Il senatore Cinque stelle ed ex ministro preferisce parlare di «campo progressista» ma esclude l’ingresso di Renzi nella coalizione. Il Partito democratico voterà la fiducia a von der Leyen, «noi no», risponde lui senza giri di parole
Esplode il caso Renzi nel centrosinistra, o «campo progressista» come preferisce chiamarlo il senatore già ministro Stefano Patuanelli, del M5s. Conte esclude il suo ingresso in coalizione. Poco prima M5s e Pd avevano misurato le distanze sul futuro commissario europeo Fitto. I dem sono dalla parte di von der Leyen e le voteranno la fiducia. «Noi no», risponde lui senza giri di parole.
Comunque l’Italia di Meloni si è presa il suo posto nella Ue?
Fitto è un uomo di equilibrio, un mediatore, si è preso in carico la questione del Pnrr, ma non posso dire di essere soddisfatto dei risultati, basta vedere i dati sulla spesa. L’aver voluto cambiare la governance per avere i propri uomini nelle cabine di regia ha rallentato la capacità di spesa. Vedremo la delega che avrà, vedremo cosa farà da commissario, noi giudichiamo nel merito. Ma l’Italia non ha il ruolo che le spetta.
Voi non avete votato von der Leyen, come Meloni. Qual è allora l’errore della premier?
Per un anno e mezzo l’ha accompagnata ovunque, si è piegata a ogni decisione della Commissione, penso al nuovo patto di stabilità e crescita che penalizza l’Italia, lo ha fatto sperando di avere una commissione di destra. Le europee hanno confermato il quadro politico precedente. E lei non ha ottenuto nulla dalla commissione uscente e si è trovata in contrapposizione con quella entrante. È questo il burrone in cui ha portato il paese.
La destra è divisa su molti dossier. La maggioranza regge?
Fino a quando nessuna delle forze politiche avrà una maggior convenienza a farla saltare.
Per esempio fino a che non arriva un’offerta a Forza Italia dal centrosinistra?
No, per esempio la riforma della Rai e una modifica del tetto alla pubblicità, potrebbe essere elemento capace di convincere il partito-azienda a fare dei calcoli.
Sulla Rai M5s collaborerà con un pezzo della maggioranza?
Non ci sono assolutamente le condizioni e non ci è stata chiesta collaborazione. C’è una maggioranza molto arrogante.
Lei non crede alle posizioni estive di Antonio Tajani sullo Ius scholae?
Tajani è stato richiamato all’ordine da chi gli sta sopra perché la postura semaforica con cui ha impostato i primi due anni della legislatura era troppo ferma, e ha detto alcune cose per far parlare di sé. Ma credo che come sempre Forza Italia si allineerà.
Proverete a portare a casa la legge, offrendo un terreno da cui FI non possa sottrarsi?
Certo. Per noi il problema però non è mettere in difficoltà la maggioranza ma trovare una soluzione per tanti immigrati di seconda generazione. E serve un minimo denominatore comune per cercare una maggioranza su questo in parlamento, che potenzialmente c’è. Io preferirei lo Ius soli, ma il mio movimento ha scelto lo Ius scholae e mi adeguo. Ma sono convinto che FI si sfilerà.
La destra è sfilacciata, ma il centrosinistra non quaglia.
Quaglia eccome. Siamo in procinto di avere una candidatura comune in Emilia-Romagna e in Umbria, lavoriamo perché accada anche in Liguria, eravamo insieme in Sardegna, Abruzzo e Basilicata. Alle principali tornate elettorali dopo il 2022 il campo progressista, intendo Pd, M5s e Avs, è stato compatto.
In Liguria M5s accetterà Orlando?
Non ho il ruolo di seguire gli accordi. Ma negli ultimi giorni ci sono stati passi avanti per una proposta unitaria.
Per lei il campo progressista è composto solo da Pd, M5s e Avs. Renzi si offre, per Conte imbarcarlo sarebbe un harakiri. La vostra insistenza a parlare di lui gli ha regalato centralità?
Io ne farei volentieri a meno, ma devo rispondere alle domande che mi vengono poste. Lui ha questa caratteristica: quando soffre, s’offre. Ha avuto una sconfitta alle europee, è stato salvato per la cuffia da Calenda nel 2022. Il portato di Renzi per il centrosinistra non è positivo: sui temi siamo divisi né abbiamo un terreno comune, non c’è un substrato comune sul modo di fare politica. Renzi è solo gestione del potere. Per M5s è molto difficile pensare di stare assieme. Io lo ritengo impossibile.
Scrive Goffredo Bettini che qualcuno ha dato le “chiavi” della coalizione a Renzi. È così?
