Ventimila licenze in Italia, 7mila a Roma, un bacino di voti della destra. I leader sono stati pure candidati. Ecco perché Meloni li accontenta
«Essere di destra per i tassisti non è una condizione dell'anima, semmai è una corsia preferenziale». Lo diceva lo scrittore Roberto Cotroneo una decina d’anni fa e il principio vale ancora oggi, con una maggioranza di destra al governo, da sostenere in campagna elettorale, da contrastare se un decreto si permette di mettere il naso nel privilegio delle licenze. Un fuoco amico. Un tentativo che ha spiazzato tutti.
Agli storici barricadieri del tassametro, che vanno dall’Ugl – la sigla vicina al sottosegretario della Lega Claudio Durigon – all’Unione radio taxi, si è aggiunta la virulenza di Unica-Cgil, pronti a minacciare lo sciopero.
Così, nel giro di poche ore, il governo ha fatto una mezza marcia indietro. Ha deciso che se ci saranno nuove licenze, verranno affidate a chi ne ha già, saranno temporanee, in modo da non scalfire il loro valore di mercato, 200 mila euro circa nelle grandi città. Inoltre è stato inserito il raddoppio degli incentivi per l’acquisto di auto e per il rinnovo di quelle vecchie. Gli amici si vedono nel momento del bisogno.
Eppure Nicola Di Giacobbe (Unica-Cgil) non desiste: «Anche così è pericoloso, queste licenze rischiano di finire al servizio delle multinazionali. È l’anticamera del caporalato tecnologico». Riccardo Cacchione, di Usb, si allinea sulla stessa preoccupazione. Sul fronte destro sono convinti che otterranno ancora qualche modifica in parlamento: «Potrebbe arrivare un maxi emendamento, o comunque un ritocco. Non credo che porranno la questione di fiducia», dice Leopoldo Facciotti, avvocato, consulente dell’Unione dei radiotaxi d’Italia (Uri).
L’associazione è ancora capeggiata dal leader storico del movimento, Loreno Bittarelli, il capo dello 06-3570 di Roma, con 3.500 tassisti al seguito. «Ci lavora anche la metà dei tassisti di Unica», dice Di Giacobbe. La cifra in questo caso non viene comunicata. Bittarè ha deciso di mandare avanti l’avvocato.
È lui che sta trattando a suo nome. Del resto, nel 2013 lo stesso Facciotti è stato parte della dirigenza del partito e nel 2015 promotore di un comitato per Giorgia Meloni assieme a Giuseppe Cossiga, oggi alla presidenza dell’Aiad in sostituzione del ministro Guido Crosetto. Ma non è il solo ad avere una forte connessione con i Fratelli d’Italia.
La concorrenza
L’appoggio dichiarato dei tassisti della compagnia a Meloni ha superato i vent’anni. Nel 2007 era stata l’attuale presidente del Consiglio a prendersela con le “lenzuolate” di liberalizzazioni del centrosinistra, con i successivi tentativi di portarle a termine, complice l’allora sindaco del Pd Walter Veltroni: «Stupisce che a pochi mesi di distanza dalle polemiche innescate dal decreto Bersani che ha visto uno sciopero prolungato dei tassisti, il governo decida nuovamente di introdurre provvedimenti senza prima consultarsi con la categoria», diceva all’epoca. In epoca più recente, si è parecchio speso in pubblico anche il first cognato, Francesco Lollobrigida, marito della sorella della premier, ministro dell’Agricoltura.
Era solo l’estate scorsa, quando esultava perché Draghi aveva desistito dall’intervenire, bloccato dalle manifestazioni dei tassisti nelle piazze d’Italia: «Grazie a Fratelli d'Italia e a tutto il centrodestra sarà stralciato l'articolo 10 dal Ddl Concorrenza per tutelare i tassisti», aveva dichiarato da capogruppo alla Camera. Un’attenzione storica che arriva fino ai giorni nostri: nel mese di marzo si erano incontrati Emanuele Raffini, presidente di Confartigianato Taxi, il coordinatore di FdI, Giovanni Donzelli, e il presidente meloniano della commissione Trasporti, Salvatore Deidda.
