Stefania Battistini, Simone Traini e altri sette colleghi sono accusati di ingresso illegale in Russia. Tajani convoca l’ambasciatore russo. In Donbass, uccisi tre operatori umanitari
Il ministero dell’Interno Russo ha messo nella lista dei ricercati sette giornalisti internazionali accusati di aver attraversato illegalmente il confine russo lo scorso agosto, mentre seguivano le truppe ucraine entrate nella regione di Kursk. Tra loro ci sono anche la giornalista Rai Stefania Battistini e il suo operatore, Simone Traini. Gli altri nomi inseriti nella lista sono quelli del reporter Cnn Nick Paton Walsh, di Nicholas Simon Connolly, dell’agenzia tedesca DW e degli ucraini Natalya Nagornaya, Olesya Borovik e Diana Butsko. Nei loro confronti era stata aperta un’indagine già alla fine di agosto. Il reato di cui sono accusati prevede la detenzione fino a cinque anni.
Il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, ha convocato l’ambasciatore russo per chiedere spiegazioni. «Ho fatto convocare alla Farnesina l'ambasciatore della Federazione russa in Italia per manifestare la nostra sorpresa a causa della singolare decisione di Mosca di inserire la giornalista Battistini nella lista dei ricercati diramata dal ministero dell'Interno Russo», ha scritto Tajani su X. Battistini, che segue il conflitto per la Rai dall’inizio della guerra, è stata tra i primi a visitare la regione occupata dai soldati di Kiev. Nel novembre del 2022, aveva ricevuto un’onorificenza per il suo lavoro dal presidente ucraino, Volodymyr Zelensky.
Inizia il contrattacco
E proprio a Kursk le truppe del Cremlino hanno appena iniziato rimettersi in moto. «Il contrattacco russo a Kursk è iniziato. Tutto procede secondo i nostri piani», ha detto ieri Zelensky. Ma la situazione sul campo è difficile, scrivono i blogger militari ucraini che due giorni fa, per primi, hanno dato la notizia dell’attacco. Secondo il Frontelligence Insight, le truppe di Kiev sono state colte «di sorpresa» dal contrattacco e hanno dovuto cedere terreno. Ieri, il ministero della Difesa russo ha rivendicato la liberazione di dieci villaggi in due giorni di combattimenti. «Stiamo spingendo gli ucraini fuori da Kursk», ha detto ieri il ministro degli Esteri, Sergei Lavrov.
Problemi sul fronte di Kursk, dove gli ucraini hanno ottenuto il loro principale successo militare da oltre un anno, è l’ultima cosa che Kiev desiderava, sopratutto mentre i russi continuano ad avanzare in Donbass e ora stanno mettendo a rischio la città di Vulhedar. Proprio in Donbass, ieri, un attacco di artiglieria ha ucciso tre operatori della Croce rossa e ne ha feriti altri tre mentre viaggiavano in un convoglio chiaramente identificato. Gli operatori stavano consegnando legna e altro materiale per riscaldarsi in un villaggio a pochi chilometri dal fronte. Zelensky ha accusato la Russia per l’attacco e chiesto una «dura e ferma risposta» da parte della comunità internazionale.
Attacchi come questo, che prendono di mira operatori umanitari chiaramente identificati, sono rari nel conflitto. Due mesi fa, un automobile della ong World Food Kitchen era stata attaccata da un drone russo, senza causare vittime. Zelensky ha anche annunciato un altro attacco quasi senza precedenti: un missile russo avrebbe colpito una nave carica di grano e diretta in Egitto, mentre navigava sul Mar Nero. Non ci sono state vittime, ma l’attacco è estremamente inusuale e insolito. Da quando, un anno fa, il traffico marittimo nei porti ucraini è ripreso, la Russia aveva sempre evitato attacchi diretti.
Missili e diplomazia
Nel frattempo, l’Iran ha risposto alle accuse arrivate dall’Europa di aver fornito missili alla Russia convocando gli ambasciatori di Francia, Regno Unito, Paesi Bassi e Germania. L’Unione europea e diversi stati membri hanno accusato l’Iran e minacciato nuove sanzioni in seguito alla conferma arrivata dagli Usa dell’invio in Russia di missili balistici destinati a essere usati contro l’Ucraina, una circostanza che Teheran continua a negare.
Forse proprio questa notizia ha contribuito a sbloccare la situazione degli attacchi a lungo raggio con armi Nato in Russia, la cui autorizzazione Kiev chiede ormai da mesi, ma su cui la Casa Bianca e altri alleati restano dubbiosi. Temono che il via libera possa causare un’escalation e sospettano che non sia molto utile dal punto di vista militare.
Secondo il quotidiano britannico Guardian, il Regno Unito avrebbe già dato la sua autorizzazione all’uso di missili Storm Shadow, con circa 300 chilometri di gittata. Il via libera degli Usa potrebbe arrivare tra poche settimane, quando Zelensky visiterà gli Stati Uniti in occasione dell’Assemblea generale delle Nazioni unite.
Ma gli ucraini sono sempre più frustrati per la lentezza nell’arrivo dell’autorizzazione. «Questo ritardo nel processo ha consentito alla Russia di spostare le sue basi molto più un profondità», ha commentato ieri Zelensky. Secondo l’intelligence Usa, negli ultimi mesi circa il 90 per cento degli aerei da combattimento russo è stato spostato oltre la portata dei missili di cui dispone l’Ucraina e che ammonta a circa 300 chilometri.
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