Lui cerca di prendersele ma mi auguro che il Pd sia consapevole che Renzi è deflagrante per il campo progressista. Le possibilità di dialogo con i liberali interpretati da Calenda vanno costruite, ma sono ben maggiori. Si continua a dire “niente veti, pensiamo ai voti”. Chiedo: quali voti?
Crede che Renzi faccia perdere più voti di quanti ne porta?
Ne sono convinto.
Dunque il “centro” lo fa Calenda?
Non devo dirlo io, ma è necessario occupare uno spazio portando via consenso al centro della destra. Mi sembra che sia quello che voleva fare Calenda, e che ha interrotto alle politiche imbarcando Renzi. Se si auto-isola spinge Renzi verso il centrosinistra ed è evidente che così si rischia la deflagrazione.
Nel 2022 Pd, M5s, e anche Calenda non vi siete alleati sull’Agenda Draghi. È un problema del passato?
Sì, quell’Agenda non è mai esistita, e soprattutto c’è una segreteria nuova nel Pd che si è spostata su posizioni più vicine a quelle del movimento, come il salario minimo, una proposta nostra del 2013 e non si è fatta quando governavamo assieme perché il Pd all’epoca aveva una posizione diversa.
Il piano Draghi per il futuro della Ue è più potabile per voi?
Draghi è autorevole su questi temi, il suo piano ha alcune proposte interessanti, non tutte accettabili per noi, ma interessanti.
Sull’Ucraina crede sia possibile una posizione comune con il Pd?
Sarebbe possibile se tenessimo più ferma la parola pace e pensassimo sul serio agli strumenti per raggiungerla. Siamo di fronte invece a una libido della possibilità di veder sconfitto Putin. Ho il timore di questa postura perché porta a un conflitto eterno. Poi magari la Russia sarebbe sconfitta, ma dopo una guerra nucleare.
Quindi l’Ucraina va disarmata?
L’Ucraina senza un supporto militare che va avanti da 28 mesi senza risultati sarebbe costretta a trattare. Io non sono contento di andare a trattare con chi l’ha invasa, come non sono contento di trattare con i terroristi di Hamas, ma è con questi che bisogna trattare, altrimenti auspichiamo il conflitto eterno. In Palestina significa genocidio, in Russia significa di aspettare di arrivare a Mosca in armi. Uno è inaccettabile, l’altro è impossibile.
Trattare senza armi non è la resa?
No, come dice il papa: serve il coraggio della bandiera bianca.
Che si alza quando ci si arrende.
No, quando ci si rende conto che è meglio fermarsi che continuare a raccogliere morti civili. Bisogna trovare gli strumenti per obbligare le parti alla pace. Verso Putin ne abbiamo di meno, verso Zelensky qualcuno di più, proviamoci. Altrimenti la fine della guerra ci sarà quando per l’Occidente sarà più ampio il business della ricostruzione di quello delle armi. È eticamente inaccettabile.
È iniziato il congresso del M5s. Quanto pesano i veti di Grillo?
Beppe è il co-fondatore della nostra forza politica ed è il garante del movimento. È giusto che esprima le proprie idee, e lui ha un peso specifico diverso dagli altri. Al voto però uno vale uno. Una comunità che si dà delle regole, con quelle regole poi sceglie come cambiarle.
Alla fine potrebbe esserci un M5s che non vuole più stare nel campo progressista?
Potenzialmente sì, stiamo facendo un percorso vero, e serio. Non si può dare un limite alla discussione dell’assemblea. Poi io sono convinto che i principi cardine del movimento e ciò abbiamo fatto nella nostra storia sono ancorati in modo totale al campo progressista, dal reddito di cittadinanza, al decreto dignità, allo spazza-corrotti, alla transizione ecologica, tutto quello che abbiamo fatto stanno in quel campo lì.
Ora che siete di sinistra, potreste fare anche voi una scissione?
No, ma scissione da chi? Abbiamo subito una scissione di Luigi Di Maio, ma perché si è messo a fare altro. Ma oggi fra noi c’è una discussione normalissima. Avrebbe più senso chiedersi se la segreteria Schlein decide di non imbarcare Renzi potrebbe subire la scissione di Base riformista.
Se sull’autonomia differenziata il fronte referendario non porterà a votare la metà più uno degli italiani, avrete tutti fatto un insperato regalo alla Lega e alla destra?
Certe battaglie si debbono fare a prescindere dalla certezza del risultato. Chiameremo tutti i cittadini, non solo quelli del Sud. Anche gli imprenditori, che a seconda di dove hanno la sede produttiva avranno norme diverse e burocrazia diversa. E lo dico da triestino, da cittadino di una regione a statuto speciale, che conosce i vantaggi dell’autonomia. Il tema è il modo in cui questa legge la dà.
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