L’ha fatta «strana», per dirla con Carlo Verdone. La segreteria di Elly Schlein è così sorprendente, per molti versi, che a caldo a Lorenzo Guerini, capo di Base riformista, scappa una battuta: «Per essere la segreteria di Sel vedo un’apertura interessante anche ai riformisti».

È uno scherzo, ma sotto sotto c’è un giudizio: il nuovo esecutivo del Pd vira a sinistra. Come del resto aveva virato a sinistra il risultato delle primarie. E se nell’elenco dei ventuno nomi, dieci donne e undici uomini, si capisce qualche concessione alle aree del partito, nella sostanza si capisce anche che lei che ha mantenuto il punto su tutto. O quasi. «Questa segreteria è un mix di apertura e solidità e competenza. Continueremo a voler essere un problema per il governo di Giorgia Meloni», promette. Promette anche ai cronisti, presto, la conferenza stampa che fin qui non è arrivata. A tutto premette gli auguri a Silvio Berlusconi «di pronta guarigione, perché possa rimettersi al più presto».

Todo cambia

Ma la notizia è che nel Pd todo cambia, o quasi. Le novità sono molte. A partire dalla modalità dell’annuncio: appuntamento alle 14 su Instagram, il social su cui aveva annunciato la candidatura alle primarie: il che subito fa capire che la “sua” segreteria di partito si rivolge anche, forse soprattutto, a quelli e quelle che stanno fuori dal Pd. Non si collega dal Nazareno, ma dalla sua Bologna.

E da “fuori” arrivano anche molti nomi, a sorpresa – ma fino a un certo punto – collocati in posti chiave: Marta Bonafoni, la consigliera regionale del Lazio a lei vicinissima da sempre, sarà la coordinatrice della segreteria; Igor Taruffi, assessore al Welfare dell’Emilia Romagna, ex Sel che ha organizzato la lista Emilia Coraggiosa, è il responsabile dell’organizzazione. Entrambi si sono freschi iscritti al Pd. Al pocker degli strettissimi vanno aggiunti Gaspare Righi, giovane uomo ombra (è lui che la segue in ogni occasione pubblica), che diventa capo segreteria, e naturalmente Flavio Alivernini, suo portavoce ma da ieri anche responsabile della comunicazione del Pd.

Non ci sono vicesegretari. Dovevano essere due, per la maggioranza il posto era destinato a Marco Furfaro (altro vicinissimo alla segretaria, prende una delega vasta, quella dell’iniziativa politica), ma la minoranza sarebbe stata intransigente nell’indicare per la propria quota Alessandro Alfieri. Due uomini, no, secondo Schlein meglio nessuno: a Alfieri, senatore di polso e competenza, va la responsabilità delle riforme e del Pnrr. Altre “schleiniane” (definizione sgradita al nuovo Nazareno), sono Camilla Laureti, unica europarlamentare che l’ha sostenuta, si occuperà di politiche agricole; Stefania Bonaldi di pubblica amministrazione.

Altro colpetto di scena è Annalisa Corrado alla conversione ecologica: viene chiamata lei e non l’ex presidente di Legambiente Rossella Muroni, considerata troppo contraria al termovalorizzatore di Roma; ma anche l’ingegnera meccanica è contro. Altri nomi a sorpresa: Marwa Mahmoud (partecipazione e formazione politica), consigliera di Reggio Emilia; Sandro Ruotolo, già giornalista del gruppo di Michele Santoro e senatore di Leu, con delega a «informazione, cultura, culture e memoria».

Da Art.1 arrivano due prof universitari: l’ex sottosegretaria all’economia Maria Cecilia Guerra (al lavoro), e Alfredo D’Attorre (università). Già nota la nomina di Alessandro Zan, padre della sfortunata legge contro l’omofobia, con delega ai diritti: ha firmato la proposta di legge su matrimonio egualitario.

La lettiana Irene Manzi si occuperà di scuola. La franceschiniana di lunga esperienza Marina Sereni di sanità. Dell’area della sinistra sono Antonio Misiani (economia), Pierfrancesco Majorino (politiche migratorie e diritto alla casa, delega inedita nel Pd) e Peppe Provenzano agli esteri, delega di peso che non piace ai riformisti. I quali riformisti, portano a casa un magro bottino: oltre ad Alfieri c’è il bonacciniano Davide Baruffi agli Enti Locali, Vincenza Rando alla legalità e Debora Serracchiani alla giustizia.

Il budino riformista

Da questo lato arrivano i malumori più seri. «Quattro su ventuno? È una segreteria inclusiva, al più, ma l’impianto politico non ha nulla a che vedere con una gestione unitaria», è il commento che rimbalza nelle chat interne, insieme alla formula «accordo al ribasso». Da quest’area il via libera è arrivato ufficialmente da parte del presidente Stefano Bonaccini, che però in mattinata aveva riunito i suoi. E lì, giù critiche: Alessia Morani la più severa, ma anche Guerini e Simona Malpezzi. «Vi chiedo di fidarvi di me», la conclusione di Bonaccini, per mettere alla prova la gestione plurale della segretaria «dobbiamo assaggiare il budino». Ma le battute si sprecano: «In segreteria, e va riconosciuto il coraggio, anche alcuni iscritti del Pd», twitta il giovane turco Fausto Raciti.

C’è anche un caso De Luca. Il presidente della Campania, irritato – ma è un eufemismo – dal commissariamento del Pd della sua regione – avrebbe preteso che la mozione Bonaccini non sostenesse il nome di Pina Picierno, considerato troppo ostile, alla vicesegreteria. Picierno era sostenuta anche dai lettiani. In mattinata Picierno in tv spiega: «Sono dinamiche che non mi interessano. Nutro molta fiducia nella capacità della nuova segreteria di comporre una segreteria plurale, che rappresenti il Pd come la casa dei riformisti italiani». Ma il suo nome alla fine non c’è. Sulla lista finale è severo anche Gianni Cuperlo: «Non si è voluta riconoscere la ricchezza delle differenze espresse dagli iscritti nel congresso dei circoli».

Schlein assicura che il giro si allargherà e annuncia già i capi di alcuni dipartimenti: Mauro Berruto allo sport, Annarosa Pesole alla Transizione digitale, Iacopo Melio al dipartimento «contro ogni barriera». Ma dopo Pasqua: si prenderà qualche giorno di vacanza, in una località che non dice, per seminare i paparazzi.

 

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