Il provvedimento verso l’approvazione e poi andrà alla Camera, col sì di Azione e Italia Viva. Dubbi di costituzionalità sull’abrogazione dell’abuso d’ufficio ignorati, spetterà al Colle valutare se ratificarlo
Si sta rivelando un calvario l’approvazione del ddl Nordio, finalmente approdato in aula al Senato dopo il lungo iter di commissione e il via libera del Consiglio dei ministri nel giugno scorso. Il testo è un assaggio della riforma penale che il guardasigilli Carlo Nordio ha detto di avere in mente: sei articoli che toccano temi diversi e tutti forieri di polemiche e scontri d’aula. Tanto che il testo, che avrebbe dovuto venire approvato martedì, è stato oggetto di un compatto ostruzionismo d’aula da parte del Pd e del M5S, che almeno su questo hanno trovato una compattezza tattica. Con il risultato che il ddl è andato a rilento e l’approvazione dovrebbe arrivare oggi, per poi cominciare il suo percorso alla Camera.
Ieri, tuttavia, è stato approvato l’articolo 1, che è anche il più problematico perché prevede l’abrogazione del abuso d’ufficio e il ritocco del traffico di influenze illecite: l’articolo 1 infatti cancella un reato considerato necessario nella lotta contro la corruzione, con rischi – sollevati da buona parte della dottrina e della magistratura, a cui anche il Quirinale ha prestato orecchio – di incostituzionalità per contrarietà ai principi europei e con la convenzione Onu di Merida. Proprio la pregiudiziale di costituzionalità è stata la spina dorsale dell’ostruzionismo delle opposizioni, che sono intervenute con un fiume di interventi e Nordio ha più volte rispedito al mittente la critica, sostenendo che non esistano norme europee che costringano a prevedere nell’ordinamento interno questo particolare reato e che il pacchetto anticorruzione in Italia è tra i più severi d’Europa. La realtà è 25 paesi Ue su 27 hanno nel loro codice penale un reato simile all’abuso d’ufficio, che punisce i pubblici ufficiali che, in violazione delle norme e con azioni o omissioni, abbiano ottenuto per sé o per altri ingiusto profitto o causato un danno ad altri. Nel codice italiano si è trattato di un reato ritoccato addirittura cinque volte nell’ultimo decennio, con la riscrittura più recente nel 2020 che non ha ancora avuto il tempo di dispiegare i suoi effetti per poterne trarre una valutazione di risultato.
Gli effetti
La tesi del ministro è che il reato fosse troppo indefinito e che provocasse la cosiddetta paura della firma negli amministratori, intimoriti dagli effetti mediatici di indagini che poi difficilmente producono effetti penali viste le poche condanne. Concretamente, tuttavia, l’abrogazione del reato manderà al macero circa 3.200 procedimenti, secondo i calcoli degli uffici ministeriali.
Altra norma controversa, considerata inapplicabile dalla magistratura, riguarda la previsione che a decidere sulla custodia cautelare in carcere non sia più un solo giudice ma un collegio di tre giudici. Questa previsione rischia di mandare in tilt gli uffici giudiziari e soprattutto i più piccoli: attualmente, infatti, le toghe sono sotto organico di circa il 15 per cento e creare collegi così ampi nella fase delle indagini preliminari provocherà problemi di incompatibilità e dunque difficoltà a individuare i giudici del procedimento.
Se questa è la riforma che desta più preoccupazione a livello procedurale, a livello politico ha avuto grossa eco anche quella che riguarda la pubblicabilità delle intercettazioni. Il ddl Nordio, infatti, pone il divieto di pubblicazione anche parziale di intercettazioni se il contenuto «non è riprodotto dal giudice nella motivazione di un provvedimento o utilizzato nel corso del dibattimento», ma soprattutto il pm deve vigilare perché non siano presenti trascrizioni di intercettazioni relative a soggetti terzi, di cui comunque va tutelata la privacy. Questo divieto di trascrizione è a garanzia dei non indagati, ma pone sulla polizia giudiziaria la responsabilità di stabilire cosa sia rilevante o meno e che potrebbe anche rischiare di ledere i diritti degli imputati.
Il ddl Nordio, come spesso accade su provvedimenti in materia di giustizia, ha ottenuto il sì anche di Azione e Italia viva, che hanno sempre dimostrato sintonia con il ministro Nordio. Un allargamento della maggioranza che si riproporrà anche con il cosiddetto emendamento Costa sulla presunzione di innocenza, che esclude la pubblicabilità integrale o per estratto delle ordinanze di custodia cautelare in carcere. Proposto dal deputato di Azione Enrico Costa, ha avuto il placet del governo alla Camera e ora arriva per il passaggio definitivo in Senato.
A margine del dibattito sull’abrogazione dell’abuso d’ufficio, tuttavia, un problema continua a covare dentro il Pd. Il partito di Elly Schlein si è schierato contro in aula, ma molti sindaci dem si sono espressi a favore della cancellazione. Gli amministratori locali, infatti, si sono sempre considerati vessati a livello penale da norme che ne aumentano la responsabilità oggettiva. Tuttavia, come ha fatto notare più volte il deputato dem ed ex ministro della Giustizia, Andrea Orlando, il rischio è che – anche senza l’abuso d’ufficio – i comportamenti siano comunque oggetto di indagine e possano confluire in fattispecie di reato più grave. In ogni caso, dopo numerosi passaggi il testo è ormai blindato e ogni modifica porterebbe lo stigma di una sfiducia per l’operato di Nordio. Resta da vedere se, quando arriverà al Quirinale per la ratifica, il testo solleverà osservazioni da parte di Sergio Mattarella.
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