- Il Comitato prezzi e rimborsi dell'Agenzia italiana del farmaco ha espresso parere positivo sulla gratuità della pillola contraccettiva.
- Ma tale parere non vincola l’organo decisore, cioè il Consiglio di amministrazione dell’Aifa, che potrebbe quindi adottare una deliberazione diversa.
- L’Agenzia dovrebbe essere indipendente dalla politica, la quale tuttavia prova a ingerirsi nelle relative decisioni, come ha fatto anche per la pillola anticoncezionale.
Il Comitato prezzi e rimborsi (Cpr) dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha deciso che possa essere resa gratuita la pillola contraccettiva. Lo ha anticipato la presidente del Cpr, Giovanna Scroccaro, in un'intervista a Quotidiano Sanità.
Per arrivare a questa decisione «sono stati valutati, all'interno di 3 categorie di farmaci contraccettivi, individuate e divise per “generazione”, i prodotti meno cari, che sono stati resi gratuiti. È stata in particolare la Commissione tecnico-scientifica a suddividere la grande platea di contraccettivi disponibili a oggi per componente progestinica, raccomandando di rendere disponibili gratuitamente un certo numero di prodotti per ogni diversa “generazione” di medicinali, garantendone una certa sovrapponibilità».
La gratuità della pillola anticoncezionale potrebbe consentirne l’utilizzo anche alle donne che finora non potevano permettersi di sostenerne il costo. Nel rapporto nazionale dell’Aifa sull’uso dei farmaci riferito al 2021 si dice che l’Italia, ad oggi, mostra livelli bassi di utilizzo dei moderni sistemi di contraccezione rispetto ad altri Stati europei, oltre a non essere un paese con una lunga tradizione di pianificazione della gravidanza.
Negoziazione e rimborsabilità
L’Aifa interviene su rimborsabilità e prezzo dei medicinali, ai sensi del decreto del Ministero della Salute del 2 agosto 2019, attraverso procedure di negoziazione del costo dei farmaci con le aziende farmaceutiche e di gestione del Prontuario Farmaceutico Nazionale (PFN). I medicinali oggetto delle procedure sono quelli idonei a essere inseriti – tra l’altro - nella classe A dei farmaci a carico del Servizio sanitario nazionale (Ssn). La rimborsabilità è decisa a seguito di pareri resi da due organismi tecnici: la «Commissione tecnico-scientifica» (Cts), che valuta l’efficacia e la sicurezza delle terapie, e il Cpr, che fissa la quota del loro costo che grava sullo Stato.
I componenti delle due commissioni tecnico-consultive attualmente in carica sarebbero decaduti nel settembre 2020, se non fossero intervenute una serie di proroghe, da ultimo con il decreto Milleproroghe di fine anno (d.l. 198/2022), che ne hanno prolungato la durata fino al 30 giugno 2023. Entro tale data, infatti, dovrebbe diventare operativa la riforma dell’Aifa, uno dei primi atti del governo di Giorgia Meloni (d.l. 169/2022). Peraltro il governo stesso, appena dopo l’insediamento, in applicazione dello spoil system, aveva sostituito nell’incarico di direttore generale Nicola Magrini con Annarosa Marra.
La decisione finale
Il parere positivo del Cpr circa la gratuità della pillola anticoncezionale è una delle sue ultime deliberazioni, per l’avvicinarsi della data di scadenza. E pare che, proprio per questo motivo, la relativa istruttoria sia stata portata a conclusione prima di tale data. Ma va sottolineato un elemento al quale non è stato dato molto rilievo nell’ambito delle reazioni soddisfatte manifestate nei giorni scorsi: la decisione sulla gratuità della pillola non è quella finale dell’Aifa.
Infatti, come può leggersi nel regolamento che disciplina l’attività di Cts e Cpr, i relativi pareri non vincolano l’organo decisione, cioè il Consiglio di amministrazione (Cda), che potrebbe quindi adottare una deliberazione anche del tutto diversa. E c’è il rischio che ciò possa accadere, ad esempio in considerazione del costo totale della misura a carico del Ssn, stimato in circa 140 milioni di euro l'anno: argomentazione che di per sé non significa molto, poiché in un’analisi costi-benefici i costi non vanno mai valutati in termini assoluti, bensì considerando anche gli impatti positivi della misura.
Insomma, il parere favorevole del Cpr rischia di essere cassato o comunque ridimensionato dalla determinazione finale del Cda, che non è scontato sia in linea con quella del Comitato.
