- Chiara Braga è presidente dei deputati, Boccia dei senatori. Entrambi vengono acclamati. Ma la minoranza lascia trasparire le perplessità. Simona Malpezzi: «La fiducia deve essere reciproca». Sandra Zampa: «Non accetterò logiche spartitorie».
- Guerini, leader dei riformisti, parla di «forzatura politica sia nell’interpretazione del risultato congressuale che nel rapporto con l'autonomia dei gruppi parlamentari».
- Trattative ancora in corso per la segreteria e per gli uffici di presidenza. La segretaria: scelte personali e non frutto di accordi segreti per raccordare il partito agli eletti nelle camere.
Elly Schlein porta a casa il primo round nella delicata partita dei gruppi parlamentari, tradizionalmente un campo minato per i segretari Pd, figuriamoci per una segretaria eletta “a sorpresa” e che in partenza era sostenuta da meno di un terzo degli eletti nelle camere. L’ex ministro giallorosso Francesco Boccia, ora senatore, e la deputata Chiara Braga, entrambi parlamentari dal 2008, ieri sono stati «acclamati» dai colleghi rispettivamente di senato e camera, in due assemblee in sequenza nel mattino e nel primo pomeriggio. Nessuno dei due è una nuova conoscenza.
La coppia era l’ambo secco che Schlein ha concordato con lo sconfitto Stefano Bonaccini: è la versione che la segretaria ieri ha ripetuto più volte. I due sono stati «acclamati», non votati. È la prassi, se non ci sono altre candidature. Ma è una prassi utile a non “pesare” i maldipancia. Che restano.
Pluralismo, ma ha vinto lei
E che affiorano, attutiti ma chiarissimi, durante i confronti, tanto a palazzo Madama quanto a Montecitorio. Al senato la segretaria introduce andando dritta al punto: «Stiamo lavorando a un assetto complessivo ed equilibrato, rispettoso del pluralismo e dell’esito delle primarie. Per questa ragione ci stiamo sentendo spesso in queste ore anche con Bonaccini. Entro pochi giorni ho intenzione di chiudere gli assetti e tornare a costruire insieme alla nostra comunità democratica proposte politiche alternative alle destre e a parlare dei temi che riguardano la vita delle persone». Boccia, spiega, lo ha scelto «per la sua solidità, capacità politica ed esperienza». Ad aprire le danze è la capogruppo uscente Simona Malpezzi: «Schlein ci ha chiesto la fiducia necessaria per lavorare tutti insieme: condivido e aggiungo che questa fiducia deve essere reciproca».
Palla al balzo colta da Sandra Zampa, già portavoce di Romano Prodi: «Non accetterò logiche spartitorie», avverte, «avrei preferito una rosa di nomi». Stessa musica da Graziano Delrio: «Mi sarei aspettato la possibilità di scegliere». Parla anche Marco Meloni, che guida una corrente nuova di zecca, quella dei neoulivisti: 24 ex sostenitori di Bonaccini che hanno scelto di trattare direttamente con la nuova maggioranza, distinguendosi dai riformisti. Meloni, sodale di Boccia nell’era di Enrico Letta, rivendica appunto un ruolo autonomo per i suoi: «Non esistono le aree con la spunta blu».
Guerini: una forzatura
Una tensione interna all’ex gruppone bonacciniano che si indovina anche alla camera, dove Anna Ascani in sostanza dice di non essere rappresentata dalla minoranza e dai suoi distinguo. Che qui arrivano dalla voce più autorevole, il presidente del Copasir Lorenzo Guerini, uno che in genere parla pochissimo: «Il congresso ha avuto un esito complesso che va interpretato con intelligenza, senza dannose semplificazioni. Ci sono potenzialità innovative importanti, ma anche limiti che vanno approfonditi», insomma Schlein non è la segretaria eletta dai circoli.
«La complessità richiede condivisione se si vuole andare a una prospettiva unitaria e quindi, formulando un mio giudizio di verità per non essere omissivo nel dibattito, ritengo che questo passaggio abbia avuto elementi di forzatura politica sia nell’interpretazione del risultato congressuale che nel rapporto con l’autonomia dei gruppi parlamentari». Traduzione, al netto delle cortesie: un capogruppo doveva andare alla minoranza, e agli eletti sono stati imposti due nomi senza alternative, con tanti saluti al rispetto dell’autonomia dei parlamentari. Ma il sì alla gestione unitaria arriva, dopo qualche tentazione diversa.
Di «unità e pluralismo» parla anche Claudio Mancini. È l’algoritmo che Schlein deve inventarsi per far funzionare il raccordo fra gruppi parlamentari e il suo partito di lotta. Se la segretaria ascolterà le obiezioni lo si vedrà nella composizione della segreteria e degli uffici di presidenza, entro la prossima settimana.
Per la segreteria ancora qualche nome balla. Sembrano certi Alessandro Zan responsabile dei diritti, ed è già una scelta che farà storcere la bocca a mezzo partito contrario alla Gestazione per altri (nel confronto al senato si è parlato del tema); più pacifiche le scelte di Marco Sarracino all’organizzazione, Stefania Bonaldi agli enti locali, Antonio Misiani all’economia; ci saranno anche Michela De Biase, Andrea Pacella, Alfredo D’Attorre (già Art.1), Marta Bonafoni (non iscritta) e Davide Baruffi, quest’ultimo bonacciniano di ferro. Possibili due vicesegretari: Pina Picierno, già in ticket con Bonaccini e ora spinta dagli “ulivisti”, e Marco Furfaro, di stretta fiducia di Schlein. Ma c’è anche l’ipotesi di Peppe Provenzano, ex numero due di Enrico Letta.
Che è dato in corsa anche per il dipartimento esteri, fin qui attribuito dai boatos ad Alessandro Alfieri, ex diplomatico, area minoranza. «Posso dare una mano anche senza incarichi formali», è l’unico commento di Provenzano.
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