- La «nota» contro la legge sull’omotransfobia è un salto di qualità. Letta insiste sulla legge e chiede ai suoi parlamentari di evitare la giostra delle dichiarazioni. Ma chiede di sapere se per il governo «quel testo viola il Concordato».
- Mercoledì Draghi parlerà alla camera. Al senato Pd e M5S stavano per annunciare lo strappo: andare subito in aula è diventata l’unica possibilità per portare a casa il ddl Zan. Ma i numeri ballano, sospetti sulle scelte di Italia viva ai voti segreti.
- Zan: «Vanno ascoltate tutte le preoccupazioni e fugati tutti i dubbi, ma non ci può essere alcuna ingerenza estera nelle prerogative di un parlamento sovrano». Calenda: dibattito aperto ma inaccettabili le intromissioni formali della Chiesa.
«Nessuna apertura a nulla perché per ora non abbiamo letto nulla». Alle 11 di mattina, dinanzi ai senatori che lo tartassano di domande, le parole del segretario Pd Enrico Letta tradiscono l’irritazione. La notizia della «nota verbale» del Vaticano consegnata all’ambasciata d’Italia presso la Santa sede il 17 giugno 2021, ma da lui «scoperta» solo ieri dalla prima pagina del Corriere della Sera, resta per lui per tutta la giornata un mistero glorioso.
Né dalla Farnesina, che ha ricevuto la nota, né da palazzo Chigi, al cui consigliere diplomatico presumibilmente è stata subito consegnata: nessuno gliene ha parlato. Nessun cenno è arrivato neanche nel colloquio che il segretario del Pd ha avuto con il ministro Di Maio il 18 giugno, un giorno dopo la consegna della nota, a Barcellona a margine del Foro Spagna-Italia.
Letta spiazzato
Per il segretario del Pd ieri doveva essere la giornata della presentazione ai parlamentari delle Agorà democratiche. Ma la nota del Vaticano è una bomba. Che innesca una guerra santa. Carlo Calenda, candidato sindaco di Roma, si gioca l’attenzione di alcune associazioni cattoliche parlando di inaccettabili intromissioni formali della Chiesa nel processo di approvazione di una legge», anche se «la Chiesa ha, ovviamente, pieno diritto di parola».
In realtà da Oltretevere viene precisato che non si tratta di uno stop alla legge Zan ma solo la richiesta «di rimodularne alcuni punti per consentire alla chiesa di agire liberamente in ambito pastorale, sociale ed educativo». E Avvenire, nelle sue cronache, sottolinea la disponibilità al «dialogo». Monsignor Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli stati della Santa sede, avrebbe consegnato la nota al nostro ambasciatore in occasione di un incontro su altri temi. C’è chi spiega che il piano diplomatico serve per evitare intemperanze di qualche porporato sulla legge Zan (da presidente della Conferenza episcopale, Camillo Ruini, nel 2007 bordeggiò la scomunica per chi avrebbe votato i Dico, simil unioni civili). E c’è anche chi suggerisce che Oltretevere non si può non sapere che, con questa pubblicità, la legge Zan non potrà che essere approvata.
Secondo lo stato del Vaticano la legge viola il Concordato tra Italia e Santa sede, nella modifica del 1984, in cui si assicurano alla Chiesa «libertà di organizzazione, di pubblico esercizio di culto, di esercizio del magistero e del ministero episcopale»; e si garantisce «ai cattolici e alle loro associazioni e organizzazioni la piena libertà di riunione e di manifestazione del pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione».
La richiesta di una esenzione delle scuole paritarie cattoliche dal dovere di celebrare la giornata nazionale contro l’omofobia, istituita nella legge, è solo un corollario.
Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia esultano per l’insperato aiuto alla loro battaglia contro la legge Zan. «Se vogliamo approvare il testo, non resta che la strada dell’intesa su una modifica concordata», spiega il forzista liberal Andrea Cangini. Gli azzurri brandiscono il testo di Licia Renzulli che per Pd e M5s è inutile a difendere le vittime di omobitransfobia. Davide Faraone, il senatore renziano che propone un tavolo con le destre per “salvare” la legge, è convinto che Letta non abbia altre possibilità che arrendersi.
Ma le cose non stanno così. Almeno non per il momento. Il segretario Pd chiede e ottiene che i suoi parlamentari evitino la fiera delle dichiarazioni in libertà, data la delicatezza del caso. Parla Alessandro Zan, firmatario della legge: «Vanno ascoltate tutte le preoccupazioni e fugati tutti i dubbi, ma non ci può essere alcuna ingerenza estera nelle prerogative di un parlamento sovrano». Letta stesso deve correggere una prima nota in cui sostiene comunque la legge Zan aggiungendo «naturalmente, siamo disponibili al dialogo».
Parole che autorizzano letture aperturiste, e infatti poi vengono corrette con una sottolineatura in più nella difesa della legge. Al senato la tentazione di andare subito in aula da qualche giorno è diventata l’unica possibilità per portare a casa la legge, visto che il presidente leghista Andrea Ostellari da settimane manda in scena un circo infinito di audizioni improbabili, in cui appaiono rappresentanti religiosi non solo cattolici che inneggiano ai valori «della natura», magistrati che confondono il reato di pedofilia con un orientamento sessuale, e esaltati che chiedono l’organizzazione di un fronte delle «forze sane» della società.
La bella morte
Portare subito la legge in aula, come chiede con insistenza il senatore Andrea Marcucci, espone il testo alla bella morte: e cioè a cadere in qualche voto segreto, dove potrebbe arrivare il no di qualche franco tiratore. Ai senatori Pd è ormai evidente che una parte di Italia viva non vuole votare più il testo, forse non vuole concedere una vittoria a Letta nonostante gli appelli accorato del viceministro Ivan Scalfarotto. Ma prima di capire cosa fare al senato per Letta ormai c’è una questione ineludibile. La «nota» pone una questione che solo le massime autorità dello stato, quindi anche il Colle, che però non viene tirato in ballo, possono dirimere. «Le forze parlamentari devono sapere se quel testo viola il Concordato», viene spiegato alla sede nazionale del Pd, «la questione ormai è una questione fra stati».
Per questo che Mario Draghi in serata dal vertice di Cinecittà con Ursula von der Leyen, si rifiuta di rispondere a una domanda volante dei cronisti. «Domani», dice, e cioè oggi «sarò in parlamento tutto il giorno, mi aspetto che me lo chiedano e risponderò in maniera strutturata. È una domanda importante».
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