Il parlamentare Ue e fedelissimo della segretaria, Sandro Ruotolo, aveva detto: niente tessera a Oliviero. Il presidente del consiglio regionale destinatario della “fatwa”: «Pronti a un giurì d’onore»
«Siamo disponibili a un confronto sui fatti con l’onorevole Sandro Ruotolo, davanti a una sorta di giurì d’onore, una commissione del partito, meglio se presieduta dalla segretaria Elly Schlein per mostrare la regolarità del nostro comportamento. La nostra colpa è quella di avere un seguito sui territori?». A parlare è Gennaro Oliviero, presidente del consiglio regionale campano, e uomo forte del Pd a Sessa Aurunca, nel casertano.
Interpellato da Domani, Oliviero risponde alla fatwa emessa nei suoi confronti da Sandro Ruotolo, eurodeputato del Pd e fedelissimo di Schlein, che lo ha voluto in segreteria. «Non è una sfida, ma un atto di chiarezza anche verso chi ogni anno rinnova la tessera del Pd», è la posizione.
Non c’è da sorprendersi che a Caserta mezzo Pd sia saltato dalla sedia quando Ruotolo, in una conversazione con Domani, è andato giù duro: «Bisogna dirsi chiaramente che il commissariamento del partito è stato causato da condotte che impongono delle scelte e la rimozione di quelle cause: al presidente del consiglio regionale, Oliviero, non bisogna rinnovare la tessera visto quanto accaduto nel suo feudo a Sessa Aurunca», ha detto Ruotolo, che a Oliviero vuole addirittura togliere il diritto di fare la tessera. Una presa di posizione che ha fatto infuriare i militanti storici.
La tela
Sono state quindi ore e giornate di febbrili contatti con il capogruppo dem in Regione Campania, Mario Casillo, a tessere la tela, tra il desiderio di strappo e la volontà di mediazione con Ruotolo e con il mondo che rappresenta. A voler alzare l’asticella, infatti, ci sarebbe il corpo a corpo di chi ha maggiore peso sui territori, nella capacità di macinare consensi.
Un fatto è certo: è in atto l’ennesimo scontro tra deluchiani e potere romano. Una battaglia senza fine, in realtà. Fiumi di inchiostro per raccontare clientele, appartenenze, granducati e dominio incontrastato di De Luca, ma poi è sempre lui – il governatore campano – a dare le carte. Il presidente ha chiosato con il solito tono: «Ma quale questione terzo mandato, nel Pd è in atto un’aggressione contro di me».
Lo scontro somiglia sempre più a un gioco delle parti con gli uomini della segretaria che prendono le distanze e De Luca che, invece, sbuffa e risponde. Ci vanno bene tutti, i primi che si indignano per gli ultimi scandali, predicando rinnovamento e il governatore che li sfida sul terreno dei voti e dei consensi.
Una indignazione fatta solo di parole, visto che diversi esponenti regionali citati pesantemente in indagini giudiziarie sono rimasti al loro posto. Sullo sfondo la vicenda del terzo mandato da presidente della regione, già è pronto il piano per forzare la legge. Ma il tempo del gioco di ruoli è finito, il Pd deve decidere presto chi sarà il nome che dovrà sfidare le destre alle prossime regionali.
L’ultimo duello a colpi di interviste e dichiarazioni si è consumato sulla scia della notizia dell’arresto per corruzione di un fedelissimo di De Luca, Franco Alfieri, numero uno della provincia di Salerno e sindaco di Capaccio Paestum. Il re delle fritture, il campione di clientele è stato travolto da una bufera giudiziaria dalla quale – assicura il diretto interessato – uscirà dimostrando estraneità alle accuse e la correttezza degli atti contestati.
L’arresto ha riproposto una scena già vista lo scorso anno, le prime linee del partito in campo per stigmatizzare comportamenti e scelte politiche e il presidente De Luca in trincea. I rancori hanno origine dalle elezioni politiche, con le liste allora fatte da Enrico Letta.
Adesso ci ha pensato Sandro Ruotolo, che ha rilasciato diverse interviste per dire addio all’esperienza nefasta del deluchismo. A seguire è intervenuto il senatore e commissario campano, Antonio Misiani, e il copione è cambiato. Mentre un anno fa il partito era nelle mani dei signori delle tessere ora ci sono i commissari, Misiani in testa, spediti in missione da Roma per raddrizzare le reni al partito locale e ai suoi capataz.
Almeno questa è la narrazione. In provincia di Caserta, ad esempio, sono stati tremila gli iscritti ai nuovi circoli dem, con un record a Sessa Aurunca, in provincia di Caserta dove l’uomo forte è appunto Gennaro Oliviero, che grazie alle preferenze conquistate è stato indicato alla presidenza del consiglio regionale. I suoi fedelissimi hanno preteso le scuse dal partito romano, ma invece delle scuse è arrivato l’attacco inaspettato e senza precedenti.
La verità del fedelissimo
Per giorni Oliviero è stato tentato dall’affronto pubblico, dalla sfida totale. Si è confrontato con la pattuglia politica, in cui spicca il Lello Topo, da Villaricca (Napoli), altro macinatore di preferenze in grado di conquistarsi un posto nell’Europarlamento. A Domani il presidente del consiglio regionale snocciola i fatti: «Il tesseramento a Sessa Aurunca, quello di militanti storici, è stato fatto seguendo le stringenti regole imposte dal commissariamento».
In che modo? «Ognuno si è presentato con documento di identità e la propria carta di credito necessaria versare il contributo per la tessera. È una colpa?».
Da qui la disponibilità a un faccia a faccia, una versione riveduta in chiave partitica del «giurì d’onore», attivato di recente in parlamento. L’area deluchiana ha rivendicato una copertura del territorio capillare. «Oltre a parlare questi hanno anche tessere e consenso sul territorio?», è la domanda più frequente. A Ruotolo saranno fischiate le orecchie più volte.
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