Federica Bottiglione è la manager che per prima, da sola ed esponendosi di persona, ha aperto la strada alle indagini sul sistema Visibilia, la società a lungo controllata e gestita dalla ministra del Turismo Daniela Santanchè.

A quasi tre anni di distanza dalla sua denuncia, Bottiglione, licenziata da Visibilia, è ancora senza lavoro. L’indagata Santanchè, invece, è diventata ministra e sembra intenzionata a restare al suo posto anche se i giudici dovessero mandarla a processo. Oggi a Milano è in programma l’udienza preliminare per il falso in bilancio di Visibilia, mentre la settimana prossima, mercoledì 9 ottobre, Santanchè dovrà cercare di evitare il rinvio a giudizio per una presunta truffa aggravata ai danni dell’Inps, un’indagine nata proprio in seguito alla denuncia di Bottiglione. Inizia, dunque, un periodo complicato da gestire per la ministra e di conseguenza per la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni.

Cosa accadrà nel caso i giudici decidano di mandare a processo la ministra del Turismo? Due sole sono le opzioni in campo: Fratelli d’Italia manterrà la promessa e chiederà a Santanchè di dimettersi; oppure il partito e Meloni alzeranno gli scudi e sposteranno nel tempo quella decisione in caso di una eventuale condanna a fine processo. Di certo l’affare Sangiuliano-Boccia, con il ministro costretto alle dimissioni ha complicato la prima ipotesi: perdere un secondo membro del governo in poche settimane, sempre di Fratelli d’Italia peraltro, sarebbe devastante per l’immagine e la narrazione legalitaria imposta dalla premier.

I guai per Santanchè iniziano un po’ di tempo fa. Tutto comincia negli anni della pandemia. In sostanza, nei mesi del Covid, tra il 2020 e l’inizio del 2022, Visibilia avrebbe incassato i soldi pubblici della cassa integrazione per 19 dipendenti che invece hanno continuato a lavorare regolarmente. Tra loro c’era, appunto, anche Bottiglione, che per più di un anno, fino all’autunno del 2021, ha contemporaneamente lavorato anche in Senato, negli uffici dell’allora vicepresidente Ignazio la Russa.

In questa intervista la manager, già responsabile degli affari societari dell’azienda presieduta da Santanchè fino a gennaio 2022, racconta qual è stato il prezzo che ha dovuto pagare per difendere i propri diritti.

Lei è stata protagonista, suo malgrado, e testimone di ciò che avveniva nelle azienda della ministra Santanchè. Denunciare il sistema Visibilia che conseguenze ha avuto sulla sua vita?

Dal mio punto di vista il licenziamento è assolutamente collegato alle mie azioni e alle mie denunce. Io sono stata l’unica in società a prendere questa iniziativa, mentre anche i miei colleghi erano nelle mie stesse condizioni. Loro non l’hanno fatto e sono rimasti in azienda, io no.

Di che cosa si occupava esattamente in Visibilia?

Ero responsabile degli affari societari, cioè seguivo tutti gli aspetti legati alla quotazione in Borsa per quanto attiene alle procedure interne alla società, per esempio la predisposizione dei documenti necessari a una riunione del consiglio di amministrazione.

Santanchè di cosa si occupava? Era presente anche nelle gestione quotidiana della società?

La dottoressa Santanchè è veramente una stacanovista, una persona che lavora molto: teneva le fila di tutto, sia per quanto riguarda la sua attività politica sia per quanto riguarda la sua attività con la società di pubblicità e per quanto riguarda la società quotata in cui io lavoravo. Era presente, magari non nel day by day, ma conosceva la materia ed era sempre sul pezzo.

La ministra, chiamata a fornire spiegazioni al Senato, ha tentato di convincere i parlamentari che ha sempre mantenuto distinte le sue due vite. La distinzione che fa Santanchè tra il suo ruolo di imprenditrice e quello di politica, secondo lei è corretto?

