«La vita è bella, ma solo se siamo liberi. Io lo sono stata fino alla fine», ha lasciato scritto Gloria all’associazione Luca Coscioni. Paziente oncologica veneta di 78 anni, la donna è morta il 23 luglio dopo aver avuto accesso al suicidio assistito. Il suo è il secondo caso in Italia (il primo risale al 2022, nelle Marche), ma Gloria è stata la prima ad aver ottenuto la consegna del farmaco e di quanto necessario da parte dell'azienda sanitaria della sua regione.

Il Veneto di Luca Zaia, infatti, è stata la prima regione che ha dato applicazione a quanto previsto dalla sentenza Cappato della Corte costituzionale, fornendo a spese della Asl il farmaco letale e la strumentazione per assumerlo a chi risulta vivere una condizione sanitaria idonea alla procedura del suicidio medicalmente assistito.

«Anche se “Gloria” ha dovuto attendere alcuni mesi, ha scelto di procedere in Italia per avere accanto la sua amata famiglia e sentirsi libera nel suo paese», hanno dichiarato Filomena Gallo e Marco Cappato, Segretaria Nazionale e Tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, che hanno ringraziato per «la correttezza e l’umanità il sistema sanitario veneto e le istituzioni regionali presiedute da Luca Zaia». L’esito positivo della procedura, che in passato è stata oggetto di lunghi scontri politici e dolorosi iter giudiziari per le famiglie dei pazienti, solleva un dato politico: il Veneto del leghista Zaia, silenziosamente, ha impresso una svolta rilevante al dibattito sul suicidio assistito. «Dimostra che su questo tema non valgono i recinti dei partiti e delle coalizioni, ma conta la sensibilità nei confronti delle persone che soffrono e delle loro scelte», ha dichiarato Cappato.

Solo due giorni dopo è arrivato l’intervento del diretto interessato, che ha mantenuto il silenzio sulla vicenda nei giorni immediatamente successivi, anche a fronte dei ringraziamenti dell’associazione Coscioni: «C'è una legge, c'è una sentenza della Corte costituzionale del 2019. E noi in Veneto ci siamo limitati a rispettarla», svolgendo gli iter psicologici e medici e ottenendo i pareri positivi delle commissioni interessate. I medici infatti hanno accertato che la decisione di procedere al suicidio assistito sia stata autonoma e consapevole, l’esistenza di una patologia irreversibile con sofferenze intollerabili e che i trattamenti con farmaci antitumorali mirati costituissero sostegno vitale. Sei mesi tra l’avvio e la conclusione della procedura di verifica, che ha permesso a Gloria di non dover sostenere in proprio le spese per la procedura, come invece era accaduto per il paziente nelle Marche. In quel caso, infatti, era servita una raccolta fondi di 5 mila euro per l’acquisto del farmaco e l’uso della strumentazione.

Il caso del Veneto

«Non si tratta di essere a favore del suicidio assistito o contro», sono state le parole di Zaia a radio Cortina, ma «è doveroso rispettare le idee di tutti» e «io penso che non decidere per non immischiarsi in questi fatti, non essere coinvolti, vuol dire stare nel posto sbagliato». 

Lo stesso governatore, infatti, ha aggiunto che «è scandaloso che chi ha la legge in mano, peggio ancora con le domande dei pazienti, non proceda a dare risposte». Una posizione, quella di Zaia, che formalmente non aggiunge nulla a quanto stabilito dalla Corte costituzionale, ma che nella Lega di Matteo Salvini è dirompente. Il segretario del partito, infatti, all’indomani della sentenza aveva detto che «la vita è sacra» e di essere «contrario al suicidio di Stato imposto per legge» e ha portato la Lega a bocciare in parlamento le proposte di legge in materia per colmare il vuoto normativo sul tema.

Eppure, qualcosa nella Lega si sta muovendo proprio a partire dal Veneto, con un ritorno silenzioso a posizioni più laiche – come era il partito delle origini con Umberto Bossi – rispetto a quelle portate avanti dal segretario.

Sul fronte politico, infatti, la maggioranza del consiglio regionale – composta da eletti nella lista personale di Zaia ma anche della Lega – ha votato a favore di una mozione sul fine vita. Su quello della cittadinanza, invece, il Veneto è la prima regione dove l’associazione Coscioni ha raggiunto le 7mila firme necessarie per presentare una proposta di legge regionale sul suicidio assistito con il testo “Liberi subito”. Anche sul altri temi che hanno a che vedere con la libertà di scelta, la regione di Zaia è capofila: il governatore, infatti, ha dato il via libera al Centro regionale per i disturbi dell’identità di genere definendolo «un fatto di civiltà, oltre che di legge». Negli anni scorsi, invece, aveva detto che «L'omofobia è una patologia punto e basta. Sono malati coloro che sono omofobi».

Prese di posizione mai urlate ma forti, che Zaia può permettersi anche in rottura con la linea del segretario perchè è forte del suo 75 per cento di consensi in Veneto. Un dato rilevante anche in vista delle prossime elezioni europee, dove il governatore è considerato il candidato in pectore.

 

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