La riforma dell’Aifa
La riforma dell’Aifa, che dovrebbe essere resa operativa entro il prossimo giugno, come detto, comporterà modifiche rilevanti sul funzionamento. Viene soppressa la carica di direttore generale, cui spettava la rappresentanza legale dell’Agenzia; le sue funzioni sono attribuite al presidente del Cda; il Cts e il Cpr vengono accorpati in un unico organismo, la Commissione scientifica ed economica del farmaco (Cse).
Un decreto del ministero della Salute determinerà funzioni e modalità di nomina del presidente, nonché del direttore amministrativo e del direttore tecnico-scientifico – figure previste nel 2019 dall’allora ministra della Salute, Giulia Grillo, ma mai istituite in concreto - che dovrebbero supportare le attività del presidente. Da una bozza del decreto che è circolata si evince che il presidente dell’Aifa sarà ancora nominato con decreto del Ministro della salute, sentita la Conferenza Stato-Regioni. Al presidente, spetterà il coordinamento delle attività dell’Agenzia, nonché la tenuta dei rapporti con istituti di ricerca pubblici e privati, con agenzie di altri paesi e con la European Medicines Agency-EMA. In caso d’urgenza il presidente, inoltre, anticiperà i provvedimenti di competenza del CdA, che poi li ratificherà.
La riforma parte dal presupposto che la struttura attuale dell’Agenzia sia causa di ritardi nell’approvazione dei farmaci e nella loro disponibilità per i pazienti e che, pertanto, serve uno snellimento delle attuali strutture. Ma tale presupposto non è supportato dai dati. Da questi ultimi, infatti, «emerge che le tempistiche di AIFA sono da ritenersi soddisfacenti»: «l’Italia si posiziona tra i primi paesi europei in ambito di autorizzazione dei medicinali, con valore medio pari a 429 giorni rispetto a una media europea di 511 giorni e a fronte di un elevato numero di farmaci totalmente rimborsati dal Servizio sanitario nazionale».
I rischi della nuova Aifa
La configurazione precedente, con il dualismo tra il direttore generale e il presidente del Cda, consentiva un certo equilibrio dei poteri interni all’Agenzia. Il ruolo esclusivamente di coordinamento tecnico-scientifico spettante al direttore generale assicurava l’indipendenza nello svolgimento delle attività scientifico-regolatorie dell’Agenzia, restando gli aspetti economici e organizzativi di competenza del presidente. In altre parole, il fatto che l’esame sull’effettivo valore terapeutico di un farmaco fosse svolto da un soggetto diverso da quello che ne valutava rimborsabilità e negoziazione del prezzo garantiva che la prima valutazione (scientifica) non fosse influenzata dalla seconda (di tipo economico). La riunificazione dei due profili, con il presidente che diventa una sorta di figura monocratica, rischia di minare questa garanzia, rendendo peraltro l’Agenzia più permeabile alle interferenze della politica.
Ma, già prima dell’operatività della riforma, la politica non ha comunque rinunciato a provare ad interferire con la decisione assunta dal Comitato dell’Agenzia. Un’esponente della maggioranza di governo, Lavinia Mennuni di Fratelli d’Italia, ha chiesto ad Aifa di fare «un passo indietro» sulla scelta relativa alla pillola anticoncezionale. «Abbiamo una priorità» – ha detto la senatrice - «ed è che ogni risorsa disponibile dello Stato venga apposta per favorire la natalità e sostenere la famiglia». Insomma, la decisione del Cpr – il cui onere per le casse pubbliche viene rimarcato dalla senatrice – contrasta con lo stimolo alla natalità, che è l’obiettivo del governo. Quest’argomentazione è mistificatoria: incentivare la natalità non può tradursi nell’ostacolare la contraccezione, specie nei riguardi di chi non può permettersi di pagarla, violando il principio di universalità e uguaglianza sul quale dovrebbe basarsi il Ssn.
Ma Mennuni va anche oltre, chiedendo all’Aifa di non entrare «nell’ambito di decisioni che competono alla politica». Anche questa è una mistificazione: le decisioni sui farmaci non spettano alla politica, né le spetteranno dopo la riforma. L’indipendenza dell’Agenzia dovrebbe restare garantita. Ma se la politica non rinuncia a interferire, e anzi rivendica competenze che non le appartengono, non si può essere molto ottimisti.
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