Arrivando da Roma a Latina, la prima cosa che si nota è la sagoma slanciata della Torre Pontina che svetta contro il cielo. Progettata da un architetto locale in uno stile indefinibile, è alta 128 metri e se non contiamo l’antenna è l’edificio più alto del Lazio.

Arrivati sotto la torre, si trovano invece i cartelloni elettorali per le elezioni comunali del 3 e 4 ottobre. Quello del sindaco uscente, Damiano Coletta, raffigura un 50enne dai capelli ricci e bianchi nell’atto di rimboccarsi le maniche e una scritta: «Il nostro secondo tempo».

Il sindaco calciatore

«Si dice che per cambiare una città servono dieci anni: nei primi cinque anni abbiamo aggiustato i danni fatti dalle giunte precedenti. Adesso tocca alla ricostruzione». Seduto in un bar nella piazza razionalista di fronte al municipio, eredità degli urbanisti fascisti che disegnarono la città, il sindaco Coletta spiega il significato del suo manifesto.

Quello che invece non c’è bisogno di spiegare è il riferimento calcistico. Quasi tutti in città si ricordano che Coletta è il capitano del Latina calcio che nella stagione 1980-1981 riportò lo squadra in C1. 

Coletta dice che dei suoi dieci anni nel mondo del calcio professionistico oggi gli rimane lo spirito competitivo e la capacità di concentrarsi in momenti difficili (durante un comizio alle precedenti elezioni, Coletta si è trovato a fronteggiare decine di contestatori che suonavano fischietti ogni volta che cerca di parlare).

Sono qualità di cui ha bisogno se spera di replicare l’impresa incredibile che gli è riuscita nel 2016: vincere da candidato indipendente e progressista in una storica roccaforte della destra. Latina, dopotutto, è la città dell’ex sottosegretario leghista Claudio Durigon, finito al centro di numerosi scandali, l’ultimo: la proposta di intitolare il parco Falcone e Borsellino al fratello di Mussolini. Una scelta dai molteplici significati in una città con tradizioni nostalgiche e con una cospicua presenza della criminalità organizzata.

Una vittoria inaspettata

Ad aprire a Coletta le porte di Latina è stata la stessa destra che da sempre governa la città, prima sotto forma di Dc andreottiana e poi di quella erede del Movimento sociale italiano. Negli ultimi dieci anni, ben due sindaci provenienti dal vecchio Msi sono stati sfiduciati dalla loro stessa coalizione, mentre  la magistratura ha scoperto un vasto sistema di corruzione profondamente nella struttura comunale e collegato al clan Di Silvio, vicino ai Casamonica di Roma. L’ex sindaco è stato arresto, insieme a un deputato eletto in città e a decine di imprenditori e funzionari comunali e di partito.

Dopo questo terremoto, alle elezioni 2016 la destra si è presentata divisa, mentre il Pd aveva i suoi problemi. Coletta, che oltre a essere un calciatore è anche un cardiologo molto conosciuto in città, si è candidato da indipendente con lista Latina Bene Comune, un aggregato di persone e associazioni di ispirazione progressista e di sinistra. A sorpresa, è arrivato secondo, soltanto 45 voti di distanza dal candidato di Fratelli d’Italia. Il secondo turno è stato un trionfo, Con il 75 per cento dei voti, Coletta quell’anno è stato il sindaco più votato di Italia.

«Ci siamo trovati al posto giusto nel momento giusto –  dice oggi – La città era rassegnate, eravamo al secondo commissariamento in dieci anni, con la criminalità infiltrata nel comune: la Latina era stata letteralmente svenduta e i cittadini erano pronti a cambiare».

Una città che cambia

Battezzata Littoria e sorta sulle paludi bonificate da Mussolini, Latina è stata a lungo un’area depressa. Negli ultimi anni, ha assistito a una sorta di rinascita. In fuga dagli affiti di Roma, molte famiglie di giovani si sono trasferite in città. Dopo un quindicennio di stagnazione, la popolazione è tornata a crescere negli ultimi 20 anni è passata da 100 a 120 mila abitanti. L’università è arrivata a quasi 4mila studenti.

Sono stati anni di frenesia costruttiva e di progetti megalomani, come la Torre Pontina o il progetto di una metro per collegare il centro città alla stazione di Latina scalo, dieci chilometri dal centro (un progetto finito tra sprechi e inchieste della magistratura).

«Latina è cambiata e ha una dinamica di crescita in controtendenza anche rispetto ad altri capiluogo di provincia», dice Marco Omizzolo, sociologo dell’Eurispes e docente alla Sapienza. «Ma questa dinamica presenta dei chiaroscuri. Oltre alla crescita c’è stato anche un precipitare della qualità della vita, molti dei nuovi abitanti sono immigrati i cui processi di integrazione non sono proprio virtuosi».

Crescita drogata

Coletta si è accorto in fretta di quanto la crescita degli anni precedenti poggiasse su basi fragili. Per i primi tre anni del suo mandato dice che si è dovuto occupare essenzialmente di risolvere le questioni lasciate aperte dai suoi predecessori. Edifici abbandonanti acquistati con mutui esosi, enormi debiti fuori bilancio, manutenzione abbandonata, concessioni milionarie ai privati, molte delle quali finite al centro di inchieste della magistratura. E poi scandali, indagini, contenziosi. «Ci serviva una giunta parallela fatta solo di avvocati», dice.

Coletta e la sua giunta hanno affrontato le cause legali, riportato alcuni servizi alla gestione del comune, affidato spazi ai comitati di cittadini, hanno risparmiato e stravolto le poste di bilancio. 

«La giunta Coletta ha mostrato la volontà esplicita di cambiare le cose – dice Omizzolo – ma molto rimane ancora da fare». Latina, ad esempio, è una delle capitali del caporalato agricolo, la criminalità organizzata è presente in tutte le sue declinazioni, ha vaste e ampie connessioni politiche e spesso è alleata con i settori dell’imprenditoria agricola, delle costruzioni e dei rifiuti. «Non basta la magistratura. Serve una politica di alto livello».

Gli avversari

Memore del disastro del 2016, la destra questa volta si è riunita intorno a unico candidato: Vincenzo Zaccheo, 74 anni, ex Msi, tre volte parlamentare di An e sindaco di Latina tra il 2002 e il 2008, quando venne sfiduciato dalla sua stessa coalizione nel corso di uno scontro fratricida nella destra cittadina.

Zaccheo scherza sul fatto di non essere proprio una novità della politica. «Se non alleni Ronaldo, devi schierare Altafini», ha detto alla presentazione della sua campagna.

Coletta, però, ha gioco facile nell’attaccarlo. Zaccheo è stato coinvolto nelle indagini che hanno fatto a pezzi la destra cittadina ed è stato prescritto per i reati di truffa aggravata ai danni dello Stato, abuso d’ufficio e falso nella vicenda della metro. «Zaccheo rappresenta un passato da incubo della città da cui Latina ha preso le distanze», dice oggi.

Ma vincere non sarà facile comunque. «A Latina persiste un voto ideologico che può essere favorevole a Zaccheo», dice Omizzolo. Coletta ha un mese per replicare il suo miracolo di cinque anni fa.

 

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