- Lo stato di emergenza è una situazione fondata su alcuni presupposti di diritto, volta a consentire alla Protezione civile di realizzare l’«insieme, integrato e coordinato, delle misure e degli interventi diretti ad assicurare il soccorso e l’assistenza».
- Nuove ondate di contagi sono eventi previsti dagli scienziati, e non inaspettati, come quelli che legittimano lo stato di emergenza. Né tale stato serve per continuare a vaccinare o per confermare il ruolo del generale Figliuolo nel coordinamento della campagna vaccinale.
- La proroga oltre il 31.1.2022 potrebbe avvenire modificando la legge che ne prevede la durata massima in 24 mesi oppure in deroga a tale legge, e quindi svincolando l’emergenza dai relativi paletti. Questa seconda soluzione non è auspicabile.
Se sarà necessario prorogheremo lo stato di emergenza», ha detto recentemente il ministro della Salute, Roberto Speranza. Da quel momento, nei talk show televisivi si chiede agli ospiti se sono favorevoli o meno a quest’ipotesi. Ma tale stato è una situazione di diritto, non un’opinione.
Lo stato di emergenza relativo al rischio sanitario da Covid-19, disposto con deliberazione del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, ha costituito oggetto di diverse proroghe, l’ultima delle quali fino al 31 dicembre 2021. Tale stato trova fondamento giuridico nel codice della Protezione civile, che lo prevede al verificarsi di certi eventi, attuali o imminenti, fissandone la durata (12 mesi, prorogabile per 12 mesi). Lo stato di emergenza consente alla Protezione civile di realizzare l’«insieme, integrato e coordinato, delle misure e degli interventi diretti ad assicurare il soccorso e l’assistenza», anche con «interventi indifferibili e urgenti».
L’emergenza può dirsi superata quando siano state adottate le «misure volte a rimuovere gli ostacoli alla ripresa delle normali condizioni di vita e di lavoro» e a «ripristinare i servizi essenziali». Basterebbe questa disposizione per comprendere che tale stato non ha più ragione di essere.
Già dopo la primavera 2020 sono riprese le attività ordinarie. Le chiusure successive sono avvenute per periodi transitori di criticità epidemiologiche in singole regioni, sulla base di una strategia che, condivisibile o meno, era comunque mirata al controllo dell’evolversi della situazione. Dopo l’inizio delle vaccinazioni, tale situazione è stata ancor più sotto controllo, specie per l’elevata adesione alla campagna vaccinale sin dall’inizio.
Vaccini e commissario
Per restare in “emergenza” dovrebbe dimostrarsi che sta “emergendo” una condizione inattesa, che richieda «immediatezza di intervento», come sancito dal codice. Non pare ci si trovi in questa fase: nuove ondate di contagi sono eventi previsti dagli scienziati, e non inaspettati, come quelli che legittimano l’emergenza, e dopo circa due anni è stata maturata una certa esperienza.
Peraltro, se si rendesse indispensabile intervenire in circostanze di necessità e urgenza, ci sarebbero comunque provvedimenti “ordinari” da utilizzare: dai decreti legge alle ordinanze in materia sanitaria di presidenti di regione e sindaci, oltre agli strumenti previsti dal codice degli appalti.
Si afferma pure che prolungare lo stato di emergenza servirebbe a proseguire le vaccinazioni, anche con i richiami. Ma si sta vaccinando da circa dieci mesi, e non in una situazione “emergenziale”: ci sono vaccini, centri vaccinali, vaccinatori e quanto necessario.
Si sostiene altresì che la proroga consentirebbe la permanenza del generale Francesco Figliuolo, commissario per l’emergenza. Ma il commissario resta finché c’è l’emergenza: non si protrae l’emergenza per far restare il commissario. Peraltro, il generale potrebbe essere confermato nel suo ruolo di coordinamento della campagna vaccinale al di là dello stato di emergenza. Quanto al “green pass”, la scadenza del suo uso è fissata al 31 dicembre 2021, fine dell’emergenza, ma potrebbe essere prolungata con decreto legge a prescindere da tale stato.
Ma se si decidesse comunque la proroga, come potrebbe essere disposta oltre il 31 gennaio 2022, cioè superando i 24 mesi previsti dalla legge? Se si esclude la dichiarazione di un nuovo stato di emergenza, l’estensione di quello attuale potrebbe avvenire intervenendo con un decreto legge sul codice della Protezione civile, per modificare la durata massima di 24 mesi, e poi prorogando ulteriormente l’emergenza in atto con delibera del Consiglio dei ministri. Oppure, si potrebbe decidere di non modificare il codice del 2018, ma di derogarvi con un decreto legge, protraendo ancora l’emergenza stessa.
Lo “stato di emergenza” resterebbe così svincolato da regole di riferimento, giustificando interventi slegati anch’essi dalle condizioni previste dalla legge. La sua estensione, temporale e non solo, resterebbe così indefinita.
La via giuridicamente più corretta sarebbe la prima, ma il timore è che si stia virando verso la seconda. Già l’ultima volta lo stato di emergenza è stato prorogato con decreto legge, anziché con delibera del Consiglio dei ministri, come previsto dal codice del 2018.
E rappresentanti delle istituzioni ormai parlano di stato di emergenza in modo improprio, cioè slegato dai vincoli sanciti dal codice citato, identificandolo con una sorta di stato di precauzione che finisce per sconfinare in uno stato di prevenzione. Sono palesi i rischi di questo inquadramento, che in futuro giustificherebbe la più ampia discrezionalità nel sancire un’emergenza.
Forse il governo teme che, se ponesse fine a tale stato, le persone penserebbero che anche la pandemia è finita e sarebbero disincentivate a vaccinarsi, nonché ad adottare misure di protezione. A parte il paternalismo, questo sarebbe un modo non solo per distorcere il diritto, ma anche per eludere la trasparenza che serve nella comunicazione.
© Riproduzione riservata