Fratelli d’Italia si è posta in assetto da difesa intorno a quanto già detto da Giorgia Meloni a Rete 4: quello che ha investito il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, è solo gossip, perché per la quasi consigliera Maria Rosaria Boccia non è stato speso denaro pubblico né lei ha avuto accesso ad atti riservati. Lo ha ribadito il ministro in un comunicato, lo ha ripetuto il responsabile dell’organizzazione Giovanni Donzelli.

Eppure, il clima continua ad essere rovente e c’è la consapevolezza che la questione sia tutt’altro che chiusa. Anche se la premier non fa diretto riferimento al caso, durante l’esecutivo di partito ha detto che «noi stiamo facendo la storia, dobbiamo esserne tutti consapevoli. E questo non prevede né pause né soste, ma tanto meno può consentire errori e passi falsi» perché «nulla ci verrà perdonato». Impossibile che a Sangiuliano non siano fischiate le orecchie, anche se ha spergiurato di aver pagato di tasca propria qualsiasi spesa di Boccia e di poter esibire estratti conto. Di questo, comunque, sarà chiamato a rendere conto nelle interrogazioni che le opposizioni sono pronte a depositare.

Nella serata del 4 settembre, poi, è arrivata una lunga intervista al Tg1 di Gian Marco Chiocci per tentare di stabilire la sua verità: «mai un euro del ministero è stato speso per la dottoressa Boccia, ho pagato io», ha detto mostrando i pagamenti per viaggi e alloggi sulla sua carta di credito e Boccia «non è entrata in possesso di alcun documento sulla sicurezza del prossimo G7 della Cultura». Sangiuliano ha ammesso di avere avuto «un rapporto di tipo affettivo» e che anche per questo non le ha più conferito l’incarico, ma ha detto di «non essere ricattabile» e di aver offerto le sue dimissioni a Meloni, che le ha rifiutate. Emozionato, poi, ha porto le sue scuse «alle persone a me vicine coinvolte, loro malgrado, in questa storia». E c’è da aspettarsi una replica via social della diretta interessata.

Tuttavia al vertice di via del Collegio romano l’ultimatum è arrivato alla fine del faccia a faccia di martedì: per ora rimane al suo posto, ma se Boccia pubblicherà qualcosa di compromettente Meloni lo lascerà andare. E, puntuale come ormai ha abituato la stampa, l’imprenditrice di Pompei nella notte ha pubblicato sul suo profilo Instagram una nuova tranche di e-mail contenenti l’invio delle carte di imbarco sue e di Sangiuliano da parte della segreteria ministeriale e un audio di lei che parla con un membro dello staff. Poi un post in cui sottintende di aver parlato al telefono col ministro e la richiesta che smetta di dire cose inesatte sul suo conto. Un segnale, questo, che il suo archivio può ancora far fibrillare il dicastero ma soprattutto il governo.

Il contagio

La questione, del resto, ha iniziato a contagiare indirettamente anche altri soggetti dell’esecutivo. Nella sua smania di rettificare, smentire e difendersi, infatti, il ministro Sangiuliano ha lanciato segnali inequivocabili. Dopo che la Stampa ha pubblicato la sua lettera di spiegazioni, sulle pagine dello stesso giornale è comparso anche un retroscena zeppo di frasi che il ministro avrebbe detto ai suoi. «Come si fa a chiedere le mie dimissioni quando ci sono altri ministro o membri del governo che hanno situazioni molto più complicate della mia», con un chiaro riferimento alle inchieste a carico di Daniela Santanchè e Andrea Delmastro.

Una su tutte, rispetto al fatto che Boccia ha viaggiato nell’auto ministeriale con lui: «Cosa credete che facesse Salvini con la Isoardi? E poi con la Verdini, anche prima di stabilizzare la loro relazione?». Proprio quest’ultima, forse la più sgradevole, ha meritato una precisazione che è stata di fatto una conferma della veridicità di tutte le frasi riportate: «Con riferimento alle dichiarazioni riportate, noto con rammarico che un mio ampio ragionamento sull'obbligo che noi abbiamo di utilizzare per i nostri spostamenti solo auto poste a tutela dell'autorità, per cui chi ti accompagna deve essere con te, è stato travisato. Non era certamente mia intenzione attaccare l'onorevole Salvini».

Se la difesa è quella di bollare tutto come «gossip», così Sangiuliano ha anche chiarito quale è la sua linea di attacco: far notare a Meloni che in pancia al suo esecutivo ci sono situazioni ben più spinose della sua e che la condotta che oggi gli si rimprovera è prassi comune anche per altri. Tradotto: il ministro è deciso a resistere, resistere, resistere.

Altre ombre

Eppure, dopo le ultime rivelazioni, un’altra ombra si sta allungando non solo sul ministro ma anche sul suo staff. Sarà anche vero che nella gestione del rapporto con Maria Rosaria Boccia non si configuri alcun reato (come il peculato, nel caso in cui il ministero avesse pagato per le sue trasferte), ma la aspirante consigliera è entrata in parlamento e al ministero indossando un paio di occhiali con videocamera e ha registrato video all’interno nonostante i divieti, come dimostrano alcune storie da lei pubblicate sui social, su cui indaga il Comitato sicurezza della Camera. L’interrogativo, dunque, è se sia così facile bucare la sicurezza delle istituzioni e se basti la parola del ministro per aprire le porte a chiunque, senza effettuare alcun controllo o verifica.

Sui giornali di centrodestra ma anche tra i parlamentari, infatti, inizia a serpeggiare una domanda: e se Boccia avesse avuto interessi ulteriori per raccogliere materiale audio-visivo e se, oltre all’affetto tradito da Sangiuliano, avesse altri motivi per agire? Se esistesse un fantomatico mandante a cui lei rispondeva e per cui raccoglieva informazioni? Fantasie da 007, forse, ma anche nel fronte FdI si sta insinuando il dubbio che la storia possa avere ulteriori livelli di lettura. E, se così fosse, sotto accusa dovrebbe finire l’intera struttura ministeriale oltre al ministro.

Intanto, è stato avvistato al ministero della Cultura il presidente della Fondazione Maxxi Alessandro Giuli, amico di Sangiuliano ma anche considerato in prima fila per succedergli, se le cose dovessero precipitare.

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