Tante le manifestazioni di solidarietà arrivate in queste ore nei confronti di Domani, dopo la richiesta di 100mila euro da parte dell’Eni per presunti danni reputazionali in seguito a un articolo a firma Alfredo Faieta pubblicato da questo giornale martedì 27 luglio. Muroni e Fioramonti (Green Italia) annunciano un’interrogazione parlamentare per chiedere risposte al ministero dell’Economia
Sono tante le manifestazioni di solidarietà arrivate in queste ore nei confronti di Domani, dopo la richiesta di 100mila euro da parte dell’Eni per presunti danni reputazionali in seguito a un articolo a firma Alfredo Faieta pubblicato da questo giornale martedì 27 luglio. La società del Cane a sei teste ha chiesto il versamento della cifra «entro dieci giorni dal ricevimento della lettera di diffida», prima ancora di una querela.
«La nostra solidarietà alla redazione del Domani, la libertà di stampa non si tocca!», ha twittato Greenpeace Italia.
La deputata di Green Italia ed ex presidente di Legambiente, Rossella Muroni, che ha definito la vicenda un «episodio gravissimo e inquietante che spiegherebbe meglio di mille parole perché in questo paese la transizione ecologica non si riesce a fare», ha annunciato che lei e il collega Lorenzo Fioramonti presenteranno un’interrogazione parlamentare perché il ministero dell’Economia spieghi la richiesta di Eni.
«Eni diffida il quotidiano Domani responsabile secondo la multinazionale petrolifera di una campagna contro e gli chiede di pagare 100mila euro entro 10 giorni, in caso contrario verranno denunciati», scrive il co-portavoce nazionale di Europa Verde, Angelo Bonelli. «Il ministro dell’economia Franco – continua l’esponente ecologista - azionista di maggioranza di Eni, azioni di Eni sono per il 30,1 per cento di proprietà statale (circa 4,3 per cento di proprietà del ministero dell’Economia e per circa il 25,7 per cento di Cassa depositi e prestiti) deve chiedere conto ai vertici Eni di questa pratica fuori dal codice civile e penale del nostro ordinamento. Quella di Eni è una pratica che non può essere tollerata perché la libertà d’informazione va garantita sempre e comunque e non condizionata da diffide che chiedono centinaia di migliaia di euro con modalità non previste dalle leggi della Repubblica italiana: il ministro chieda conto a Eni una società multinazionale che condiziona negativamente la transizione ecologica».
«Poiché il governo italiano detiene il controllo dell’Eni sarebbe gradito che da Palazzo Chigi o dal Mef avvisassero i vertici di quell’azienda che in Italia nei confronti della stampa non si usa il metodo dell’intimidazione o della minaccia. Se e quando è necessario esistono i tribunali», ha detto invece il segretario nazionale di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni. «Il comportamento e le richieste dei legali dell’Eni – prosegue il leader di SI – nei confronti dei giornalisti del quotidiano Domani cozzano platealmente con le parole utilizzate proprio ieri dal Capo dello stato sul ruolo della stampa. Davvero una brutta storia che non fa onore all’Eni».
Anche l’associazione Recommon ha espresso solidarietà a Domani:
«Non mi importa cosa Domani abbia scritto su Eni: minacciare una causa per zittire un giornale è un palese pericolo per la libertà di stampa e, ancora peggio, si chiedono 100mila euro per evitare la causa», ha scritto su Twitter il fotogiornalista Piero Castellano.
Giornalisti, collaboratori di Domani e associazioni varie hanno espresso il loro stupore per la singolare richiesta di Eni.
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