Il ministro inizialmente non ha chiarito tutti gli aspetti della vicenda. Così la premier, furiosa per la smentita di Boccia, ha dettato la linea. L’umiliazione è servita a spiegare che la presidente non ha mentito
Una strategia comunicativa con un solo obiettivo: proteggere Giorgia Meloni. La linea decisa a palazzo Chigi all’indomani delle prime indiscrezioni uscite sul caso che ha coinvolto il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano e la consigliera fantasma Maria Rosaria Boccia, inizialmente mirava a proteggere il numero uno di via del Collegio romano.
Poi, col passare dei giorni, anche a causa dell’iperattività del ministro, l’obiettivo è cambiato. I non detti, le mezze verità, l’imprevedibile campagna social di Boccia, hanno convinto la presidente del Consiglio e i suoi più stretti consiglieri ad abbandonare Sangiuliano al proprio destino. Spingendolo però a rilasciare l’intervista al Tg1 in cui ha ammesso i suoi “errori sentimentali” e ha ribadito che, nonostante questo, non c’è stato alcun esborso di denaro pubblico. A pagare per le trasferte della donna, insomma, è stato sempre solo il ministro stesso, mai il ministero. Un passaggio necessaria per dimostrare che Giorgia Meloni, nella sua intervista a Paolo Del Debbio su Rete 4, non ha mentito.
Le tappe della vicenda
Il primo confronto Meloni-Sangiuliano è avvenuto il 30 agosto, a margine del primo Consiglio dei ministri dopo il rientro dalla pausa estiva. In quell’occasione il ministro non avrebbe dato alla premier tutti gli elementi. Una leggerezza che Meloni avrebbe pagato di lì a qualche ora. Lunedì sera, durante l’ospitata a Dritto e rovescio, la presidente del Consiglio, a domanda, ha risposto che Sangiuliano «mi garantisce che questa persona non ha avuto accesso a nessun documento riservato e soprattutto mi garantisce che neanche un euro degli italiani è stato speso per questa persona». In contemporanea, però, su Instagram andava in scena il fact-checking di Boccia che pubblicava dei documenti relativi al G7.
A quel punto Meloni, furiosa, ha convocato il ministro a palazzo Chigi. L’incontro si è svolto nel pomeriggio di martedì per dare il tempo di rientrare al sottosegretario Giovanbattista Fazzolari, punto di riferimento della premier per tutto e, dall’addio di Mario Sechi, coordinatore della comunicazione. Nel frattempo, però, Sangiuliano aveva già avuto un colloquio con la Stampa. Che mercoledì ha pubblicato uno sfogo del ministro (indicandolo come “retroscena”), non concordato con la presidente del Consiglio.
Il confronto a Chigi è stato tutt’altro che sereno. Meloni si è sentita ingannata. Perché il ministro l’ha esposta al pubblico ludibrio e alla smentita in diretta di Boccia? Dopo lo sfogo, la premier e il suo braccio destro si fanno raccontare per filo e per segno cosa può avere ancora in mano la consigliera fantasma e decidono la linea.
La strategia ha tre obiettivi: il primo e il più importante è quello di difendere Meloni a tutti i costi. Non deve passare l’immagine che la premier abbia detto il falso. A questo scopo, fin dal primo pomeriggio, vengono diffusi tramite AdnKronos – di cui era direttore fino all’anno scorso Gian Marco Chiocci, amico di Meloni scelto per guidare il Tg1 – gli estratti conto del ministro che dimostrano che è stato lui a pagare.
Durante il colloquio con il Tg1, Sangiuliano spiegherà anche che i documenti che ha pubblicato Boccia sono di importanza secondaria. Insomma, anche su questo aspetto Meloni avrebbe detto il vero. Il secondo intento è punitivo – chi ha assistito al rientro di Sangiuliano al ministero lo descrive particolarmente provato – anche per trasformarlo in un esempio.
«Non sono consentiti errori» ha detto d’altra parte Meloni durante la direzione di FdI. Per averne prova basta guardare il servizio. Il direttore del Tg1 ha firmato un’intervista tutt’altro che difensiva, indugiando anche sui dettagli meno politici della vicenda, come la tipologia di rapporto che Sangiuliano intratteneva con Boccia.
Il terzo obiettivo era quello di provocare compassione nel pubblico. E anche quello, guardando l’intervista, emerge chiaramente quando l’ancora ministro chiede scusa e quasi scoppia in lacrime. «Nessuna pietà, doveva essere una via Crucis» dice chi ha seguito la stesura della strategia.
Resta il fatto che a Boccia non sembra essere passata la voglia di dire la sua, tanto che ha deciso di concedere un’intervista alla Stampa oggi in edicola (ieri sera è stata diffusa un’anticipazione) e si parla di sue possibili ospitate televisive.
Secondo Sangiuliano restano da diffondere solo le chat «con i cuoricini», quelle «relative a una relazione affettiva». Ma la prospettiva di una nuova puntata della soap opera di fine estate agita ancora palazzo Chigi, e nel pomeriggio di ieri si sono diffuse voci di dimissioni imminenti del ministro.
I nomi per il dopo sono sempre gli stessi: Alessandro Giuli, Gianmarco Mazzi e c’è chi evoca anche Pietrangelo Buttafuoco e Eike Schmidt. «Ora che ha espiato le sue colpe sacrificandosi per la premier non è opportuno che Sangiuliano arrivi al G7» è il ragionamento. Soprattutto con altre rivelazioni scottanti all’orizzonte.
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