«Oggi i romani si affacciano e vedono la merda». Nel 2019 la frase pronunciata dall’allora sindaca di Roma Virginia Raggi - registrata di nascosto dall’allora amministratore delegato della municipalizzata Ama, Lorenzo Bagnacani - destò scalpore. Faceva luce, d’altronde, su una prima cittadina inedita, la stessa che, secondo un esposto che Bagnacani presentò ai pm di piazzale Clodio, avrebbe «esercitato pressioni indebite» sul numero uno della municipalizzata dei rifiuti urbani e sull’intero suo cda al fine di «determinare la chiusura del bilancio dell’Ama in passivo, mediante lo storno dei crediti per i servizi cimiteriali».

Quell’esposto presentato in procura da Bagnacani, tra l’altro licenziato in tronco dall’amministrazione pentastellata nel febbraio del 2019, portò la sindaca grillina davanti ai pm come persona informata sui fatti. Davanti ai pm si difese, spiegando che lo stesso Bagnacani l’avrebbe minacciata.

Oggi, martedì 14 maggio, il giudice per l’udienza preliminare (gup) ha deciso però di mandarla a processo: è stata infatti rinviata a giudizio con l’accusa di calunnia (quella di false informazioni risulta archiviata).  «Provo sconcerto e rabbia per una vicenda paradossale nella quale sono stata io, prima, a denunciare e a segnalare in procura la situazione economica altamente critica dell'azienda e, poi, ad affidarla a un nuovo Cda, che ne ha risanato i conti», è stata la prima reazione di Raggi, che ha aggiunto all’Ansa: «Il bilancio successivamente approvato, dopo aver sostituito i vertici della società, risultò ben diverso: è emerso, infatti, un buco di 250 milioni di Euro, prodottisi addirittura dal 2003, dovuti a una gestione pregressa a dir poco disattenta dell'azienda...Ci tengo infine a sottolineare che, in relazione ai fatti che mi vengono oggi addebitati, il Pm ha chiesto, prima, l'archiviazione e, poi, una sentenza di non luogo a procedere in mio favore».

Rinviati a giudizio anche l'allora direttore generale del Campidoglio Franco Giampaoletti, l'ex assessore al bilancio e alle partecipate Gianni Lemmetti, Luigi Botteghi della Ragioneria Generale e Giuseppe Labarile, direttore delle Partecipate. Per loro, il “cerchio magico” dell’ex sindaca, il reato contestato è quello di tentata concussione in concorso.

La vicenda

Sei anni fa è stata proprio la vicenda Ama a segnare l’amministrazione Raggi, con la sindaca che, come ricordato, avrebbe spinto il manager a togliere dall’attivo dell’azienda (il bilancio era in utile per oltre mezzo milione di euro, un dato di poco inferiore rispetto a quello dell’anno precedente) «crediti che invece erano certi, liquidi ed esigibili», con l’unico obiettivo di portare i conti di Ama in rosso.

La sporcizia della città era manifesta e visibile, ma con la società in passivo quei rifiuti - dal pieno centro fino ai quartieri più periferici - si sarebbero potuti in qualche modo giustificare, così come pure si sarebbe potuto giustificare un aumento della Tari.

Poi però il deposito dell’esposto da parte di Bagnacani, con allegate le registrazioni contenenti colloqui tra lui, la stessa Raggi e altri dirigenti comunali, oltre a centinaia di conversazioni a due fatte con la sindaca su Telegram e WhatsApp.

«Lorenzo, devi modificare il bilancio come chiede il socio... se il socio ti chiede di fare una modifica la devi fare!», il monito della grillina che Bagnacani non seguì e davanti alla cui evidenza l’ex prima cittadina non si arrese. In pratica Raggi, nonostante gli audio, davanti ai magistrati accusò Bagnacani e l'allora assessora Pinuccia Montanari di averla minacciata.

«Ricordo che io e Lemmetti ribadivamo che se non venivano fornite documentazioni sui crediti non si poteva approvare il bilancio. Bagnacani e Montanari in qualche modo mi "forzavano", "mi minacciavano" dicendo che se non avessi approvato il bilancio come volevano loro riconoscendo i crediti io sarei stata responsabile del fallimento dell'azienda», si legge nell'ordinanza del gup che chiese l'imputazione coatta, dopo aver respinto ben due richieste di archiviazione avanzate dal pm, la prima nel 2019, la seconda nel 2021.

Più in particolare per la procura gli elementi furono giudicati insufficienti per andare a processo, ma il gip sottolineò la necessità di ulteriori approfondimenti.

Dopo la deposizione, l’ex amministratore della municipalizzata Bagnacani denunciò la pentastellata. Secondo lui nulla di quanto affermato da Raggi, che andrà pertanto a processo, corrispondeva al vero. All’epoca, insomma, un botta e risposta a suon di esposti e querele, fogli che dunque non sono stati sepolti, a differenza della città d’un tempo, dall’immondizia.

«Dopo cinque anni di complesse e sofferte vicende giudiziarie la Giustizia fa un grande passo avanti accertando che debba svolgersi un processo a carico di Virginia Raggi, dell’ex assessore al bilancio di Roma Capitale Lemmetti, dell’ex direttore generale Giampaoletti, dell’ex ragioniere generale Botteghi e del dirigente La Barile imputati a vario titolo di calunnia e tentata concussione ai danni dell’ex AD di Ama Lorenzo Bagnacani, della ex dirigente di Roma Capitale Rosalba Matassa e dell ex Assessore Pinuccia Montanari. Confidiamo che il processo rivelerà le responsabilità, che emergono anche dalle intercettazioni telefoniche, di un periodo che dovrà essere oggetto di riflessione e di approfondimento dal punto di vista storico e politico e le cui conseguenze per Roma purtroppo ancora sono visibili da tutti», ha dichiarato la legale di Bagnacani, Elisabetta Gentile.

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