Le dimissioni del primo ministro del Canada, Justin Trudeau, dalla guida del partito liberale aprono la strada alla vittoria dei conservatori alle prossime elezioni, in primavera. I sondaggi sono impietosi per la sinistra, data attorno al 18 per cento, contro il 47 per cento della destra. Anche il Canada si allinea al generale riposizionamento a destra che investe tutto l’occidente.

La leadership di Trudeau si è consumata per accumulo di impopolarità su diversi fronti e per conflitti interni sfociati in una raffica di dimissioni che hanno reso insostenibile il governo. Quando la Camera dei Comuni si riunirà a marzo ci sarà un voto di sfiducia che porterà alle elezioni nazionali.

A prendere la controversa eredità dell’icona progressista sarà Pierre Poilievre, leader conservatore in grande ascesa che ha passato gli ultimi anni a preparare questo momento. 45 anni, oratore impeccabile e tagliente, ha conquistato nel settembre del 2022 la leadership del partito conservatore facendo il pieno di consensi al primo turno (una rarità), e si è dedicato da allora a diventare l’immagine rovesciata di Trudeau.

Gli scontri fra i due sono diventati meme virali. Rimane nella storia uno scambio velenoso in cui il primo ministro accusa l’avversario di essere suscettibile come uno scolaretto, e l’altro risponde puntando il dito sulla vanità del leader: «Strano che queste critiche arrivino da uno che, se fosse fatto di cioccolato, si mangerebbe da solo».

«Niente è cambiato»

Poilievre si è rallegrato per la fine di questo «capitolo oscuro» nella storia della politica canadese, ma la gioia è finita lì: «Niente è cambiato. Ogni deputato liberale e candidato per la leadership ha sostenuto TUTTO quello che Trudeau ha fatto per nove anni, e adesso vogliono ingannare gli elettori mettendo una nuova faccia per continuare a dissanguare i canadesi per altri quattro anni, come ha fatto Justin».

Mentre Trudeau si dedicava alla costruzione dell’impeccabile immagine progressista e woke che anche all’elettorato di sinistra è venuta a noia, Polievre si è dedicato alla campagna per costruire case e dare respiro a un mercato immobiliare inaffrontabile per la classe media, e ha picchiato duro su spesa pubblica e taglio delle tasse. Il video in cui spiega a un gruppo di operai canadesi che l’inflazione è creata dalle irresponsabili politiche espansive di Trudeau ha ricevuto anche l’entusiastico sostegno di Elon Musk.

«La gente non ne può più degli eccessi», ha detto Poilievre, dopo che l’avversario è caduto proprio per i dissidi interni al partito sulla politica di bilancio «L’orrendo, utopico wokeismo serve soltanto agli egoismi personalisti di chi comanda, non alle persone comuni», ha spiegato, ricalcando argomenti ricorrenti fra i leader in crescita della destra globale.

Il primo ministro in disgrazia lo ha spesso accostato a Donald Trump, nel tentativo di screditarlo, dicendo che vuole “make Canada Great Again”. Il conservatore, del resto, non fa molto per nascondere le evidenti affinità con il presidente eletto della superpotenza vicina, ma quando per l’ennesima volta quello ha riproposto la battuta sul Canada che dovrebbe diventare il 51esimo stato dell’Unione, Poilievre ha risposto per le rime: «Ho la forza e l’intelligenza per difendere il mio paese, e il mio messaggio per il presidente Trump è che il Canada non sarà mai il 51esimo stato degli Stati Uniti». 

Lo sponsor che ha contribuito a consolidare la sua immagine come leader populista contemporaneo è Jordan Peterson, lo psicologo, guru anticonformista e superstar globale dell’universo reazionario. Recentemente ha invitato Poilievre al suo podcast, dove ha articolato il suo programma di governo, fatto di tagli radicali di spesa pubblica e tasse, taglio dell’imposta sui fossili, deregolamentazione muskiana per le imprese, chiusura delle frontiere e «rapida introduzione della più grande stretta sul crimine mai vista nella storia canadese».

Il leader è un ibrido fra Meloni, Milei e Marine Le Pen, ma con tranquillità e garbo canadesi. Nei suoi piani non c’è una virata al centro per piacere ai moderati. Quella, sostiene, è la ricetta per diventare politicamente irrilevanti nel lungo periodo. È soltanto uno dei punti in comune con la presidente del Consiglio italiano, che, a meno di improbabili rivolgimenti, si troverà fra qualche mese un ottimo alleato fra i paesi del G7.

Le origini

Poilievre è un animale politico cresciuto nella scuola dei Tory canadesi già da giovanissimo. Figlio adottivo di due insegnanti “fransaskois”, come vengono chiamati i francofoni della provincia del Saskatchewan, l’evento politicamente decisivo della sua giovinezza è una tendinite che lo ha tenuto lontano per un po’ dal ring di lotta libera, quando aveva quattordici anni.

Nel tempo lasciato libero dagli allenamenti ha iniziato a frequentare il circolo degli studenti conservatori e a leggere Milton Friedman, padre del liberismo contemporaneo, che diventa immediatamente il suo idolo. L’influenza libertaria è chiara nelle sue posizioni politiche. Sostiene strenuamente le criptovalute, agita lo spettro della continua immissione di moneta, detesta la banca centrale del Canada, che chiama «il bancomat di Trudeau», predica ferrea disciplina fiscale e liberalizzazione delle armi da fuoco nel nome della libertà individuale. 

È cattolico di formazione, ma non ha posizioni oltranziste su temi etici e sociali. Sostiene il diritto all’aborto e il matrimonio fra persone dello stesso sesso. Sul suicidio assistito si è limitato a sponsorizzare un progetto di legge (bocciato) per tutelare la libertà di coscienza degli operatori sanitari che non vogliono partecipare alla pratica. Nel panorama dell’odierno populismo di destra, ha tutte le caratteristiche per avere successo. 

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