Il ministro aveva proposto Ortombina al comando del teatro di Milano con il placet del sindaco Sala. Nella riunione di lunedì chiesta la proroga di Meyer e il Mic si affida agli avvocati
Nemmeno il tempo di trovare l’accordo, che già è arrivata la prima stecca alla Scala di Milano sulla nomina a sovrintendente di Fortunato Ortombina. Nella riunione di ieri il consiglio di amministrazione del teatro ha rinviato l’assegnazione dell’incarico, proponendo la proroga di un anno del francese Dominique Meyer. E così gli spartiti musicali rischiano di lasciare spazio alle carte bollate, perché la vicenda potrebbe finire tra Avvocatura dello stato e tribunali.
Battaglia legale
Al momento c’è una certezza: il nome di Ortombina, sponsorizzato dal ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano e inizialmente accolto come soluzione di compromesso dal sindaco Beppe Sala, è stato stoppato. Il primo cittadino milanese ha ratificato la rottura del patto, rilanciando una conferma a tempo di Meyer, come già richiesto dagli orchestrali, contrari all’avvicendamento, con una lettera inviata nelle scorse settimane.
Il direttore francese andrebbe così in scadenza a maggio del 2026. Vanificando l’ambizione di Sangiuliano, che puntava ad avere il primo sovrintendente di destra alla Scala, chiamato a completare l’opera di un teatro spostato a destra con la sostituzione del direttore musicale Riccardo Chailly. Al suo posto è già stato individuato Daniele Gatti, quasi a fine contratto con il Maggio Fiorentino e per ora destinato alla Sächsische Staatskapelle di Dresda. In attesa della chiamata da Milano.
La mossa del cda su Ortombina è destinata a provocare ripercussioni legali con esiti imprevedibili. Il motivo? Meyer, in scadenza nel febbraio del 2025, compirà 70 anni ad agosto del prossimo anno, raggiungendo il limite massimo anagrafico, introdotto da un decreto del Mic, per volere di Sangiuliano, con lo scopo di favorire avvicendamenti al comando delle istituzioni culturali. Perciò la notizia non è stata presa affatto bene al Collegio Romano.
La reazione ufficiale del ministero è stata affidata al sottosegretario alla Cultura, Gianmarco Mazzi: «Un mandato ha un termine, proprio per favorire il ricambio e il rinnovamento, e prescinde dalla valutazione sul lavoro svolto». L’accusa è stata pesante: «Le situazioni indefinite e le proroghe rischiano di frenare il rilancio del sistema delle Fondazioni lirico-sinfoniche».
Fonti del Mic hanno poi ribadito il massimo rispetto per le «prerogative del Consiglio di amministrazione della Fondazione», ribadendo che si era «convenuto una decisione diversa» e ora è «all’attenzione degli organi tecnici del ministero la questione giuridica dell’eventuale proroga dell'attuale sovrintendente». Si mette così in conto la battaglia legale.
Sangiuliano, descritto come «infuriato», ha infatti confidato ai collaboratori di voler far di tutto per garantire il rispetto della norma che fissa il limite dei 70 anni. Il direttore generale del Mic, interpellato sul caso, è convinto che la legge stia dalla parte di Sangiuliano. E potrebbe chiedere un parere anche all’Avvocatura dello stato. All’interno del collegio dei revisori della Scala, c’è però la convinzione che lo statuto del teatro possa consentire una deroga rispetto alla normativa.
Prospettiva ridotta
Di sicuro Sangiuliano non vuole sottoscrivere la proroga. A tutte le valutazioni, si aggiunge una questione di principio: il patto tra gentiluomini violato. E si possono aprire ulteriori scenari: Meyer può valutare il ricorso al Tar proseguendo la battaglia davanti alla giustizia amministrativa. L’aspetto politico è altrettanto delicato. Il ministro ha un buon rapporto con Sala. Anche per questa ragione ha evitato di parlare in prima persona: l’intenzione principale è quella di salvaguardare l’immagine della Scala e di non rompere con il sindaco di Milano. Le loro mogli sono amiche e i due spesso si trovano a scherzare, conversando di passioni comuni, come la bicicletta.
Ma se Sala è stato l’esecutore materiale dello stop a Ortombina, l’operazione ha un altro regista: Giovanni Bazoli, presidente emerito di Intesa Sanpaolo e uomo forte del consiglio di amministrazione della Scala. Dopo settimane di valutazioni e tentennamenti, il banchiere ha rotto gli indugi: ha convinto il sindaco a frenare sul nuovo sovrintendente. Per Sala è comunque un duro colpo: deve ora abbandonare l’idea di diventare presidente dell’Anci. Il dialogo con Sangiuliano prevedeva una serie di condizioni, tra cui la spinta per guidare l’associazione dei sindaci.
C’è poi un ulteriore risvolto sul futuro della Scala. Con Meyer che cesserebbe l’incarico nel 2026, come proposto dal cda, Ortombina finirebbe per diventare sovrintendente a 66 anni, con la prospettiva di dover chiedere una “deroga” al tetto anagrafico per portare al termine un mandato di 5 anni.
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