Candidati
In passato, gli esponenti di maggior peso della categoria hanno direttamente militato tra le file della squadra oggi al governo. Il primo è proprio Bittarelli, candidato al Senato con il Pdl nel 2008, poi sostenitore del sindaco Gianni Alemanno. Come raccontano le cronache dell’epoca, fu sempre lui, insieme con l’attuale vicepresidente del Senato, Maurizio Gasparri, ad affossare il tentativo di liberalizzazione di Mario Monti. Era il 2012. L’anno dopo si meritava un posto in lista con FdI.
Ma è il nome del meno noto avvocato Facciotti che oggi torna con più insistenza. È l’uomo dei tavoli, come si dice. Un giorno è il rappresentante delle imprese, quello dopo veste l’abito dell’organigramma di partito. Oltre a essere consulente di Uri, segue la meno famosa Casartigiani. Nel 2001 è stato candidato a Roma con Alleanza nazionale, poi consulente a titolo gratuito del sindaco Alemanno, quindi responsabile dei rapporti con i sindacati nel 2013, infine promotore del comitato per Meloni nel 2015.
Adesso, dice, «sono solo un consulente e un avvocato, ma la mia storia è nota». Tra gli altri suoi clienti c’è anche Rcs Spa, la società che si è occupata dei trojan di Palamara: «Ma questo non c’entra niente», risponde lui: non lavora più con la società.
Tra i nomi degli oltre 25 partecipanti al confronto con il governo, spicca quello di Massimo Campagnolo, di Federtaxi Cisal. Con il ministro delle Imprese Urso, il vicepremier Salvini e il sottosegretario Rixi ha parlato nella veste di rappresentante di settore. Alle ultime regionali invece si era presentato in una lista in appoggio al presidente leghista Attilio Fontana, portandogli circa 400 voti e gli auguri di tutti i colleghi.
Un dualismo che gli fa dire: «Il governo non ci ha ascoltato, ed è normale che Bittarelli si preoccupi di meno, loro hanno accordi con Uber. Per loro va bene se diventiamo tutti come i rider delle biciclette, taxi rider».
Se sul fronte nazionale non si sente compreso, su quello regionale dice «che c’entra, sono livelli diversi. In regione hanno sempre mantenuto le promesse adesso con i miei referenti politici vedrò il da farsi».
Entusiasmo per Meloni
L’autorità di regolamentazione dei trasporti offre una mappa del potere dei taxi, anche se i dati risalgono al 2018. Sul territorio italiano sono presenti oltre 20 mila licenze: Roma è in testa con 7.703, segue Milano con 4.852, a Napoli sono 2.365, via via si scende per arrivare alle tre di Campobasso. I taxi in circolazione sono pochi, rileva l’ultima bozza del decreto varato alla vigilia delle vacanze. Una situazione che rischia di peggiorare, quando in Italia avremo il Giubileo del 2025 e le Olimpiadi invernali di Milano-Cortina nel 2026, come ha ricordato lo stesso ministro Urso. Solo che i tassisti, riferisce chi ha lavorato al ministero dei Trasporti e li ha frequentati, «spostano voti e possono bloccare le città».
Facciotti nega: «Il nostro è un parere tecnico». Lo ascoltano tutti i partiti. Secondo quanto risulta a Domani, si va dal vicepresidente della commissione Trasporti del Pd, Roberto Morassut ad Andrea Casu, fino alla leghista Elena Maccanti. Anche i rampelliani, raccontano, sono pronti a farsi sentire. E d’altronde lo stesso Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera, si è avvalso dell’aiuto legale di Facciotti in passato, per un esposto sulla gestione del Colosseo. Oggi, riferiscono fonti parlamentari, i due continuano a essere molti vicini.
La scelta del governo di far partire la questione licenze, secondo Facciotti, «è conveniente per il rapporto con l’opinione pubblica» e adesso «bisognerà agire in sede di conversione».
Bittarelli si dice tranquillo: «Adesso siamo sul pezzo, penso che si possa intervenire in parlamento». La corsia preferenziale continua a portarli verso destra. Con entusiasmo. «Provo un’estrema gioia dal punto di vista personale a vedere Giorgia Meloni presidente del Consiglio. È il massimo che la destra poteva ottenere», commenta l’avvocato. E pure loro.
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