Al via libera agli attacchi sul suolo russo con armi Nato manca solo il sì ufficiale, che potrebbe arrivare tra due giorni, quando il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, incontrerà il suo omologo americano, Joe Biden, nel suo viaggio a Washington. È questo il risultato principale del viaggio a Kiev del segretario di Stato Usa Antony Blinken, in visita a Kiev con il suo omologo britannico, David Lammy, accompagnati dall’ambasciatore ucraino nel Regno Unito, l’ex comandante in capo delle forze armate ucraine, Valery Zaluzhny.

Dopo mesi di pressioni da parte degli ucraini, tutti i segnali puntano a un cambio di rotta da parte della Casa Bianca, fino ad oggi sempre timorosa che il via libera agli attacchi potesse causare un’escalation. Una risposta era attesa già ieri, dopo che Biden aveva parlato di come Washington stesse considerando «un cambio di politica» sugli attacchi in Russia e dopo la conferma, fornita sempre da Blinken, della consegna di missili balistici alla Russia da parte dell’Iran, arrivata dopo settimane di rapporti contraddittori e smentite da parte di Mosca e Teheran.

Ma alla fine, durante la conferenza stampa rimandata per ore a causa di un allarme aereo, Blinken e Lammy si sono limitati ad annunciare nuovi pacchetti di aiuti, ben tre miliardi l’anno quello annunciato dal britannico. Sugli attacchi in Russia, Biden ha detto che riferirà al presidente Biden quanto comunicatogli da Zelensky.

Questi sviluppi diplomatici potrebbero avere un risvolto complicato anche per il governo italiano, che di recente ha fornito all’Ucraina un numero sconosciuto di missili a lungo raggio Storm Shadow, in grado di colpire la Russia, ma il cui uso è stato vincolato al territorio ucraino (quindi Crimea e Donbass occupati). Fino ad ora il governo Meloni è rimasto fermo sul divieto di usare armi italiane in territorio russo, con numerose dichiarazioni da parte della presidente del Consiglio e del suo ministro della Difesa, Guido Crosetto.

Nella coalizione di governo, la Lega è particolarmente contraria a un cambio di politica. Ma se la svolta di Biden dovesse essere confermata, per l’esecutivo Meloni potrebbe diventare complicato mantenere le attuali regole di ingaggio. A togliere le castagne dal fuoco al governo potrebbe essere l’esaurimento delle scorte di questi missili, circa 200 acquistati nel 1999. In altre parole, il governo potrebbe semplicemente trovarsi senza armi a lungo raggio da fornire all’Ucraina, anche nel caso volesse cambiare politiche.

Le implicazioni

Intanto a Kiev si rimane prudenti sul cambio di rotta Usa e non viene dato nulla per scontato fino a che non ci sarà una parola definitiva da parte della Casa Bianca. Negli Stati Uniti, infatti, sono ancora in molti ad avere dubbi sul via libera agli attacchi in Russia Pentagono e intelligence Usa hanno recentemente affermato che la Russia ha spostato oltre il 90 per cento dei suoi aerei impegnati in Ucraina in basi che si trovano oltre la gittata dei missili Atacms e Storm Shadow forniti a Kiev, che possono colpire fino a 300 chilometri di distanza.

Una valutazione su cui concordano anche fonti ucraine, come gli analisti del principale portale sulla difesa del paese, Defense express, secondo cui «gli Atacms non potranno raggiungere le basi dei bombardieri russi». Per questa ragione, la rivista suggerisce al governo ucraino di iniziare a fare pressione sugli Usa per ottenere missili con gittata ancora più lunga, in grado di colpire le basi aeree russe situate fino a mille chilometri dall’Ucraina.

Kursk

L’autorizzazione non potrebbe arrivare in un momento migliore per gli ucraini, che al fronte si trovano in una situazione militare sempre più difficile. La pressione russa sul fronte del Donbass si sta facendo sempre più intensa e la strategica città di Pokrovsk rischia di cadere o di essere neutralizzata come snodo logistico fondamentale per gli ucraini schierati nella regione.

Nelle ultime 24 ore, però, nuovi problemi sono iniziati sul fronte di Kursk, dove un mese fa gli ucraini hanno lanciato un’offensiva a sorpresa, riuscendo a occupare oltre mille chilometri quadrati di territorio russo e catturando numerosi prigionieri. I russi infatti avrebbero lanciato il primo serio contrattacco nella regione, hanno scritto diversi blogger ucraini e russi e il sito vicino al ministero della Difesa ucraino Deep State. «La situazione sul fianco sinistro del settore di Kursk è peggiorata – hanno scritto questa mattina gli autori del sito –. I russi hanno iniziato operazioni di attacco superando il fiume Seim e attraversando altri corsi d’acqua minori».

Secondo gli ucraini, il permesso di usare Atacms e altri missili in territorio russo potrebbe aiutare la resistenza delle truppe presenti a Kursk, poiché consentirebbe agli ucraini di colpire le retrovie delle forze del Cremlino impegnate nel contrattacco.

Erdoğan e la Crimea

Nell’attesa del via libera di Washington, Kiev ottiene un’altra, inaspettata, vittoria diplomatica. Il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, che fino ad oggi aveva mantenuto un atteggiamento neutrale sul conflitto, ha detto che il ritorno della Crimea sotto la sovranità ucraina è un «requisito della legge internazionale» e che il suo paese «rimane determinato a sostenere l’integrità territoriale, l’indipendenza e la sovranità dell’Ucraina».

Si tratta di una delle dichiarazioni più nette fatte da Erdoğan sulla questione ucraina, spia di una probabile crescente insofferenza di Ankara nei confronti della prosecuzione del conflitto e dell’atteggiamento di Mosca, che negli ultimi mesi ha fatto richieste sempre più alte in termine territoriali in cambio del suo via libera a colloqui di pace.

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