- La competizione tra le due diplomazie, quella filo-occidentale di Draghi e quella filo-russa di Salvini si intensifica nelle ultime settimane.
- Il caso della diplomazia parallela di Salvini, infatti, è deflagrato solo un secondo prima di arrivare al punto di non ritorno, cioè al viaggio a Mosca che avrebbe costretto il governo Draghi a dirsi favorevole o contrario a un piano concordato tra putiniani russi e italiani.
- I biglietti erano già fatti, l’agenda concordata, raccontano fonti diplomatiche. Poi, di nuovo, una indiscrezione ai giornali e il caso esplode.
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(LaPresse)
Adesso la comunicazione di Matteo Salvini cerca di ridimensionare. Era tutto noto, il leader della Lega non ha mai nascosto il suo impegno personale per la pace. Ma davvero? Ovviamente no, lo scoop di Emiliano Fittipaldi su Domani sugli incontri segreti di Salvini con l’ambasciatore russo Sergey Razov aprono uno squarcio di visibilità in quella che pare essere una tensione strutturale nella risposta diplomatica dell’Italia alla crisi ucraina: da un lato si muove il governo di Mario Draghi, saldamente atlantico e allineato con l’Unione europea, dall’altro c’è un lavorio costante e opaco di Salvini che molti, nel governo e in parlamento, considerano rispondente più alle esigenze di Mosca che a quella di Roma, Bruxelles o Washington.
Domani, con Fittipaldi, ha rivelato la cena del primo marzo all’ambasciata russa: a una settimana esatta dall’invasione dell’Ucraina, mentre in parlamento spingeva la Lega a posizioni scettiche sull’invio di armi alla resistenza di Kiev, Salvini sedeva a tavola con l’ambasciatore Razov e il misterioso consigliere Antonio Capuano, ex deputato di Forza Italia le cui credenziali diplomatiche e la cui agenda personale sono un mistero per tutti, anche nella Lega.
Di nascosto
Basta vedere la comunicazione sui contatti con l’ambasciata russa per capire che Salvini si muoveva sapendo di fare cose inappropriate, da non dichiarare.
L’unica notizia pubblica dei suoi rapporti con Razov arriva, via agenzie stampa, il 3 marzo, quindi due giorni dopo, con formule piuttosto anodine. Questa l’Ansa, per esempio: «Ho chiesto all'ambasciatore russo di chiedere al suo governo il cessate il fuoco. Adesso andrò da quello cinese per chiedere il sostegno della Cina. Se lo facessimo tutti insieme, mentre qualcuno sento che la butta in politica». L'ha detto il segretario della Lega, Matteo Salvini.
Quando lo ha chiesto il cessate il fuoco? A nome di chi? Del governo Draghi?
Nessun riferimento alla cena, niente accenni a Capuano, zero accenni al governo (peraltro: chiedere il cessate il fuoco mentre si mandano armi agli ucraini equivale a dire che le armi non servono mentre, abbiamo visto, servivano eccome).
Quando era stato a trovare l’ambasciatore ucraino, Yaroslaw Melnyk, il giorno dell’invasione, aveva fornito molti più dettagli. Questa l’agenzia LaPresse: «Il leader della Lega Matteo Salvini si è recato pochi minuti fa all’Ambasciata dell’Ucraina a Roma per consegnare un mazzo di tulipani bianchi in segno di solidarietà per le vittime e amicizia con il popolo sotto attacco. Oggi Salvini ha parlato con l’ambasciatore dell’Ucraina in Italia, Yaroslav Melnyk, per rinnovare i sentimenti di fratellanza e offrire tutto l’aiuto e il supporto possibili. Salvini ha auspicato lo stop immediato della guerra e la ripresa del dialogo».
Idem in occasione di un altro appuntamento, quattro giorni dopo, e poi ancora il 3 marzo.
Quando vari paesi dell’Unione europea decidono di espellere diplomatici russi, considerati una minaccia per la sicurezza nazionale per le commistioni tra attività diplomatica e di spionaggio in tempo di guerra, Salvini schiera la Lega contro la decisione del governo che, in teoria, sostiene: «La Farnesina avrà fatto le sue valutazioni ma la storia insegna che la pace non si raggiunge espellendo i diplomatici», fa dire ai suoi portavoce.
Concorrenza al governo
La competizione tra le due diplomazie, quella filo-occidentale di Draghi e quella filo-russa di Salvini si intensifica nelle ultime settimane.
