La leader vede il presidente papabile capolista del Nord-Est. Ma c’è la consegna del silenzio. I segretari regionali dicono sì ai civici ma le chiedono di «valorizzare i territori»
È una rigida consegna del silenzio quella che viene impartita alla fine degli incontri che si sono svolti ieri al Nazareno sulle liste per le europee. Racconta che il clima nel Pd non è serenissimo, anzi «siamo in un momento di grande difficoltà», come ammette uno dei «convocati» lasciando la sede nazionale del partito. La giornata peraltro si è aperta con una notizia scoperta e raccontata da Repubblica: Elly Schlein vuole candidare Ilaria Salis, l’italiana detenuta nelle carceri di Budapest. Una scelta simbolica in difesa dello stato di diritto. «Una pannellata», come la definiscono alcuni dirigenti perplessi. Senza dubbio la notizia arriva in un momento infelice, il giorno della ripresa del processo a Budapest.
Nella riunione di segreteria di martedì scorso l’ipotesi, condivisa dalla war-room della segretaria, era stata tenuta coperta. Dunque nessuno commenta. Intanto per rispetto alla connazionale che in quelle stesse ore compariva di nuovo di fronte al giudice, di nuovo in catene e al guinzaglio dei suoi carcerieri. Zero commenti anche da parte della famiglia Salis, che ha altro da pensare: Ilaria non ha ottenuto i domiciliari, e la famiglia, provata dalla delusione e dalla rabbia, dopo l’udienza ha pranzato con i parlamentari rossoverdi Nicola Fratoianni e Ilaria Cucchi. Con loro non c’era alcun dirigente del Pd (ma al processo erano presenti Sandra Zampa e Laura Boldrini). Comunque i rapporti con i Salis sono tenuti direttamente da Schlein. A darle una mano il deputato di Demos Paolo Ciani, il primo ad andare a trovarla in carcere.
Schiarita con Bonaccini
A Roma, il primo incontro della mattinata è stato il più difficile: il faccia a faccia fra la segretaria e Stefano Bonaccini. Il presidente del Pd (e dell’Emilia-Romagna) è irritato. La minoranza riformista, con lui in testa, è a dir poco furibonda per tutta la gestione del dossier liste da parte della leader e dei suoi collaboratori; comprese le notizie che fuoriescono dal Nazareno e raccontano di dirigenti che chiedono in coro la candidatura della segretaria. In realtà fin qui sono più i dirigenti che hanno segnalato la rigidità dello schema a «panino» che si vuole applicare a tutte e cinque le circoscrizioni: donna civica, dirigente di partito (maschio), Schlein medesima. Che correrà, ormai lo sanno tutti, anche se non l’ha ufficialmente annunciato.
Potrebbe finire che questo schema non venga applicato ovunque. Per esempio, forse, non nella circoscrizione Nord est, dove il capolista “naturale” sarebbe proprio Bonaccini, e – per tutta la minoranza – il presidente del partito non può essere secondo a nessun altro che la segretaria. Invece Schlein aveva in testa di far correre da capolista Annalisa Corrado, responsabile ambiente del Pd, ingegnera, tendenza no-termovalorizzatori. Ci starebbe ripensando, “aprendo” alle ragioni della minoranza.
Ma c’è la consegna del silenzio, appunto. Il confronto fra i due finisce con un abbottonatissimo «incontro positivo» comunicato dal Nazareno a nome di entrambi, e la promessa reciproca di non alimentare polemiche.
Ora si prenderanno qualche giorno per fare valutazioni e approfondimenti prima del prossimo faccia a faccia, quello dove si prenderanno decisioni definitive. Certo, se Schlein non accetta il primo posto per Bonaccini, il malumore dei riformisti è destinato ad aumentare. Ma se trova un accordo solo con Bonaccini, e non “aggiusta” altre situazioni potenzialmente esplosive in giro per l’Italia – come per esempio la retrocessione a quinta nella lista del Sud della vicepresidente dell’Europarlamento Pina Picierno – allora il malumore si rivolgerà non solo alla segretaria, ma anche al presidente, leader della minoranza riformista, che non sarebbe riuscito a garantire che sé stesso. Tetris complicato, e un po’ per tutti. La Pasqua porterà consiglio.
Non c’è pace per i pacifisti
Più sereno, ma lunghissimo, il confronto con i segretari regionali. Iniziato alle 15 e 40, è finito alle 18 suonate. Qui la segretaria, con Davide Baruffi, ha comunicato i criteri con cui saranno compilate le teste di lista: «Un mix di civismo e politica». I segretari lo sapevano già, ma dal canto loro hanno chiesto di «valorizzare la rappresentanza territoriale». Tradotto: di comprendere tra gli eletti sicuri qualcuno che non sia fra gli scelti e selezionati dal Pd nazionale. «Clima costruttivo», raccontano i presenti, forse anche troppo pragmatico, se pure in questa riunione alla segretaria non è arrivata la richiesta corale di correre alle europee. Anche in questo caso, dopo Pasqua si faranno incontri “bilaterali” sulle liste delle singole circoscrizioni. Non sono stati fatti nomi.
Ma i nomi circolano, e su alcuni c’è maretta. Sicuramente su quello di Marco Tarquinio, ex direttore di Avvenire, pacifista e contrario all’invio di armi all’Ucraina. L’ipotesi più accreditata è che sia candidato al Centro, ma non capolista: quarto, dopo Ilaria Salis (se accetta), Nicola Zingaretti e Schlein. Tarquinio è difeso da sinistra da Andrea Orlando. Ma Lia Quartapelle si chiede: «Condivide il programma di lavoro che ci siamo dati per i prossimi anni?». Perché questa candidatura anche per lei sembra alludere a un cambio di linea; e allora se si vuole «cambiare rotta», dice, bisogna farlo «apertamente, con una discussione esplicita negli organismi di partito».
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