Lo scrittore: «Il mio è un reato d’opinione». La giudice ha riconosciuto le attenuanti generiche. «In questi mesi il governo ha tentato di intimidire quelli di cui teme la voce. Come Orbán»
Alla fine Giorgia Meloni ha ottenuto la condanna di Roberto Saviano. Ieri la giudice, dopo essersi ritirata a riflettere per oltre un’ora e mezza, ha inflitto allo scrittore mille euro di multa per l’accusa di aver diffamato la presidente del Consiglio. Nel 2020 il giornalista aveva usato il termine «bastardi» per definire lei e Salvini, di fronte alle immagini del dolore della madre del piccolo Yusuf, un neonato morto tra le onde del Mediterraneo.
Il giornalista, al quale sono state riconosciute le attenuanti generiche, dovrà risarcire anche le spese processuali. La giudice ha spiegato di aver capito i «motivi di particolare valore morale», e ha ridotto a un decimo la pena chiesta dal pubblico ministero. Non verrà inserita nel casellario giudiziale. Ma resta una condanna. Dopo la sentenza, Saviano non ha dubbi: «Si sta configurando il reato d’opinione». Il suo avvocato ha detto di attendere le motivazioni e ha preannunciato il ricorso in appello.
«Basta vedere la cancellazione della mia trasmissione» in Rai, ha detto Saviano. «In questi mesi il governo ha tentato in tutti i modi di fermare, intimidire non tutti, ma solo coloro di cui temono la voce. Esattamente come fa Orbán».
Il processo
Il pubblico ministero, Pietro Pollidori, ha chiesto la pena pecuniaria di 10 mila euro perché «quell’espressione non si può usare in nessun contesto», ma la colpa è «di lieve entità».
L’avvocato di Giorgia Meloni, Luca Libra, ha chiesto «per l’offensività del termine» e «la diffamazione per eccessiva gravità, 75 mila euro». Meloni non si è mai presentata al processo. Ma oltre all’assenza, sottolineata più volte dalla difesa, Saviano ha lanciato un’altra accusa contro «il potere che si scherma con il parlamento» quando viene tirato in ballo dalla giustizia, viste le prerogative di deputati e sentori, e invece «usa le querele: davvero non vediamo la sproporzione?»
L’avvocato Nobile nella sua arringa conclusiva ha ribadito che in sede civile non c’è compensazione se non c’è danno, e in sede penale dunque si rischierebbe di fare pagare Saviano senza danno: «L’opinione sociale verso Meloni è migliorata» e guardando gli esiti elettorali «non è andata male» ha ironizzato. Ha portato avanti «l’importanza degli intellettuali e dei giornalisti come “cane da guardia della democrazia” l’ha definita la Corte di Europea dei Diritti Umani (Cedu)». La critica di Saviano «è forte perché è proporzionata». Da questa decisione, ha concluso, si trarrà il futuro del diritto di critica.
La vicenda
Il procedimento risale al 2020, quando l’autore di Gomorra, che si batte da sempre per i diritti dei migranti, nel corso di Piazzapulita, si rivolse con questo epiteto a Meloni e Matteo Salvini: «Vi sarà tornato alla mente tutto il ciarpame detto sulle Ong: “taxi del mare”, “crociere”... ma viene solo da dire bastardi. A Meloni, a Salvini: bastardi, come avete potuto? Come è stato possibile tutto questo dolore descriverlo così? Legittimo avere un’opinione politica ma non sull'emergenza». Libra ha detto che taxi del mare è un’espressione di Luigi Di Maio, ma è vero solo a metà, visto che nel corso dell’udienza è emerso un comunicato del 2015 in cui Meloni la usava per le missioni europee per salvare la vita ai migranti.
Dopo la trasmissione del 2020, Meloni, tramite l’allora avvocato Andrea Delmastro Delle Vedove, che oggi è sottosegretario al ministero della Giustizia, aveva deciso di procedere con la querela. Saviano non ha ritrattato: «Quando un giorno ci si chiederà come è stato possibile lasciar annegare tutte queste persone in mare il mio nome non sarà tra quelli dei complici».
I sostenitori
Davanti all’aula prima dell’ultima udienza si è riunita una piccola folla. Cittadini, giornalisti internazionali, scrittori. Prima di entrare qualcuno ha urlato: «Vai Saviano, non sei solo!». Lui ha ricordato che al suo fianco questa volta non c’era la scrittrice Michela Murgia, morta a seguito di un tumore il 10 agosto, presente in ognuna delle passate udienze. Un legame molto forte testimoniato anche dal fatto che ha voluto Saviano parlasse al suo funerale, anche lei una delle vittime preferite della destra.
L’autore Erri De Luca, presente in tribunale, ha detto a Domani che Murgia «ha fatto pesare la sua presenza, e anche in questo caso la sta facendo pesare. Ha dato il suo braccio a Roberto e sta ancora qui. Assenza non vuol dire dimissioni». Lui non mancherà anche in futuro: «Questo è l’ambito in cui si difende il diritto di parola».
A quanto dice Saviano, servirà a molti: «Vogliono mettere le mani sulle mie economie, sulla mia serenità, ma non accadrà solo a me».
C’è una querela di Giorgia Meloni anche contro Domani, per il racconto su queste pagine di una mail inviata da un imprenditore, Francesco Pietrella, all’allora commissario all’emergenza Covid Domenico Arcuri, per partecipare all’affare delle mascherine (con in copia l’attuale premier) e di una telefonata di Meloni al commissario. Pietrella è oggi deputato di Fratelli d’Italia.
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