Dopo il viaggio a Washington da Joe Biden, l’11 maggio, di raccordo con gli Stati Uniti e altri paesi alleati l’Italia cerca di elaborare un’iniziativa diplomatica che riattivi i negoziati con la Russia di Putin.
Ci lavorano il segretario generale della Farnesina Ettore Sequi e il direttore degli Affari politici Pasquale Ferrara. Dal cessate il fuoco al nuovo assetto dell’Ucraina post-bellica alla sua appartenenza all’Ue. Quasi in tempo reale, il 19 maggio i dettagli del piano escono su Repubblica.
Una fuga di notizie che lascia perplessi e spiazzati i diplomatici della Farnesina ma che, con il senno del poi, almeno un effetto utile al governo ce l’ha: bruciare sul tempo Salvini che, apprendiamo ora, stava lavorando al suo piano di pace parallelo che doveva culminare in una visita a Mosca in questi giorni.
Come ha spiegato, sempre a Repubblica, Capuano, anche il piano di pace di Salvini aveva quattro punti: cessate il fuoco, un trio di garanti (che erano di più nel piano Draghi), visita del papa a Mosca e Kiev, sede neutrale per i negoziati.
Molte analogie, con alcune differenze significative per la Russia: il piano Salvini non prevedeva niente sulle aree contese e neppure sulla prospettiva di adesione dell’Ucraina alla Unione europea. Implicava, in pratica, aprire un negoziato senza alcuna concessione preliminare da parte di Putin. Il genere di trattativa che il Cremlino è sempre stato disposto ad avviare e gli occidentali mai a promuovere.
Alle spalle di palazzo Chigi
Ora, possibile che palazzo Chigi non sapesse nulla dell’attività di Salvini? Sembra incredibile, anche se fonti del governo hanno detto a Domani di non essere informate dell’incontro, seguito da molti altri, tra il leader della Lega e l’ambasciatore russo. Soprattutto perché le iniziative di Salvini si sono svolte con la sponda del Vaticano.
In queste settimane il Copasir, il comitato parlamentare che vigila sui servizi segreti, monitora ogni dettaglio delle interazioni con il mondo putiniano: considera perfino gli ospiti dei talk show parte di una strategia di manipolazione del dibattito interno in Italia.
Difficile da credere che il capo di un partito gemellato con Russia Unita di Putin abbia frequentato tutte le ambasciate rilevanti – dall’Ucraina alla Turchia – e perfino il segretario di stato vaticano Pietro Parolin senza essere monitorato da una intelligence in fibrillazione, visto il momento. Di sicuro, però, Salvini non ha chiesto a Draghi alcuna autorizzazione a muoversi in autonomia.
Ora il Copasir indagherà su Capuano per perimetrare l’attività di Salvini e, va ricordato, il Copasir è guidato da Adolfo Urso, senatore di lunga esperienza, considerato ormai il principale garante di Fratelli d’Italia e Giorgia Meloni nell’establishment italiano e atlantico.
Forse palazzo Chigi e Meloni hanno lasciato Salvini libero di muoversi perché, in prospettiva, la sua patente di putiniano inaffidabile è funzionale al riassetto di un centrodestra imperniato sulla Meloni, erede del posizionamento filo-americano che fu (spesso) di Forza Italia e Silvio Berlusconi, anche se Meloni si trova schierata con Washington in via indiretta, perché affine ai sovranisti europei dell’Est più anti-russi, come i polacchi del Pis di Jaroslaw Kaczinski.
Il caso della diplomazia parallela di Salvini, infatti, è deflagrato solo un secondo prima di arrivare al punto di non ritorno, cioè al viaggio a Mosca che avrebbe costretto il governo Draghi a dirsi favorevole o contrario a un piano concordato tra putiniani russi e italiani. I biglietti erano già fatti, l’agenda concordata, raccontano fonti diplomatiche. Poi, di nuovo, una indiscrezione ai giornali e il caso esplode.
Chi ci guadagna
Bilancio fin qui: Salvini bruciato, come mediatore e come possibile figura di riferimento del centrodestra alle prossime elezioni politiche in tempo di guerra, Draghi resta unico soggetto titolato a negoziare, Putin comunque può ritenersi soddisfatto.
Il presidente russo ha ottenuto quello che è l’unico obiettivo realistico per la diplomazia russa in questa fase: dimostrare che la politica occidentale si può spaccare, che non c’è un fronte compatto e che la Russia conta ancora su tanti amici. Anche dentro i governi che sostengono l’Ucraina.
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