È finita. Anche quest’anno i ragazzi hanno avuto la loro “notte prima degli esami”. Le polemiche per le tracce del tema d’italiano ormai alle spalle diventeranno presto solo un ricordo.

Ma, dopo i quadri, che ne sarà di loro? Come ha chiarito su queste pagine Simone Giusti, le loro aspettative di successo dipendono direttamente dalla condizione sociale alla quale appartengono. È sempre stato così. Ci siamo illusi per un breve periodo della nostra storia scolastica che la scuola potesse emancipare dalla propria condizione di svantaggio, che anche l’operaio potesse avere il figlio dottore, o medico, o ingegnere. Laureato.

È accaduto, in parte: i tassi di scolarizzazione sono aumentati e con essi le percentuali di chi è riuscito nel nostro paese a completare il ciclo d’istruzione arrivando alla laurea, o anche oltre, migliorando la propria condizione sociale di partenza, ma non in misura tale da mettere in discussione rendite di posizione e privilegi della struttura socio-economica.

Invisibili al sistema

Se sono diventate contenutissime le percentuali di chi non supera più l’esame, ancora elevato è il numero di chi abbandona durante il percorso, facendo dell’Italia uno dei paesi dell’Ocse, come ci ripetono le statistiche, più indietro nel contrastare il fenomeno della dispersione.

A maggior ragione colpevole è l’assenza di misure che la contrastino se pensiamo che poi, diventati adulti, per quei ragazzi e quelle ragazze, il tentativo di recuperare diventa pressoché impossibile.

Nonostante siano almeno tre decenni che sentiamo parlare dell’esigenza di un aggiornamento continuo, dell’importanza di continuare ad arricchire il proprio capitale umano, sappiamo che solo chi ha già “maturato” dei risultati e accumulato diplomi, lauree o dottorati, tende a continuare a farlo, mentre non avviene il contrario.

D’altronde se ci soffermiamo proprio sul diploma di scuola superiore, balza immediatamente ai nostri occhi, come molti dei discorsi sul “life long learning” siano ipocriti e irrealistici, poiché nessun percorso è pensato per quella ancora enorme fetta della nostra popolazione che non lo ha raggiunto e quindi non può “aggiornarsi” e resta invisibile al sistema dell’educazione formale del nostro paese.

Nei suoi confronti stupisce l’indifferenza quando non la vera e propria ostilità. Fate una prova: recatevi in una qualsiasi segreteria di un qualsiasi liceo o istituto secondario e dichiaratevi non diplomato. Sostenete di voler affrontare la maturità. Sarete accolti con una dose di disgusto mescolata a una irrinunciabile punta di umiliazione che serve a farvi sentire l’essere più insulso e piccolo, e ridicolizzare il vostro intento, mortificarlo, come se lesa maestà fosse stata commessa nei confronti della nobile e cristallina istituzione che è la scuola.

Se da essa eravate stati allontanati una ragione ci deve essere stata, e non sarà certo il tempo, e tutto quello che in quel lasso di anni avete potuto fare, costruire, mettere insieme, tra lavoro, famiglia, sport, viaggi, letture, a lavare quella colpa.

A fronte di un diniego tanto feroce quanto ottuso, di chi si erge a paladino di una cultura tradita e a vigile sentinella di chi la vorrebbe usurpare, di chi non immagina percorsi alternativi, corsi serali compatibili con la vita di chi è diventato adulto senza un diploma, riuscendo anche in molti casi ad avere una vita degna, decorosa, gratificante, mentre la scuola pensava che il vostro futuro sarebbe stato irrimediabilmente nefasto, l’unica alternativa valida restano i cosiddetti “diplomifici”.

Alternative impossibili

L’erba del vicino non è ovunque più verde ma basterebbe guardare alla assai selettiva Francia (dove il “diplôme d’acces aux études universitaires” mette a riparo da situazioni che da noi sfiorano il ridicolo) per farsi un’idea delle alternative possibili.

Invece qui, a prezzi esorbitanti, che possono mettere in difficoltà l’economia di un nucleo familiare con rette che vanno dalle 500 alle 800 al mese, si riesce a completare quel percorso che la scuola pubblica ha deciso di rendere pressoché impossibile.

A prezzi astronomici, si ottiene un diploma che molti liquidano perché “acquistato” invece che “maturato” con il solo sforzo del proprio studio, senza sapere che quasi sempre esso è costato sacrificio, tempo e il massimo delle energie che un adulto lavoratore può permettersi senza compromettere il proprio equilibrio psico-fisico relazionale e affettivo, per colmare quel vuoto che lo assillava e provare, anche se fuori tempo massimo, anche lui, cosa sia vivere una notte prima degli esami.

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