- Il primo atto da ministro di Salvini è stato l’incontro con il comandante della Guardia costiera, l’ammiraglio Carlone. Così ha lanciato un messaggio politico alla premier Giorgia Meloni: non vuole cedere sulla gestione dei porti.
- Nella nota diramata al termine del colloquio c’è stato l’esplicito riferimento alle «due imbarcazioni ong» presenti «in area Sar libica». Un atto di «propaganda» secondo l’opposizione.
- Resta da definire il ruolo esatto del ministero del Mare, affidato a Nello Musumeci, che al di là dell’attribuzione delle deleghe resta la sentinella di Meloni a guardia delle politiche di Salvini.
Il primo atto da ministro di Matteo Salvini è stato l’incontro con il comandante generale della Guardia costiera, l’ammiraglio Nicola Carlone. Un appuntamento presentato con tanto di foto a corredo, con la presenza del fedelissimo Edoardo Rixi, che potrebbe diventare suo vice. Appena si è insediato al ministero, Salvini ha voluto lanciare un messaggio politico agli alleati e, in particolare, alla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni: la vera priorità del ministero delle Infrastrutture e delle mobilità sostenibili (Mims), che gestisce un ampio spettro di competenze, è quella di varare anche misure contro gli sbarchi dei migranti. In sintesi: prima i migranti e poi i cantieri. Nel frattempo, però, continua a rilanciare il progetto del Ponte sullo stretto: «È uno dei miei obiettivi e creerebbe oltre centomila posti di lavoro», ha detto il ministro a Porta a porta.
In materia di porti il leader della Lega è intenzionato quindi a esercitare tutti i suoi poteri, senza alcuna delimitazione del campo, come paventato nelle settimane scorse. Ieri, sempre a Porta a porta, ha risposto così alla domanda se il nuovo ministero del Mare, affidato a Nello Musumesi, toglierà alle Infrastrutture la competenza sui porti: «Assolutamente no».
La loro chiusura, almeno nella propaganda mediatica (considerando che nella realtà non è mai avvenuto), ha rappresentato un cavallo di battaglia fin dai tempi del primo governo Conte, quando era ministro dell’Interno e doveva confrontarsi con l’allora ministro Danilo Toninelli.
A malincuore, nella trattativa per la formazione del governo, ha rinunciato all’opzione preferita, quella del ritorno al Viminale. Ma non ha messo da parte la volontà di gestire il capitolo delle politiche migratorie, che anche in campagna elettorale è stato presente in vari interventi, e anche nelle locandine social, criticando la linea della ministra Luciana Lamorgese.
Contro gli sbarchi
Nella stringata nota diramata nella mattinata di ieri, il colloquio tra Salvini e l’ammiraglio Carlone è stato definito «lungo e proficuo», facendo ricorso, in un primo momento, a una terminologia di rito. Nella parte conclusiva è stato però esplicitato il senso più politico: l’incontro è servito, si legge, «anche per fare il punto della situazione proposito di immigrazione».
«Attualmente», ha fatto sapere Salvini, «in area Sar libica ci sono due imbarcazioni ong». Nonostante l’avvicinarsi della stagione invernale, che tende a rallentare le partenze, sono possibili sbarchi che il ministro delle Infrastrutture ha intenzione di fermare con i mezzi sperimentati in passato. E ora può contare sulla sponda del ministero dell’Interno, dove si è insediato Matteo Piantedosi, suo ex capo di gabinetto proprio al Viminale.
La ricostituzione di questo asse, per il segretario della Lega, è l’occasione per avviare una massiccia campagna comunicativa sul contrasto all’immigrazione. La strategia è stata denunciata dal deputato dell’alleanza Verdi-sinistra italiana, Nicola Fratoianni, che ha sottolineato la ripartenza di una «cinica campagna di propaganda contro i migranti», lanciando l’appello affinché l’Italia non sia «corresponsabile di una strage disumana».
L’argine del Mare
La battaglia navale di Salvini non è frenata da qualche flebile voce che si leva dall’opposizione. Il possibile vero ostacolo è l’istituzione del ministero del Mare che affianca quello del Sud, guidato da Nello Musumeci. Una novità voluta da Meloni in persona.
Si torna così alla questione dello scontro sull’attribuzione delle deleghe, già emersa dopo la formazione del governo. A palazzo Chigi si sta valutando quali funzioni attribuire al nascente dipartimento di Musumeci e quali no. La prerogativa sui porti è tra i temi in discussione.
Dallo staff dell’ex presidente della Regione Sicilia non trapela nulla, anche perché deve ancora assumere il comando della struttura. La prossima settimana il quadro dovrebbe essere più chiaro. Il dicastero è comunque chiamato ad assorbire le competenze che prima facevano capo al ministero dell’Ambiente, diventato nel frattempo della Transizione ecologica e ora dell’Ambiente e sicurezza energetica.
Nell’attesa della definizione esatta del perimetro delle competenze, sotto l’egida di Musumeci finirà la parte del confronto del mare e delle coste. Per questo il dipartimento di palazzo Chigi avrà il compito di sovrintendere politicamente l’azione del reparto ambientale marino del corpo delle Capitanerie di porto, articolato in vari uffici, che si occupa della tutela delle aree marine protette, contro gli abusi demaniali e del contrasto all’inquinamento. In qualche modo, insomma, agirà in sinergia con la gestione dei porti.
La questione non può essere derubricata a un mero tecnicismo, perché è principalmente politica: in caso di “chiusura dei porti”, Musumeci dovrà essere informato, sarà chiamato quindi a esercitare un ruolo nella vicenda in virtù delle competenze che gli spettano sulle aree marine.
Si tratta di una sorta di cuscinetto tra Salvini e Piantedosi, una sentinella a guardia di eventuali sortite eccessive in materia di immigrazione. In ogni caso, Meloni non ha intenzione di intensificare l’accoglienza: in campagna elettorale ha parlato addirittura di blocco navale. Eppure, non vuole concedere carta bianca all’alleato su un dossier delicato e su cui il leghista è intenzionato a rilanciare i consensi del suo partito.
Vantaggio tecnico
Dalla Lega, comunque, il mantra è quello auto-rassicurante, secondo cui non ci sarà alcun depotenziamento del Mims sulla gestione dei porti. Nessun timore che Musumeci possa rappresentare una limitazione in tal senso.
A favore di Salvini gioca peraltro un fattore organizzativo: sarebbe praticamente impossibile spostare in un ministero senza portafoglio le competenze della gestione dei porti. Occorre una struttura apposita che dovrebbe essere messa in piedi in maniera in fretta e furia, né è tanto meno immaginabile l’imponente operazione del trasferimento di massa dell’organico del Mims al ministero del Mare.
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