Il segretario leghista sta facendo fatica a comporre le liste per le europee. Forza Italia e FdI partono con il traino della corsa di Tajani e Meloni
Il tempo stringe, gli avversari interni alzano i decibel dei mugugni. E gli alleati lasciano Matteo Salvini sempre più all’angolo. Il leader della Lega sta cercando i nomi giusti per compilare le liste delle europee di giugno, ma stenta a ingranare la marcia giusta. Certo, ha incassato l’intesa con l’Udc di Lorenzo Cesa, ma l’operazione è stata giudicata troppo spericolata dai dirigenti del Nord. La Lega si affida quindi a sortite spot, mentre Forza Italia e Fratelli d’Italia proseguono spediti verso la definizione delle loro squadre. Guidate dai capitani.
Leader in corsa
L’annuncio della candidatura di Antonio Tajani è infatti previsto nei prossimi giorni. La data cerchiata in rosso è il 20 aprile, quando è stato convocato il consiglio nazionale di Forza Italia. Il ministro degli Esteri dovrebbe sciogliere la riserva, nel partito la cosa è data per certa. La settimana dopo, invece, è attesa la decisione definitiva di Giorgia Meloni. Anche qui nessuno immagina un ripensamento dalla discesa in campo in prima persona. Il suo nome, stando ai sondaggi, rappresenta un traino di qualche punto per Fratelli d’Italia.
Così Salvini resta l’unico leader del centrodestra defilato nella competizione di giugno, nonostante sia quello che rischia maggiormente. L’affanno politico si traduce nella scarsa attrattività del suo partito. Un tempo ci sarebbe stata la fila per candidarsi. Alcuni ci provano dai territori, sebbene siano profili meno noti: dal Friuli-Venezia Giulia arriveranno l’eurodeputata uscente, Elena Lizzi, l’assessore regionale, Stefano Zannier e la sindaca di Monfalcone (Gorizia), Anna Maria Cisint. La telenovela con il generale Roberto Vannacci ha finora creato solo dissapori, senza alcun valore aggiunto.
Al nord ribolle ancora il magma del malcontento. Dalla sezione di Travagliato, in provincia di Brescia, è stata inviata un’altra lettera a Salvini per chiedere un cambio di rotta. Si tratta di una sezione storica della Lega, fondata nel 1992, e ancora oggi ha una sede fisica (insieme a poche altre nel bresciano). Prosegue poi la fuga alla spicciolata dal partito di Salvini: il consigliere regionale in Piemonte, Claudio Leone, ha annunciato l’addio. Addirittura Giancarlo Giorgetti, a modo suo, si è fatto portavoce dei malumori sull’alleanza con l’estrema destra in Europa. «Mi sembra che negli ultimi eventi pubblici Alternative für Deutschland non ci fosse, sul palco», ha detto il ministro dell’Economia sollecitato sulla vicinanza della Lega con l’Afd tedesca.
Se al Nord e nell’Ue va male, altrove va anche peggio: in Umbria il capogruppo in consiglio regionale, Stefano Pastorelli, ha salutato il partito, portandosi dietro altri dirigenti locali. Perciò in molti si guardano bene dal mettere la faccia su una corsa con poche chance. Nel partito danno per scontato che non scatteranno eletti nelle isole. L’ex presidente della regione Sardegna, Cristian Solinas, è stato gettato nella mischia come ipotesi.
Opa forzista
Ma dopo la delusione della mancata ricandidatura alle regionali è complicato accettare sfide politiche azzardate. Salvini, intanto, la butta sulle promesse, rilanciando la battaglia per il ritorno all’energia nucleare: «Se vogliamo abbassare la bolletta energetica dobbiamo tornare nel contesto civile e sviluppato del nucleare, che nella forma ultima è assolutamente pulito e sicuro».
Forza Italia invece inanella candidature che stanno proiettando il partito al centro della scena, almeno nella coalizione di centrodestra. L’adesione di Paolo Damilano, ex candidato sindaco civico a Torino, ha rappresentato un colpo apprezzato addirittura dai detrattori di Tajani.
Nel frattempo, il deputato e coordinatore regionale in Lombardia, Alessandro Sorte, ha presentato in pompa magna la candidatura alle europee dell’ex golden boy leghista, Marco Reguzzoni, con FI, completando l’operazione di Forza Nord, il nucleo di ex leghisti migrato sotto le insegne forziste. «Nessuna opa sulla Lega, abbiamo un’identità che si rifà al Ppe, ai moderati, ai liberalizza i riformisti», ha minimizzato Sorte, che comunque ha rilanciato la sfida anche sull’Autonomia differenziata: «Siamo il partito più autonomista, che tutela l’autonomia locale».
Meloni sta invece valutando le mosse con relativa calma. In lista come big dovrebbero esserci lei e pochi altri, per non lanciare mezzo governo in campagna elettorale. L’obiettivo è quello di dare spazio ai candidati che possono approdare nell’Europarlamento e garantire piena lealtà alla linea di Fratelli d’Italia. «Daremo davvero spazi ai territori», è la posizione che filtra dal partito della premier. Che sembra una puntura di spillo a chi, come la Lega, sui territori ha fondato la propria ragione sociale.
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