Tra un anno e tre mesi si vota per il rinnovo del consiglio regionale in Liguria. Ma Giovanni Toti, in base alle ultime dichiarazioni dell’avvocato Stefano Savi, non parteciperà. Un passo indietro annunciato con largo anticipo, mentre sul breve termine tutto al momento tace.

E sulle dimissioni del presidente della regione, agli arresti per corruzione, ieri si è riacceso lo “scontro”, dopo che il tribunale del Riesame di Genova, ha confermato gli arresti domiciliari. Il politico di centrodestra, sempre in base alle parole del suo legale, prenderà una decisione solo dopo aver concluso di leggere le 33 pagine del provvedimento contro cui già è stato annunciato ricorso in Cassazione. «Con questo tipo di impostazione sembra che l’unica soluzione che taglierebbe la testa al toro sarebbe quella delle dimissioni – dice non a caso Savi – Toti valuterà le scelte politiche da fare, che non sono di natura personale ma collettiva».

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La Lega

Al momento il futuro prossimo della regione è più che mai incerto. Col ministro Matteo Salvini che ha tutto l’interesse a che Toti, a cui «viene contestato di aver scambiato utilità economiche con l'adozione di specifici provvedimenti amministrativi e non certo di aver adottato scelte “politiche” nella sua veste di presidente della regione», resti al suo posto.

D’altronde la Lega è il partito numero uno in Liguria, ed è anche quello dell’attuale presidente ad interim, Alessandro Piana, che commenta la decisione del tribunale dicendosi «rammaricato e di voler proseguire il lavoro di crescita della Liguria di giunta e maggioranza».

Intanto il leader leghista, che sui social invoca il carcere per «le borseggiatrici anche incinte» per garantire la sicurezza dei cittadini, spera al contempo che «non ci sia nostalgia del tintinnar di manette» per il politico nato e cresciuto in Mediaset. «Questa è ideologia, è un danno al paese e non al centrodestra in Liguria. Tenere agli arresti per più di due mesi, prima ancora di un processo o di una condanna, qualcuno che è stato eletto dai cittadini e che ha lavorato per anni significa dare un pessimo segnale», dichiara il ministro commentando la decisione dei giudici.

Che hanno respinto la richiesta della difesa perché il presidente potrebbe reiterare il reato «in quanto ha dimostrato di non aver compreso appieno la natura delle accuse». Secondo il tribunale «persiste la concreta probabilità che l’indagato reiteri condotte di analogo disvalore confidando nel malinteso senso di “tutela del bene pubblico” cui ha ammesso di essersi ispirato all’epoca dei fatti nei rapporti che ha intrattenuto con Spinelli e Moncada e che, sulla scorta di un quadro gravemente indiziario nemmeno formalmente contestato, a oggi risultano correttamente qualificate in termini di corruzione».

Le reazioni

«Prendo atto della decisione dei giudici del Riesame, che spero in futuro possa essere modificata, e a breve mi incontrerò con i coordinatori regionali degli altri partiti del centrodestra per fare il punto politico insieme a loro», commenta il coordinatore ligure di Fratelli d’Italia, Matteo Rosso. Ma «a decidere sulle sorti della regione – metteva in chiaro nei giorni scorsi il forzista ligure Carlo Bagnasco – saranno i leader nazionali. Oltre a Salvini, Meloni e Tajani».

Proprio Meloni e Tajani che, all’indomani della maxi operazione che ha coinvolto il presidente della Liguria, si sono dimostrati garantisti, predicando cautela e silenzio.

Diametralmente opposte le reazioni delle opposizioni. Con Pd e M5s che chiedono dimissioni immediate. Già nei giorni scorsi la segreteria dem Elly Schlein sottolineava la necessità «delle dimissioni alla luce del quadro emergente».

E il segretario ligure del Pd Davide Natale oggi rincara la dose: «La Liguria ha bisogno di guardare al futuro e di essere liberata da questo incubo. È impensabile che una regione possa essere governata senza la presenza di un presidente nel pieno delle sue funzioni. Questa situazione di incertezza accresce le ripercussioni negative di nove anni di governo del centrodestra».

In questo clima di confusione l’unico fatto certo è pertanto quello stabilito dai giudici. Toti rimarrà ai domiciliari nella sua villetta di Ameglia, il borgo delle «perdute estati» di Montale, Calvino e di quegli intellettuali che cercarono di salvare il territorio dalla speculazioni edilizie.

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