di questo mandato di Gualtieri. A meno di non fare un regalo alla destra all’urlo della sinistra radical chic che colpisce le periferie.
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