Il ministro degli Esteri, dal congresso del Ppe che ha incoronato Ursula von der Leyen come candidata presidente della Commissione, traccia la strada verso l’alleanza tra Ppe e Conservatori. E ipotizza il collega ministro come commissario
Al congresso del Ppe di Bucarest giovedì è stato il giorno previsto dell’incoronazione ufficiale di Ursula von der Leyen come candidata presidente della Commissione europea. Il via libera è arrivato a larghissima maggioranza ma con una ragionevole dose di dissenso: i voti validi sono stati 489 su 499, 400 i sì per von der Leyen, 89 i no. E forse anche qui sarebbe eccessivo parlare di sorpresa visto che già nei giorni scorsi, dai francesi agli austriaci, qualche malumore era emerso. Poco per impensierire la candidata e il padre padrone dei Popolari europei, Manfred Weber. Abbastanza per dare il segno di una democrazia interna che sulla carta non esiste.
Perché bis di von der Leyen doveva essere e bis sarà. Ma soprattutto perché la strategia in vista del voto di giugno è già ampiamente tracciata. Con l’Italia laboratorio privilegiato di ciò che potrebbe essere.
Avanti Fitto
Per capirlo basta leggere le dichiarazioni rilasciate da Antonio Tajani. Il ministro degli Esteri è il leader di Forza Italia che, come ha detto Weber, «è il Partito popolare in Italia».
E giovedì ha tracciato l’identikit del prossimo commissario europeo. «L’Italia – ha detto – deve riavere la vicepresidenza della Commissione che con Paolo Gentiloni abbiamo perso, non per colpa di Gentiloni. È importante avere un bravo commissario, competente, che conosca la realtà di Bruxelles e che creda nell’Europa». Poi un passaggio sulle deleghe che il nostro paese potrebbe chiedere: «Difesa, agricoltura, industria e ambiente sono portafogli in cui l'Italia può dare un contributo importante all’Europa».
Ora è chiaro che Tajani, parlando del futuro, sta in parte ricordando i bei tempi andati, essendo stato vicepresidente della Commissione e commissario ai Trasporti e per l’Industria e l’imprenditoria. E un po’ sta anche parlando di Raffaele Fitto, collega che conosce bene Bruxelles, dove è stato sia come eurodeputato di FI – quindi all’interno del gruppo del Ppe – sia come eurodeputato di FdI, co-presidente del gruppo dei Conservatori e dei riformisti europei.
Non a caso, quando qualcuno gli chiede se sia l’attuale ministro per gli Affari europei l’uomo giusto per ricoprire quella posizione, Tajani non vacilla: «Non c’è stata nessuna discussione all’interno della maggioranza. Non ne abbiamo parlato nell’interno del governo. Bisogna vedere se una persona è disposta a farlo. Certamente Fitto lo farebbe benissimo, se volete sapere il mio giudizio. Ma non è non è né una candidatura, né una proposta. Mi avete chiesto un giudizio su una persona: secondo me Fitto lo farebbe benissimo, però non ne abbiamo veramente mai parlato, mai discusso, mai ipotizzato un nome. Inoltre è presto. Se ne parlerà a fine anno: prima ci sono le elezioni europee, poi il voto, poi la fiducia al presidente della Commissione, poi le audizioni dei commissari. C’è tempo».
Isolare Salvini
L’insistenza con cui il leader di FI ribadisce che «non ne abbiamo parlato» fa pensare che, in realtà, se ne sia parlato eccome. Di certo c’è che sia Tajani, sia Fitto stanno lavorato e hanno lavorato per favorire una convergenza europea tra il Ppe e i Conservatori.
Di altrettanto certo c’è che, in questo momento, al netto delle inevitabili schermaglie interne alla maggioranza, il rapporto tra FdI e FI è più che solido. Anche perché cementato dal comune obiettivo di isolare il sempre più debole Matteo Salvini.
Le europee, nella testa di Meloni, che non a caso negli ultimi mesi ha investito molto nel rapporto con von der Leyen, saranno il momento della svolta. La premier italiana vorrebbe sancire il suo ingresso ufficiale nella “buona borghesia” della Ue. E portare a casa qualche poltrona.
Dopotutto, ricorda ancora Tajani, se è vero che attualmente la commissione di regge su una maggioranza popolari-socialisti, «le alleanze si possono creare anche diverse da quelle che ci sono state nelle ultime legislature. L’importante sono i contenuti, poi dipende da quello che diranno i cittadini: sono loro i padroni delle nostre decisioni. Vediamo qual è il risultato elettorale. Il Partito popolare è la chiave per realizzare qualsiasi maggioranza di governo. A noi interessa la stabilità dell’Europa. Possiamo fare alleanze con chi crede nei nostri valori: questi valori sono l’Europa, una presenza politica dell’Europa in politica estera e avere una difesa europea».
La strada è tracciata e l’ultima stoccata alla Lega spazza via qualsiasi dubbio: «Quella espressa dalla Lega su Ursula von der Leyen è un'opinione. Si sapeva la posizione della Lega su von der Leyen. Noi di Forza Italia invece l’abbiamo votata, perché possa essere il candidato del Ppe».
L’ultima parola spetta ovviamente a Meloni. Se tutto va come deve andare Tajani ha già detto che sarà molto felice di sostenere la candidatura di Fitto come commissario Ue. Anche questa non è una novità, il nome dell’esponente di FdI è presenza fissa nei totocandidati, ma parlarne è un ulteriore passo verso il traguardo finale.
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