Quando ci si trova in una posizione apicale nelle istituzioni bisogna comportarsi in modo ancora più retto anche come imprenditori, e questo per un fatto di responsabilità del proprio ruolo politico. In questa vicenda io rilevo che non è stato così.

In Senato, Santanchè ha riferito delle circostanze sul suo conto. Ha persino tentato di smentire la sua testimonianza. Una versione che corrispondeva al vero?

Nel suo discorso in Senato (luglio del 2023, ndr), Santanchè ha fatto un’allusione a una lavoratrice di Visibilia editore, asserendo che le cose che aveva detto questa lavoratrice non erano corrispondenti a verità. Posso presumere che parlasse di me perché sono l’unica, a quanto ne so, che si è lamentata di questa situazione, facendo anche delle denunce formali. Quindi posso dire che quelle affermazioni saranno riferite a me e che non erano corrette, perché quello che io ho detto poi si è dimostrato essere vero. Dobbiamo quindi dedurre che la ministra non ha detto cose che corrispondono alla realtà dei fatti, se si riferiva a me.

Lei ha lavorato anche in Senato per Santanchè, all’epoca senatrice?

Ho iniziato a lavorare in Senato nel 2018 per la senatrice Santanchè. In realtà, dopo un anno circa mi disse: «Come vedi, c’è poco da fare qui per te».

E cosa è successo dopo?

Mi disse: «Allora pensavo di proporti di lavorare nella vicepresidenza del Senato con il senatore La Russa, ci ho già parlato, a lui serve una persona», e così mi ha passata alla segreteria del vicepresidente La Russa.

Quando ha presentato le prime denunce?

Le ho presentate a gennaio del 2022. Prima c’era stato uno scambio di telefonate (con i vertici di Visibilia, ndr) per cercare di risolvere la questione.

Che reazione hanno avuto i vertici della società?

Avendo trovato una porta chiusa, prima di tutto c’è stata una lettera da parte dei miei avvocati, poi ho presentato un esposto a Consob, e poi ho scritto in procura spiegando che cosa contestavo a Visibilia.

Che cosa imputava a Visibilia?

Ho contestato a Visibilia di aver lavorato nonostante io fossi formalmente in cassa integrazione a zero ore, per un lavoro che tra l’altro superava il mio part-time. Cioè io non solo lavoravo full time inquadrata part-time, ma lavoravo in cassa integrazione a zero ore, quindi, diciamo, un doppio illecito, se vogliamo, o, come pensa la procura, una truffa ai danni dell’Inps.

Era l’unica dipendente in quelle condizioni?

Tra l’altro io credevo di essere l’unica ad aver subito questo trattamento, invece ho scoperto che tutti i dipendenti di tutte le società nel tempo in vari modi sono stati messi in cassa integrazione a zero ore.

Come si è accorta di questa situazione?

Visto che non riuscivo a capire qual era la mia situazione, mi sono rivolta a un Caf, qui ho ricevuto le spiegazioni che cercavo. Ma, quando ho fatto le mie rimostranze in azienda, a quel punto è successo il putiferio.

Il putiferio?

Sono quasi stata accusata di tradimento.

Qual è l’aspetto che le fa più rabbia?

Il fatto che i miei datori di lavoro abbiano tradito la mia buona fede e la mia fiducia. Poi c’è un aspetto anche di tipo, diciamo, istituzionale.

Istituzionale? Che cosa intende?

Eh sì, nel senso che mai mi sarei aspettata che una figura che ricopre un ruolo istituzionale importante, senatrice, ministro, potesse avere un comportamento così leggero, mancando un po’ a tutti quegli aspetti che sono appunto di disciplina e onore.

Qual è il prezzo pagato per le sue denunce, il prezzo dell’onestà?

Rimanere senza lavoro. Alla mia età, sia per il fatto che sono donna e sia per il fatto che mi sono esposta pubblicamente, corro il rischio di rimanere tutta la vita senza un’occupazione.

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