Alla fine dentro al Nazareno, la sede nazionale del Partito democratico, è rimasta solo lei. Dopo le dimissioni del segretario Nicola Zingaretti, tocca a Valentina Cuppi traghettare il partito verso l’assemblea del 13 marzo e poi chissà.

Trentasette anni, professoressa precaria di storia e filosofia, Cuppi è la sindaca di Marzabotto e, da quando è stata nominata a sorpresa presidente del Pd nel febbraio scorso, ha un solo aggettivo incollato addosso: “antifascista”. Merito dei suoi due mandati da prima cittadina nella cittadina che fu teatro di uno dei più drammatici eccidi della seconda guerra mondiale, ma anche del suo impegno per preservarne la memoria.

Le origini in Sel

In questo anno di presidenza, tuttavia, la sua biografia politica non si è arricchita: poche uscite pubbliche, rarissime interviste, nessuna comparsata in televisione.

Per sentirne la voce bisogna recuperare i video dei suoi interventi nelle passate assemblee, il suo viso invece lo si ricorda accanto a quello di Zingaretti, unica donna nella delegazione al Quirinale per le consultazioni. Di qui la definizione di “donna invisibile”, di cui nessuno nel partito sa nulla. La conoscono poco anche gli stessi membri della corrente del segretario, mentre è quasi una sconosciuta per tutti gli altri.

Il che non è strano: Cuppi ha preso la tessera del Pd a inizio 2020, dopo aver aderito alla campagna per le primarie di Zingaretti. Per questo la sua nomina a presidente del partito ha fatto storcere il naso soprattutto ai dirigenti emiliani: prima e da quando era poco più che ventenne Cuppi si è impegnata nella sinistra emiliana e nel 2010 ha preso la prima tessera di partito. Ma quella di Sinistra ecologia e libertà di Nichi Vendola, per cui si candida – non eletta – alla Camera nel 2013.

Ha fatto parte della segreteria regionale di Sel e, negli anni successivi, è stata anche considerata tra i promotori locali di Sinistra italiana, il partito di Nicola Fratoianni nato nel 2016 da una costola di Sel.

Poi, però, qualcosa si rompe e la sindaca Cuppi trova il suo punto di riferimento politico nella rete Tilt! (rete di associazioni contro la precarietà) fondata dall’ex Sel Marco Furfaro e di cui Cuppi diventa il punto di riferimento bolognese.

Da qui è maturato il passaggio nel Pd: dopo l’esperienza di Sel, infatti, l’area rappresentata da Tilt non trova collocazione politica nè in Articolo 1 nè in Sinistra italiana, ma si sposta verso i dem proprio durante la campagna delle primarie di Zingaretti.

L’assemblea

Lei ha dichiarato in un’intervista a Repubblica che il nomignolo di donna invisibile le è «scivolato addosso»: non comparirà di più, nè contrattaccherà.

E allora che farà Cuppi? Ora è lei ad avere in mano, almeno formalmente, le redini del partito in qualità di presidente dell’assemblea, che si riunirà il 13 marzo. Nel mentre, Cuppi ha preso due iniziative.

La prima non ha convinto tutti in casa Pd: nei giorni scorsi le Sardine di Mattia Santori – che lei conosce da tempo date le comuni origini emiliane – si sono accampate sotto la sede del Nazareno e Cuppi li ha accolti ed è stata a parlare con loro quattro ore. «Io credo in un Pd aperto», ha detto, spiegando di aver parlato anche con tanti altri militanti.

La seconda mossa, invece, è stata la costituzione di un gruppo di lavoro per l’organizzazione pratica, di cui fanno parte gli zingarettiani Cecilia D’Elia, Nicola Oddati, Walter Verini e Stefano Vaccari insieme al vicesegretario Andrea Orlando, le deputate di AreaDem (area Franceschini) Chiara Braga e Caterina Bini, ci sarà anche il suo ex collega di Sel oggi di area zingarettiana Marco Furfaro e le due vice-presidenti Anna Ascani e Debora Serracchiani. Parità di genere, nessun rappresentante per gli ex renziani di Base riformista.

Tuttavia, l’attenzione è puntata su di lei. Quello di presidente sarebbe un ruolo di garanzia, ma acquista peso politico a seconda di chi lo ricopre.

Un esempio su tutti è quello di Matteo Orfini, che lo ha esercitato in modo attivo intervenendo nel dibattito politico. Dopo le dimissioni di Matteo Renzi nel 2017 è stato nominato segretario ad interim e ha traghettato il partito verso il secondo mandato della segreteria renziana.

Il 13 marzo sarà Cuppi ad aprire l’assemblea con una relazione, poi toccherà a Zingaretti confermare o ritirare le dimissioni. Nel caso di conferma, le regole del partito prevedono la convocazione di una nuova assemblea entro 30 giorni. In quella sede i delegati decideranno se eleggere un nuovo segretario oppure aprire la fase congressuale, nominando un reggente che potrebbe anche essere la stessa presidente, come è stato per Orfini.

Il ritiro delle dimissioni di Zingaretti sembra da scartare, dunque rimangono le altre due ipotesi. In ogni caso, il clima è quello della resa dei conti: il blocco degli amministratori locali guidati da Stefano Bonaccini da una parte; l’asse romanocentrica che lega la corrente dell’ex segretario con quella di Franceschini e di Orlando dall’altra.

Intanto, è cominciato il mulinello di nomi per la “reggenza”: Roberta Pinotti (che però potrebbe essere nome spendibile per la corsa alla segreteria vera e propria) ma anche Debora Serracchiani.

L’attesa è per la relazione di Cuppi: da quella si misurerà la sua ambizione. Se di rimanere una politica locale finita quasi per caso al Nazareno oppure di provare il grande salto, tentando di conquistarsi uno spazio in questo movimento di confusione.

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