L’Associazione nazionale magistrati stigmatizza la «aperta violazione del principio di separazione dei poteri», le «dichiarazioni gravi da parte di esponenti di governo» e le «indebite forme di pressione sui magistrati giudicanti».

Da quando la procura di Palermo ha chiesto sei anni di carcere per Matteo Salvini nell’ambito del processo Open Arms, non solo il vicepremier, il suo partito, i suoi alleati, gli altri ministri, ma per prima la presidente del Consiglio, dai suoi canali ufficiali, ha lanciato l’attacco contro la magistratura.

La strategia del leader leghista è chiara: vuole utilizzare le proprie vicissitudini giudiziarie per presentarsi come un “perseguitato” difensore dei confini nazionali, un Berlusconi e Trump in versione anti migranti, e usare così la presunta «persecuzione giudiziaria» – come la definisce l’alleata Marine Le Pen – per serrare i ranghi, visti i malumori nel suo stesso partito e il ruolo ormai minoritario nell’estrema destra europea. Il punto è che tutto il governo Meloni – e pure la seconda più alta carica dello stato, il presidente del Senato Ignazio La Russa – gli va appresso compatto, attacca la magistratura e trascina il paese in un conflitto istituzionale.

Salvini questa domenica ha rincarato la dose: «Sono certo che a Palermo i giudici saranno più equilibrati della collega Apostolico». La versione salviniana – il video su sfondo nero pubblicato sui social – è stata trasmessa integralmente sulla tv pubblica, scatenando la reazione del comitato di redazione di RaiNews; per tutta risposta, i parlamentari della Lega in commissione di Vigilanza hanno attaccato il sindacato. Non importa se magistrati o giornalisti, la maggioranza di governo bastona tutti al grido di: «sinistra».

Salvini serra i ranghi

Salvini si presenta come un «perseguitato per difendere i confini» per risollevare le sue sorti politiche prima che giudiziarie. In Liguria può arrivare una batosta, e a giugno solo le preferenze per Vannacci hanno consentito al leader di barcamenarsi nell’insuccesso.

I gazebo, il palco di Pontida il 6 ottobre, l’arringa difensiva il 18, sono un’occasione per mobilitare consenso e far scivolare sotto coperta l’ennesimo rinvio del congresso federale: Salvini continua a farlo slittare (l’ultimo è stato sette anni fa, mentre quello in Lombardia, dove si annida il dissenso interno, ancor più tempo fa).

È paradossale ma il leader populista, che giustifica il proprio operato nella vicenda Open Arms in nome della volontà popolare, da anni non fa i conti con la sua base in una competizione aperta, nonostante lo statuto della Lega lo imponga. Così in queste ore fa filtrare la vaga promessa di un cambio al vertice nel 2027, con «un giovane».

Nel frattempo deve sperare in Vannacci, ma neppure questo basta: d’estate, quando i francesi del Rassemblement National hanno guidato la cacciata del generale dalla vicepresidenza dei Patrioti per l’Europa, è apparso chiaro che nell’estrema destra europea gli equilibri sono cambiati. La Lega è ancora alleata di Le Pen, ma da socio di minoranza.

In questo contesto il caso Open Arms è la tempesta perfetta. Viktor Orbán, che per aver violato le norme sul diritto di asilo ha beccato una maxi multa della Corte Ue, è invitato a Pontida, e già domani parlerà alla stampa dall’Europarlamento. Lo xenofobo Geert Wilders, da poco forza di governo in Olanda, dà supporto «al 100 per cento».

Il Rassemblement National, se si tratta di esibire la patente di partito anti migranti, corre a dare solidarietà; e infatti gli alleati francesi l’hanno offerta sùbito a Salvini. «Per aver voluto metter fine al traffico di migranti e protetto le frontiere italiane, Salvini subisce una vera persecuzione giudiziaria volta a metterlo a tacere»: pure i sovranisti francesi attaccano i magistrati italiani.

E ci si mette anche Elon Musk: «Quel procuratore pazzo sì che dovrebbe andare in prigione».

Governo allo scontro

Già sabato Meloni ha attaccato la magistratura dal suo account di presidente del Consiglio. «È incredibile che un ministro rischi 6 anni di carcere per aver svolto il suo lavoro difendendo i confini come richiesto dal mandato. Trasformare in un crimine il dovere di proteggere i confini italiani dall’immigrazione illegale è un precedente gravissimo». Poco conta per Meloni che i pm abbiano chiarito che il processo non ha a che fare con l’immigrazione illegale.

Gli alleati di governo si ricompattano – Antonio Tajani compreso – e i ministri si espongono: dal canale comunicativo del Viminale, il ministro Matteo Piantedosi non solo dà «piena solidarietà a Salvini», ma definisce il rischio di condanna «una stortura e un’ingiustizia per il paese». Anche il presidente del Senato interviene: «La premier attacca i pubblici ministeri» (ai quali La Russa attribuisce «una interpretazione estensiva delle norme») «non i giudici».

Netta la reazione dell’Anm: «Sono state rivolte nei confronti di rappresentanti dello Stato nella pubblica accusa insinuazioni di uso politico della giustizia e reazioni scomposte, anche da parte di esponenti politici e di governo. Sono dichiarazioni gravi, non consone alle funzioni esercitate, in aperta violazione del principio di separazione dei poteri, indifferenti alle regole che disciplinano il processo, che minano la fiducia nelle istituzioni democratiche e che costituiscono indebite forme di pressione sui magistrati giudicanti».

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