Esiste nel paese un blocco sociale e culturale che potrebbe essere competitivo con quello che sostiene il governo. Riaprirebbe la partita. Se solo fosse unito
Esiste, probabilmente, una maggioranza di cittadini in Italia contraria alle idee di questo governo e alle sue politiche, su molti temi cruciali: dai diritti civili al salario minimo, alla sanità pubblica, fino all’importanza della democrazia e all’antifascismo.
La maggioranza degli italiani è favorevole ai diritti delle persone Lgbt, non vorrebbe tornare indietro; crede nella parità di genere ed è consapevole dell’importanza di continuare a fare progressi su questa strada; è fondamentalmente antifascista, non vorrebbe una deriva autoritaria del nostro paese sul modello dell’Ungheria di Viktor Orbán, cui Giorgia Meloni dichiara di ispirarsi; crede nella libera stampa e nella libertà di opinione, crede anche nella libertà di ricerca e di scelta; vorrebbe che i lavoratori fossero pagati in modo dignitoso e che lavorassero in sicurezza, vorrebbe che i servizi pubblici, dalla sanità alla scuola, fossero in grado di garantire i diritti fondamentali a tutti i cittadini, indipendentemente dal luogo di residenza; vorrebbe che gli imprenditori, di qualunque tipo, fossero spinti e aiutati dalla politica a fare innovazione, non assecondati e protetti nelle loro rendite.
Molti italiani vogliono anche un’Europa più forte e integrata, capace di attuare politiche efficaci a favore dell’ambiente e contro le disuguaglianze, e di far sentire la sua voce nel mondo; non un’Europa disgregata e un’Italia isolazionista, che prova a fare da sé in un contesto internazionale sempre più difficile e ostile. E non pochi vorrebbero un fisco progressivo in cui chi ha di più paghi di più, per finanziare i nostri beni pubblici, anche perché (va spiegato) tanti ci guadagnerebbero. Se anche poi non fosse già la maggioranza, questo blocco sociale e culturale sarebbe sicuramente competitivo con il blocco che sostiene il governo. Riaprirebbe la partita. Già. Se solo fosse unito.
Tra Biden, Trump e Milei
Perché questo è il problema. Forse è possibile aggregare su questi punti essenziali una coalizione forte in grado di sfidare le destre e di batterle. Ma ci deve essere la volontà politica. E la prima responsabilità di chi guida l’opposizione, oggi, è proprio questa: fare di tutto per costruire un orizzonte comune e, quindi, una coalizione vincente.
Oggi però bisogna riconoscere che questa consapevolezza c’è solo nel Partito democratico, che peraltro con Elly Schlein è l’unico a essersi in parte rinnovato, dopo la sconfitta. Non è solo il fatto, banale, che le elezioni europee, basate sul proporzionale, tendono a esaltare le differenze. No, è qualcosa di più profondo e ben più grave; di irresponsabile.
Quando Giuseppe Conte dichiara di non sapere chi scegliere fra Joe Biden e Donald Trump, pone sulla futura alleanza una pesante ipoteca: Trump non solo è inqualificabilmente peggio di Biden, anche sulla politica estera, ma è più a destra anche di Meloni (così come Vladimir Putin è più a destra di Meloni). Bisogna dirle queste cose, e spiegarle ai propri elettori, se non le avessero capite bene: un leader degno del suo nome questo fa, non insegue le frange più irresponsabili del suo elettorato ma, al contrario, cerca di orientarle, di guidarle.
Stesso discorso vale per i dirigenti del fu Terzo polo. Qui assistiamo nelle ultime settimane a una nuova, folle fascinazione: quella per Javier Milei, il presidente ultraliberista argentino, alleato di Trump e di Jair Bolsonaro, contrario all’aborto, negazionista climatico. Dov’è l’orizzonte comune con il pensiero progressista occidentale? Siamo agli antipodi. Siamo, decisamente, a destra.
Ma dietro l’interesse per Trump o per Milei ci sono idee e visioni che allignano da tempo, e che richiedono tempo per essere corrette, se si vuole davvero provare a costruire un’alleanza: anche per questo bisogna agire subito, e con decisione, non lasciarsi sballottare dagli umori del momento. E anche per questo ci vorrebbe una classe politica più responsabile. Insomma, si ha l’impressione che mai come ora valga l’anatema di Nanni Moretti: «Con questi dirigenti non vinceremo mai». Ma, questa volta, non sono i dirigenti del Partito democratico.
© Riproduzione riservata