Dopo il voto ligure non ha ancora parlato al telefono né con Matteo Renzi né con Giuseppe Conte perché, spiega la segretaria Elly Schlein, «mi sono ributtata sul lavoro». Lo farà, assicura, «ci sentiremo presto». Ci crediamo, le cose da dirsi non mancano.

Sulla sconfitta del centrosinistra in Liguria lei ha detto «Scontiamo le difficoltà degli altri». Cosa intende?

Ha vinto Bucci, abbiamo perso anche se di poco, e con un grande contributo di Andrea Orlando: lo si è visto nei voti che ha preso, anche al di là delle liste. Anche il Pd ha dato il massimo, è cresciuto di più di due punti dalle europee, è il primo partito in Liguria, ha doppiato FdI, rispetto alle regionali è cresciuto di nove punti. Purtroppo non bastiamo, anche quando cresciamo così forte. In questo senso scontiamo le difficoltà degli altri. Dobbiamo tutti darci da fare. Vorrei che tutti sentissero la responsabilità di costruire coalizioni competitive per battere le destre. Mi auguro che questo risultato faccia riflettere tutte le forze alternative alla destra, come fa riflettere noi.

Per Orlando «serve un assetto coalizionale stabile». È d’accordo?

Certo. E dall’inizio del mio mandato che lavoriamo in questa direzione. Serve una coalizione. Il Pd cresce, ma non siamo autosufficienti. E ci sentiamo la responsabilità, da prima forza dell’opposizione, di costruire una coalizione con altre forze, e di farla attorno a un progetto chiaro. Abbiamo messo a disposizione cinque priorità: la sanità pubblica, da difendere dai tagli della privatizzazione, la scuola pubblica, punita con un taglio di 6mila insegnanti e 2mila tecnici-amministrativi, il lavoro dignitoso, su cui abbiamo già fatto alcune iniziative comuni; le politiche industriali, che mancano a questo governo e che servono per guidare la conversione ecologica e digitale; e i diritti sociali e civili. Ma il lavoro è già iniziato: a Genova, sul palco, si sono sentite parole comuni.

Su quello che non ha funzionato in Liguria promuoverà un chiarimento o un confronto fra forze politiche?

Per ora siamo pancia a terra. Fra venti giorni abbiamo due altri appuntamenti importanti, in Emilia-Romagna e in Umbria.

Ma, se non ci saranno chiarimenti nella coalizione, non c’è il rischio che si ripropongano gli stessi problemi?

No. Siamo già in campagna elettorale, ci sono le coalizioni e le liste in corsa, e abbiamo due ottimi candidati, Michele de Pascale e Stefania Proietti. La priorità è concentrarci su questo. La manovra è un altro campo su cui possiamo provare a unire le nostre forze.

Preparate emendamenti comuni?

Lavoriamo in questa direzione. Vede, la maggioranza mente sui numeri. Non ci vengano a dire che non ci sono le risorse, visto che hanno appena buttato 800 milioni di euro per due centri in cui deportare le persone in Albania, per poi scoprire di doverle riportare indietro. Nei prossimi anni agli enti locali faranno un taglio da sette miliardi. Vuol dire meno servizi ai cittadini, e vuol dire anche quanto è falsa la battaglia della destra sull’autonomia, su cui porteremo il paese al voto: nei fatti schiacciano le autonomie locali. Tagli al trasporto locale, alla sicurezza e ai diritti: hanno smantellato il fondo per l’affitto e tagliano ai comuni che non hanno neanche i soldi per gli assistenti sociali. La destra fa solo propaganda: sugli extraprofitti, hanno chiesto un prestito alle banche e hanno la faccia tosta di parlare di «coraggio». Promettevano di abolire la legge Fornero e invece hanno ridotto la possibilità di uscita anticipata dal lavoro, e ridimensionato Opzione donna. Danno tre euro al mese ai pensionati: dieci centesimi al giorno. Vorrei, per esempio, che le opposizioni chiedessero tutte insieme che i 4 miliardi della riforma dell’Irpef vengano investiti sulla sanità.

Le divisioni della destra, anche sulla finanziaria, sembrano non scalfire né la leadership di Meloni né il suo consenso.

Intanto sarebbe interessante capire perché in Liguria hanno perso 11 punti dalle europee. Non mi sembra che vada tutto bene in casa FdI. Ma certo sta a noi costruire un’alternativa credibile e coerente.

Neanche le inchieste, e il patteggiamento di Toti, hanno provocato uno smottamento nell’elettorato di destra.

Difficile valutare questo elemento. Comunque noi non abbiamo fatto una campagna su come si è chiusa la presidenza Toti, ma sullo smantellamento della sanità dopo nove anni di governo della destra. E abbiamo vinto nella Genova governata da Bucci: questo ci dà speranza per la partita sul futuro della città. Mi colpisce l’astensione drammatica. Un problema che interroga tutti, ma soprattutto la sinistra e chi chiede un cambiamento. Da tempo il Pd conduce una campagna d’ascolto, ma è un lavoro lungo, di ricucitura con un pezzo di paese che non crede più nella politica e nelle istituzioni.

Per convincere i delusi di centrosinistra non sarebbe utile avere una coalizione credibile?

Assolutamente sì. Se non spendiamo un minuto in contrapposizioni, polemiche o competizioni con le altre opposizioni è anche perché tutto questo non fa vinti o vincitori nella nostra parte del campo, fa un rumore che allontana le persone che vogliono un’alternativa alla destra.

È un tema che si affronterà dopo le regionali?

Intanto dobbiamo concentrarci insieme su questi ultimi venti giorni di campagna elettorale.

Chiederà a Renzi e Conte di provare a stare in una stessa coalizione?

Mi auguro che il risultato ligure faccia riflettere tutte le forze alternative alla destra, come fa riflettere noi che abbiamo sempre avuto un atteggiamento testardamente unitario. Perché la priorità nostra è battere le destre. Il dato del Pd ci dice che la gente da noi si aspetta questo. E questo continueremo a fare.

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